il presidente
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sabato 7 gennaio 2017
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non capisco le critiche
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Non capisco il motivo per cui questo film sia stato disintegrato ancor prima che uscisse nel sale. Dopo una prima fase di "rodaggio", il film risulta lineare, emozionante e non banale. Certamente non può essere definito un capolavoro ma nemmeno una delusione. Un cast eccellente e un Will Smith che viene rispolverato nella versione dove, probabilmente, rende meglio come in "Sette Anime" o ne "La Ricerca della felicità" (con buona pace di Smith stesso, che visto che ha dichiarato di star male dopo essere stato protagonista di film drammatici).
Il film, con la giusta interpretazione, è davvero una riflessione alla vita sui drammi familiari che, purtroppo, il destino può riservare.
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filippotognoli
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giovedì 5 gennaio 2017
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amore-tempo-morte
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Insieme a "Alla ricerca della felicita" e "Sette Anime", Will Smith con "Collateral beauty" chiude una ideale trilogia sulla vita e sulla morte.Il film tocca tematiche altissime in modo credibile e coinvolgente. Dal padre che perde una figlia e di conseguenza la voglia di vivere, al padre che invece deve riconquistare sua figlia, al desiderio di diventare mamma di una donna single, alla paura di confessare una malattia terminale ai propri cari. Oltre che all'ottima sceneggiatura, la pellicola di Frankel deve la sua riuscita anche e soprattutto ad un cast di attori superbi in evidente stato di grazia. Will Smith, Edward Norton, Kate Winslet, Michael Pena, Helen Mirren, Keira Knightley, fanno a gara a chi e' piu' bravo, uscendone tutti vincitori.
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Insieme a "Alla ricerca della felicita" e "Sette Anime", Will Smith con "Collateral beauty" chiude una ideale trilogia sulla vita e sulla morte.Il film tocca tematiche altissime in modo credibile e coinvolgente. Dal padre che perde una figlia e di conseguenza la voglia di vivere, al padre che invece deve riconquistare sua figlia, al desiderio di diventare mamma di una donna single, alla paura di confessare una malattia terminale ai propri cari. Oltre che all'ottima sceneggiatura, la pellicola di Frankel deve la sua riuscita anche e soprattutto ad un cast di attori superbi in evidente stato di grazia. Will Smith, Edward Norton, Kate Winslet, Michael Pena, Helen Mirren, Keira Knightley, fanno a gara a chi e' piu' bravo, uscendone tutti vincitori. Praticamente impossibile non emozionarsi e commuoversi. Da vedere con gli occhi e col cuore.
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[+] da vedere con glo occhi e col cuore
(di arnaco)
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valewes
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giovedì 5 gennaio 2017
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will smith ma non solo
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Trama lineare, ma non banale, con piccoli, ma fondamentali e continui, turning point che ne scandiscono bene il ritmo. Collateral Beauty nel complesso risulta essere un gran bel film, che sin dalle battute iniziali presenta le figure di Norton e della Winslet come accessorie ma necessarie (emblematica la prima scena il cui il buon Edward si abbassa al livello di mero “presentatore” del suo capo, Will Smith, il quale DEVE essere, almeno per l’accezione strappalacrime di questo film, il protagonista assoluto). Il cast, bisogna dirlo, stellare, esalta, sebbene a prima vista non sembri, Norton e Kate Winslet, e, se mai ce ne fosse bisogno, li consacra nell’ampio olimpo dei grandi attori che, quando serve, sanno adattarsi a ruoli apparentemente minori allo scopo di esaltare un Will Smith, eccellente sì, ma che senza di loro non sarebbe così ben delineato e non si apprezzerebbe più di tanto.
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Trama lineare, ma non banale, con piccoli, ma fondamentali e continui, turning point che ne scandiscono bene il ritmo. Collateral Beauty nel complesso risulta essere un gran bel film, che sin dalle battute iniziali presenta le figure di Norton e della Winslet come accessorie ma necessarie (emblematica la prima scena il cui il buon Edward si abbassa al livello di mero “presentatore” del suo capo, Will Smith, il quale DEVE essere, almeno per l’accezione strappalacrime di questo film, il protagonista assoluto). Il cast, bisogna dirlo, stellare, esalta, sebbene a prima vista non sembri, Norton e Kate Winslet, e, se mai ce ne fosse bisogno, li consacra nell’ampio olimpo dei grandi attori che, quando serve, sanno adattarsi a ruoli apparentemente minori allo scopo di esaltare un Will Smith, eccellente sì, ma che senza di loro non sarebbe così ben delineato e non si apprezzerebbe più di tanto. Il loro lavoro da “gregari” è dunque fondamentale, così come quello della Mirren, forse la vera protagonista femminile della pellicola, per rendere la presentazione del protagonista una climax ascendente, rispettata al suo apice, come detto, da una grande interpretazione del protagonista (sulla scia del Grande Gatsby versione 2013 firmato Baz Luhrman, in cui il fenomenale Leo, alias Jay Gatsby, godette di una presentazione coi fiocchi ad opera di musiche, luci e di una superba Carey Mulligan nei panni di Daisy Buchanan).
L’effetto domino, che accompagna il film in tutta la sua durata, è emblema della tempestività, della pertinenza e della giusta collocazione degli aiutanti ai personaggi (lo sono i tre amici/colleghi per il proprio capo, e le tre entità, morte, tempo e amore, per i rispettivi problemi degli stessi), che come tessere posizionate al posto giusto e con la giusta inclinazione, fanno sì che la trama si svolga senza intoppi e che catena si completi fino alla fine, facendo crollare le ansie e le paure di tutti.
Dunque il film risulta essere ben riuscito, nonostante non manchino alcune pecche (una colonna sonora da grande film e all’altezza del cast / si respira troppa America, nel bene e nel male, per un film e per degli argomenti che dovrebbero essere più universali / e forse tutto davvero alla fine si risolve in maniera troppo perfetta, quasi irreale).
Woody Allen l’avrebbe probabilmente definito un film da “Oh quanto mi sento bene” esclamato dallo spettatore qualsiasi durante i titoli di coda, ma con buona pace sua e di tutti coloro che non amano il lieto fine senza compromessi, Collateral Beauty merita.
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julius dst.
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martedì 10 gennaio 2017
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connessioni considerevoli che ho visto solo io?
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Nel complesso il film "Collateral Beauty" è un film che mi è piaciuto. Sono riuscito a trovare dei vari collegamenti che la maggior parte di chi ha recensito questo film negativamente penso non abbia trovato. Ad esempio, ogni astrazione nel film era correlata a uno degli amici di Howard. La signora che interpretava la morte era con Simon che guarda caso stava per morire. Il ragazzo del tempo era con Claire che mai aveva avuto tempo di avere un figlio. E per ultimo la ragazza dell'amore, correlata a Whit che imperterrito voleva indietro l'amore di sua figlia dopo il divorzio. Ecco, secondo me tutto sommato sono dei collegamenti piuttosto azzeccati. Inoltre, credo che più che essere dei veri e propri attori, fossero davvero le tre astrazioni morte - amore - tempo.
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Nel complesso il film "Collateral Beauty" è un film che mi è piaciuto. Sono riuscito a trovare dei vari collegamenti che la maggior parte di chi ha recensito questo film negativamente penso non abbia trovato. Ad esempio, ogni astrazione nel film era correlata a uno degli amici di Howard. La signora che interpretava la morte era con Simon che guarda caso stava per morire. Il ragazzo del tempo era con Claire che mai aveva avuto tempo di avere un figlio. E per ultimo la ragazza dell'amore, correlata a Whit che imperterrito voleva indietro l'amore di sua figlia dopo il divorzio. Ecco, secondo me tutto sommato sono dei collegamenti piuttosto azzeccati. Inoltre, credo che più che essere dei veri e propri attori, fossero davvero le tre astrazioni morte - amore - tempo. Avete fatto caso che alla fine del film quando la moglie di Howard aspetta la morte della figlioletta è proprio la signora anziana della morte a dirle la famosa frase? Avete fatto caso che i 3 quando sono sopra il ponte alla fine, spariscono non appena Howard li guarda? Come hanno fatto a montare i filmati per intrappolare Howard, riuscendo a nasconderli così perfettamente da un semplice filmato fatto da uno smartphone? Forse non ci sono mai stati!
Le mie sono solo teorie, ma nel caso fosse così secondo me è un effetto piuttosto ben riuscito. Così come la scoperta finale, che la donna delle sedute terapeutiche era la moglie.
Chiaramente l'"hype" per questo film era grande, ma non credo che abbia deluso totalmente le attese come dicono in molti. La recitazione era considerevole. La trama, forse doveva essere un po' più approfondita, facendo vedere meglio la vita di Howard quando sua figlia era in vita e la vita dei tre amici, molto trascurata se non per qualche dettaglio.
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[+] solo un cieco poteva non vederle
(di pandaemonio)
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ninoraffa
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lunedì 29 gennaio 2018
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la bellezza salverà il mondo?
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Howard è il carismatico fondatore di una grossa agenzia pubblicitaria newyorkese. Con un po’ di spavalderia spiega ai colleghi la sua filosofia per raggiungere i clienti: “ Amore, tempo e morte. Queste tre cose mettono in contatto ogni singolo essere umano sulla Terra: desideriamo l’Amore, vorremmo avere più Tempo, temiamo la Morte.”
Pur di vendere Howard scomoda presenze importanti, ma in realtà non sa di cosa parla. Poco dopo perde la figlia di sei anni per un tumore al cervello; rifiuta la realtà, cade in depressione, si separa dalla moglie, comincia a ignorare il lavoro insieme a tutto il resto. Nel suo isolamento ha due strane abitudini: costruisce per giorni giganteschi domini nel suo ufficio che in pochi attimi distrugge; spedisce lettere di sfida ad Amore, Tempo e Morte.
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Howard è il carismatico fondatore di una grossa agenzia pubblicitaria newyorkese. Con un po’ di spavalderia spiega ai colleghi la sua filosofia per raggiungere i clienti: “ Amore, tempo e morte. Queste tre cose mettono in contatto ogni singolo essere umano sulla Terra: desideriamo l’Amore, vorremmo avere più Tempo, temiamo la Morte.”
Pur di vendere Howard scomoda presenze importanti, ma in realtà non sa di cosa parla. Poco dopo perde la figlia di sei anni per un tumore al cervello; rifiuta la realtà, cade in depressione, si separa dalla moglie, comincia a ignorare il lavoro insieme a tutto il resto. Nel suo isolamento ha due strane abitudini: costruisce per giorni giganteschi domini nel suo ufficio che in pochi attimi distrugge; spedisce lettere di sfida ad Amore, Tempo e Morte.
Passano due anni, l’agenzia che dipendeva essenzialmente sul suo talento, perde clienti; i giorni sono contati ma si profila l’opportunità di essere acquisiti a condizioni vantaggiose. C’è però un problema: Howard, socio di maggioranza, rifiuta persino di prendere in considerazione la cessione. I suoi tre amici, Whit, Claire e Simon, cointeressati alla società ma animati anche da genuini sentimenti, sono alle corde; nel disperato tentativo di riportarlo alla realtà ingaggiano tre attori squattrinati che impersoneranno per lui le sue ossessioni: Amore, Tempo e Morte.
Impianto facilmente riconducibile a Canto di Natale di Dickens. Significativa la trovata scenografica del domino, metafora della catastrofica non linearità della vita: un piccolo tocco e tutto ciò che abbiamo costruito – ciò che in qualche modo siamo – viene giù a cascata. Cast di prim’ordine in buona forma, da Will Smith (Howard) a Helen Mirren (Morte), passando per Edward Northon (Whit), Kate Winslet (Claire) e Keira Knightley (Amore, la caratterizzazione forse meno riuscita.) Sviluppo della storia ordinato, con qualche passaggio troppo sbrigativo; alcune furbizie gratuite nei dialoghi, con frasi a effetto di apparente alto significato filosofico ma in realtà un po’ vuote; qualche addobbo natalizio fuori luogo.
Lieto fine, o quasi. Howard inizia a frequentare una comunità terapeutica di genitori che hanno perso i figli, dove incontra Madaleine anche lei segnata dalla stessa esperienza; ritrova (un poco di) se stesso, affronta il lutto e firma con sollievo di tutti la cessione della società.
La vigilia di Natale torna dalla moglie. Il giorno del divorzio le aveva scritto: se solo potessimo tornare di nuovo estranei. Morte e resurrezione. Ci sonofatti tragici, o semplicemente gravi, che senza colpa di nessuno rendono impossibile a due persone che si vogliono bene di vedersi ancora, perché il loro legame richiama il dolore. L’altro è diventato indissolubile da quel dolore: pur nella sua innocenza, pur essendo lui stesso vittima, l’altro è quel dolore o quell’assenza. Howard per poter tornare dalla moglie – per risorgere – ha avuto bisogno di Tempo, di rivedere Amore e naturalmente di incontrare Morte.
“ Questi nostri attori erano spiriti, e tutti si sono dissolti nell’aria, nell’aria sottile come loro ” conclude Shakespeare nella Tempesta.Cala il sipario, gli attori hanno ben rappresentato la loro parte, per Howard ma anche per quelli che li hanno ingaggiati. Whit, Claire e Simon scoprono anche loro di avere ognuno qualcosa di personale in sospeso con Amore, Tempo e Morte. Avranno risposte a domande che non hanno fatto, e da quel momento guarderanno se stessi con occhi diversi.
Secondo Morte, anche in presenza dell’evento più tragico e devastante esiste – resiste – una bellezza collaterale che consente di continuare. Un senso residuo grazie al quale la vita – ciò che resta – mantiene un sentore di salvezza. Cosa sia questa Collateral Beauty il film prova a spiegarcelo. Sembrerebbe un contatto universale, un respiro cosmico che ci unisce tutti oltre le circostanze e il tempo. Forse, più concreto – azzardiamo noi – il respiro di una persona cara accanto, magari davanti al mare; e concentrato in questo momento il nostro debole spirito sembra sollevarsi. Oppure, in negativo, qualunque cosa bella che l’ottenebrazione del dolore impedisce di vedere e che riappare rinascendo, e non va cercata in giro perché già la portiamo dentro.
Quest’ineffabile bellezza è il concetto centrale del film, ma abbiamo il sospetto che gli stessi autori non ne sappiano più di noi. Nell’ulteriore dubbio da Chi o da dove provenga, l’idea sembra buona comunque; e anche senza sapere bene cosa sia, quando in sala si accendono le luci e torniamo in strada verso casa, alla Bellezza Collaterale cominciamo a crederci. Sarà perché ci hanno raccontato una buona storia; sarà perché non conosciamo alternative migliori al nostro piccolo o grande dolore.
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cristian
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mercoledì 11 gennaio 2017
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"se solo potessimo essere di nuovo estranei".
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Piena sufficienza per il regista statunitense David Frankel (Il diavolo veste Prada; Io e Marley) che, nella sua settima opera, Collateral Beauty, riesce a coinvolgere emotivamente una buona fetta di pubblico. Ordinata e senza troppe pretese la sceneggiatura di Allan Loeb (Wall Street: il denaro non dorme mai; Rock of Ages). A parte alcune battute un po’ piatte , il copione ci regala una discreta scrittura, coinvolgente in alcuni punti (complici interpreti di tutto rispetto). La fotografia di Maryse Alberti (The Wrestler; Creed - Nato per combattere) si fa notare, ad un occhio comune e poco esperto del tema come il mio, per l’utilizzo dei colori freddi (il clima invernale e nevoso domina con il suo prepotente bianco) che soffocano quelli caldi, questi ultimi maggiormente associati a Madeleine (Naomi Harris).
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Piena sufficienza per il regista statunitense David Frankel (Il diavolo veste Prada; Io e Marley) che, nella sua settima opera, Collateral Beauty, riesce a coinvolgere emotivamente una buona fetta di pubblico. Ordinata e senza troppe pretese la sceneggiatura di Allan Loeb (Wall Street: il denaro non dorme mai; Rock of Ages). A parte alcune battute un po’ piatte , il copione ci regala una discreta scrittura, coinvolgente in alcuni punti (complici interpreti di tutto rispetto). La fotografia di Maryse Alberti (The Wrestler; Creed - Nato per combattere) si fa notare, ad un occhio comune e poco esperto del tema come il mio, per l’utilizzo dei colori freddi (il clima invernale e nevoso domina con il suo prepotente bianco) che soffocano quelli caldi, questi ultimi maggiormente associati a Madeleine (Naomi Harris). In una pellicola dove prevale un sottofondo silenzioso le musiche di Mychael Danna (8 mm - Delitto a luci rosse; Cuori in Atlantide; L’arte di vincere; Vita di Pi; Devil’s Knot - Fino a prova contraria; Foxcatcher - Una storia americana; The Captive - Scomparsa; Deadpool) e di Theodore Shapiro (Il diavolo veste Prada; Tu, io e Dupree; Tropic Thunder; io e Marley; Zoolander 2; Ghostbusters [2016]) in alcuni momenti riescono a fare presa sull’emotività dello spettatore. Sicuramente ha alzato il livello del prodotto il cast di stelle che si è unito alla guida di Frankel (Will Smith, Edward Norton, Kate Winslet; Keira Knightley, Helen Mirren, Michael Peña) consegnandoci un film tutto sommato godibile.
Howard Inlet (Will Smith) è un brillante dirigente pubblicitario fino a quando, tragicamente, la sua piccola figlia muore. Da quel momento in avanti Howard diventa depresso, abbandona sentimenti ed amici, considera la sua esistenza ormai del tutto inutile. Il suo comportamento rischia però di coinvolgere negativamente gli impiegati e il futuro dell’azienda che, a causa sua, rischia il fallimento. I suoi tre amici, nonché partner commerciali, Claire Wilson (Kate Winslet), Whit Yardsham (Edward Norton) e Simon Scott (Michael Peña) temendo per la salute mentale di Howard, ma anche per il destino della società, decidono di assumere un investigatore privato, Sally Price (Ann Dowd), al fine di acquisire le prove necessarie a dimostrare che Howard non è più in grado di gestire la società e consentendo a loro di ottenerne il controllo. Sally riesce a intercettare le lettere che Howard scrive ad Amore (Keira Knightley), Tempo (Jacob Latimore) e Morte (Helen Mirren) con cui il mittente si dovrà, in seguito, confrontare personalmente.
Fin da principio il film di Frankel scorre ordinato. Le diverse sequenze risultano facilmente individuabili grazie ai personaggi di Amore, Tempo e Morte che, agendo come attori teatrali, entrano in scena alternandosi con regolarità. Ne risulta un’opera ben distinta in atti. Non a caso la “sede” o “base operativa” delle tre astrazioni è un teatro dismesso, dove eseguono le prove che precedono la prima messa in scena in cui accompagneranno l’inconsapevole protagonista interpretato da Will Smith. Quest’ultimo, per una fetta di film, trasmette tutto il suo dolore per la scomparsa della figlia esclusivamente tramite l’espressività. Non proferisce parola, appare raramente e per poco. A cosa servono le parole in momenti come questi? Howard viene colpito da uno tsunami fatto di oscurità che, una volta travolto, lo lascia svuotato di tutti i sentimenti. Costruisce una diga mentale solo in apparenza invalicabile, con cui vuole impedire a se stesso di guardare indietro e ricordare. Vorrebbe poter rimuovere tutto ciò che è stato ma tutto ciò che è stato giace proprio lì, appena dietro quella diga. Terminando con questo pensiero angoscioso e parlando d’altro è dunque proprio il protagonista, Howard, a dare il via all’opera teatrale scambiando le sue prime battute con la Morte (Helen Mirren è sempre raggiante!). Negli intervalli tra un atto e l’altro interviene, nella calda luce soffusa di una stanza dove si riunisce un gruppo di sostegno, la figura dolce e rassicurante di Madeleine, con cui Howard stringe un rapporto mano a mano più stretto. Nulla si può più aggiungere al riguardo. Sullo sfondo si muovono i personaggi secondari, i tre amici/colleghi di Howard i quali mostrano maggiore preoccupazione per l’amico depresso e per la società per cui lavorano che per le proprie vite e relazioni. Ognuno di loro, come ognuno di noi, vive una grande sofferenza interiore con cui ci si deve confrontare con coraggio ogni giorno. Tutti e tre, non meno di Howard, vivono con rassegnazione e hanno bisogno di aiuto (ma non avevo terminato con l’angoscia? Si, ora si, giuro. O forse no?). Per i meno attenti durante la visione risulta presente qualche colpo di scena nel tentativo, abbastanza riuscito, di non rendere la pellicola eccessivamente monotematica (un piccolo regalino soprattutto per gli spettatori che, presenti più che altro per accontentare le voglie cinematografiche della propria dolce metà, si sono concessi un sonnellino di noia). In definitiva, il film di David Frankel, vuoi per il protagonista (Will Smith), vuoi per la tematica, ricorda abbastanza Sette Anime Di Gabriele Muccino. Nonostante ciò, si avverte qualcosa di diverso nella pellicola del regista americano. Per essere banali, Collateral Beauty risulta meno tragico (ma tragico!) rispetto a Sette Anime e da cui, in sostanza, riesce a prendere le distanze (non eccessive). Se quindi pare mancare di originalità (chi non ha pensato anche ai noti fantasmi di Dickens?!), il prodotto di Frankel riesce, meno volte di quanto ci si aspettasse per la verità e forse meno di quanto il regista volesse, a toccare le corde più profonde dell’animo umano. Pur con la sua tematica tutt’altro che leggera, il girato è volontariamente diviso in sequenze nette e comprensibili (come detto prima, sulla scorta di un’opera teatrale) ed è fatto per coinvolgere una larga fetta di pubblico. Se quindi qualche difetto c’è, e si vede, mi sento di promuovere, non a pieni voti, questa pellicola che forse (sicuramente) riceve da me qualche punticino di gradimento in più grazie a Will. Personalmente lo adoro in ogni sua interpretazione, dalla drammatica a quella comica. E anche qui, l’ho inevitabilmente apprezzato. Anche gli altri interpreti non sono malaccio (scherzo, ad averceli dei cast così!). Forse, anche il fatto che l’abbondanza di ottimi attori non abbia reso questo film quanto meno un ottimo prodotto, può far riflettere sulla sua qualità, accettabile certo, ma non eccellente.
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lunedì 23 gennaio 2017
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una piacevole sorpresa
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Riempito fino all'orlo di critiche negative,e perché? Boh,secondo la mia personale opinione,è bellissimo fare il critico cinematografico,ma è anche vero che molte volte ti mette di fronte a soffocare le emozioni,ad analizzare in modo asettico il film,a scomporlo,e a scovarne pregi e difetti.
Ora io mi chiedo,ma se un film provoca in te un emozione forte,se ti alzi dalla poltrona felice,o con le lacrime agli occhi,puoi nonostante questo giudicare un film in modo negativo per le sue imperfezioni? La risposta secondo me è no,perché collateral beauty è questo ciò che ha fatto,mi ha fatto riflettere e mi ha fatto piangere,e mi ha sorpreso positivamente.
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Riempito fino all'orlo di critiche negative,e perché? Boh,secondo la mia personale opinione,è bellissimo fare il critico cinematografico,ma è anche vero che molte volte ti mette di fronte a soffocare le emozioni,ad analizzare in modo asettico il film,a scomporlo,e a scovarne pregi e difetti.
Ora io mi chiedo,ma se un film provoca in te un emozione forte,se ti alzi dalla poltrona felice,o con le lacrime agli occhi,puoi nonostante questo giudicare un film in modo negativo per le sue imperfezioni? La risposta secondo me è no,perché collateral beauty è questo ciò che ha fatto,mi ha fatto riflettere e mi ha fatto piangere,e mi ha sorpreso positivamente.
Non il solito film strappalacrime,buttato lì esclusivamente per cercare la lacrimuccia dello spettatore,un'ottima sceneggiatura,una storia ben strutturata e articolata.
Cosa è il tempo?cosa è l'amore?cosa è la morte? Tre punti cardine della nostra vita,ognuno strettamente collegato all'altro,ognuno in grado di farci capire come affrontare la nostra vita.
Un Will Smith come mai non lo avevo visto prima,perso nel vuoto,ingobbito,autodistruttivo,una grande interpretazione.
Il finale collega perfettamente tutti i tasselli,e commuove,strappa il cuore,peccato solo per norton un Po piatto e per i personaggi secondari poco caratterizzati,quasi come se facessero parte del film esclusivamente come pretesto per il susseguirsi delle vicende.
Questo film comunque mi ha fatto riflettere,mi ha emozionato e mi ha coinvolto,e lo reputo davvero bello e ben fatto. Piacevolmente sorpreso.
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claudiacio
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domenica 8 gennaio 2017
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un film commovente e ricco di emozioni
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A volte la realtà è così dolorosa da affrontare che alcune persone non riescono a guardarla negli occhi e a superare i momenti di sofferenza, in particolare quando di mezzo c'è la perdita di una persona amata. E allora alcuni percepiscono la perdita e il lutto come talmente inaccettabili da non riuscire a viverli; non resta loro che negarli, che dissociarsi dalla realtà dei fatti. Ma paradossalmente così non se ne liberano; rimangono imbrigliati ai loro cari senza riuscire a lasciarli andare, rimangono imbrigliati alla morte che li consuma e cadono nell'abisso del vuoto.
Un film che aiuta a comprendere l'importanza di un percorso di elaborazione della perdita presente o imminente di una persona amata.
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A volte la realtà è così dolorosa da affrontare che alcune persone non riescono a guardarla negli occhi e a superare i momenti di sofferenza, in particolare quando di mezzo c'è la perdita di una persona amata. E allora alcuni percepiscono la perdita e il lutto come talmente inaccettabili da non riuscire a viverli; non resta loro che negarli, che dissociarsi dalla realtà dei fatti. Ma paradossalmente così non se ne liberano; rimangono imbrigliati ai loro cari senza riuscire a lasciarli andare, rimangono imbrigliati alla morte che li consuma e cadono nell'abisso del vuoto.
Un film che aiuta a comprendere l'importanza di un percorso di elaborazione della perdita presente o imminente di una persona amata. Un'elaborazione che passa per rabbia, tristezza, lacrime, per arrivare a commozione, accettazione di quanto che si è perso e al sorriso di amorevolezza che scaturisce dalla consapevolezza che a quella persona rimarremo sempre connessi: è questa la Bellezza Collaterale che dà titolo al film.
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silver79
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giovedì 12 gennaio 2017
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centrifugato emozionale
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Quanti di voi credono nell'universo? Quanti di voi lo interrogano? Di teorie scientifiche, di credenze o più semplicemente di sensazioni se ne potrebbe parlare fino allo sfinimento, o fino alla "lite" dialettica. Frankel decide di rappresentare una visione, di come funzioni, o di come dovrebbe, con una spruzzata di Canto di Natale stile Dickens, dirigendo un Will Smith sempre più a suo agio nei panni drammatici, nonostante lo odi e lo faccia stare male (e ci credo), una Helen Mirren (sentire lei per credere) e una Winslet un gradino sopra agli altri. Ma tutti molto, molto convincenti, un po' in affanno la Knightley, troppo preoccupata a piacersi in alcune scene, più che a piacere.
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Quanti di voi credono nell'universo? Quanti di voi lo interrogano? Di teorie scientifiche, di credenze o più semplicemente di sensazioni se ne potrebbe parlare fino allo sfinimento, o fino alla "lite" dialettica. Frankel decide di rappresentare una visione, di come funzioni, o di come dovrebbe, con una spruzzata di Canto di Natale stile Dickens, dirigendo un Will Smith sempre più a suo agio nei panni drammatici, nonostante lo odi e lo faccia stare male (e ci credo), una Helen Mirren (sentire lei per credere) e una Winslet un gradino sopra agli altri. Ma tutti molto, molto convincenti, un po' in affanno la Knightley, troppo preoccupata a piacersi in alcune scene, più che a piacere. Tutti veri e umani tanto da rapire chiunque. Logicamente non tutti allo stesso modo, impresa quasi impossibile, ma se solo si riesce a mettere da parte cinismo o semplice repulsione per i film commoventi, la stessa che ho io per esempio, ma lo si affronta anche come una favola, si può godere di un vero e proprio centrifugato emozionale. Capisco i pareri discordanti, perché oltre ai gusti personali e logicamente soggettivi, c'è un'oggettiva difficoltà a capire bene tutta la storia, che fa grande secondo me questa pellicola, ma una volta dipanata e compresa non si può negare che sia una grandissima prova di abilità del regista.
La trama per come la vedo io, meno la si racconta e meglio è, poterla vivere sulla propria pelle, da ignaro spettatore sarebbe la cosa ottimale per poter dare un'interpretazione intima, ma diciamola tutta, chi compra ormai un prodotto cinematografico a scatola chiusa? Per chi vuole sbirciare un po’ di più, seguono gli ingredienti minimi della ricetta.
Un'azienda in forti difficoltà non più gestita da Howard (Smith), il quale subirà un dramma e il perché lo scoprirete ad inizio film.
Il trio Whit, Claire e Simon (Norton-Winslet-Peña) anche loro interessati alle sorti dell'azienda, con vari gradi di importanza, ma con lo stesso amore e amicizia nei confronti di Howard, pronti ad aiutarlo, ognuno con i "problemi che la vita regala", ma con la voglia di andare avanti per il bene di tutto e tutti.
Altro trio, attori anche nel film, figuranti in un teatro sono Brigitte, Raffi e Aimee (Mirren-Latimore-Knightley) ma anche Morte, Tempo e Amore, altri ingredienti persistenti. Una donna, Madeleine (Harris), fondatrice di un gruppo di sostegno, che aiuta le persone a superare traumi come quelli di Howard.
Il tutto condito da ottimi dialoghi, una colonna sonora perfettamente calzante e naturalmente, l'universo.
Il resto è un puzzle che si muoverà davanti ai vostri occhi (ahimè probabilmente anche lacrime) e che si comporrà nell'anima dello spettatore in modo fragoroso. Non ci sono ritmi altissimi, non è un benzina è un diesel.
Un consiglio lo lascio, amatelo oppure odiatelo, ma con la giusta predisposizione emotiva, vedetelo e fatelo vostro.
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scavadentro65
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martedì 14 febbraio 2017
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soddisfatto collateralmente
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Ci sono film che ci soddisfano pienamente, pazialmente o per niente. Questo film mi ha soddisfatto collateralmente. Ho cioè preso in considerazione il corpus principale (la sceneggiatura) che effettivamente è banale e scontata (grande dolore, grande vuoto esistenziale, crollo economico, catarsi finale) con un incedere sinceramente prevedibile (ovvio che gli attori ingaggiati per interpretare morte, tempo e amore siano in definitiva incarnazione degli archetipi invocati). Ciò premesso, come accennato, mi ha portato a ricercare la bellezza collaterale e i lati gradevoli del lungometraggio. Orbene è innegabile la prova d'attore di Elen Mirren ed Edward Norton (la Winslet invece decisamente fuori luogo) , la fotografia, l'intensità di Will Smith.
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Ci sono film che ci soddisfano pienamente, pazialmente o per niente. Questo film mi ha soddisfatto collateralmente. Ho cioè preso in considerazione il corpus principale (la sceneggiatura) che effettivamente è banale e scontata (grande dolore, grande vuoto esistenziale, crollo economico, catarsi finale) con un incedere sinceramente prevedibile (ovvio che gli attori ingaggiati per interpretare morte, tempo e amore siano in definitiva incarnazione degli archetipi invocati). Ciò premesso, come accennato, mi ha portato a ricercare la bellezza collaterale e i lati gradevoli del lungometraggio. Orbene è innegabile la prova d'attore di Elen Mirren ed Edward Norton (la Winslet invece decisamente fuori luogo) , la fotografia, l'intensità di Will Smith. I tempi del narrato sono indovinati, con un ritmo equilibrato e un piano di lettura teso a coinvolgere lo spettatore nella vicenda strappando lacrime ma non privo di una ironia latente. Un esempio di pessimismo ottimistico che indulge si nel lieto fine ma certo amarognolo.
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