Café Society

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Woody, dove sei? Valutazione 2 stelle su cinque

di Alex62


Feedback: 8313 | altri commenti e recensioni di Alex62
giovedì 6 ottobre 2016

…e se avesse perso il suo inconfondibile, geniale, unico tocco?! Se Woody Allen ormai non avesse più nulla da dirci. Forse non è più capace di farci, come da sempre, sorridere amaro, pensare, soffrire persino di fronte al tragico e beffardo duello tra Morte e Caso che solo lui sa inscenare alla perfezione…quasi come la vita vera! Come cancellare il ricordo delle risate da mal di pancia provocate in noi da Celebrity e Harry a pezzi…ma ve lo ricordate Harry a pezzi?!? Come obliterare la genialità pura e il grande cinema di Match Point, il suo apice creativo e artistico?! Infine come non provare nostalgia per la meravigliosa fiaba che ci narrò in Manhattan?!? Certo un film all'anno diventa un ritmo forsennato alla sua età… Ma tutto questo non giustifica questo ultimo, mediocre Cafè Society. Sì, il soggetto è come sempre superbo: un amore sfumato, abbandonato nelle pieghe del passato, può continuare a perseguitarci per sempre, come se fosse l'unico a cui noi avevamo diritto e che ci siamo fatti sfuggire per idiozia, futilità, noncuranza? Grande pretesto, come sempre, per parlare della fatalità, che, echeggiando il grande tragico Eschilo, che metteva in scena l'ineluttabilità delle Moire, le tre figlie della Notte, che indefessamente filano e tagliano: la filatrice, la fissatrice della sorte e l'irremovibile morte; anche Allen è tormentato dal Fato. Le Moire, figlie della Notte e quindi cieche, indifferenti a qualsiasi richiamo del cuore e persino dell'etica, di cui sono garanti le divinità, purtroppo hanno forza talmente potente che è capace di frenare il potere degli Dei. Quando negli Dei si ha fede, ma Woody si aggira in un mondo freddo e vuoto, senza Dio, a tratti solo ravvivato da qualche arguto motto di spirito. A proposito di “Dei”, la vicenda si dipana a lato delle terrene divinità di Hollywood, dove, come per un incanto, il giovane Bobby Dorfman, ebreo di New York, con uno zio gangster e spietato assassino, s'innamora della dolce e tormentata Vonnie, onnipresente personaggio femminile della poetica alleniana. La bella, impudica, promiscua, vanesia Dea dell'amore che popola le fantasie di Woody da sempre, quella che dona copiosamente tormento ed estasi al poveraccio che finisce invischiato nella sua “ragnatela”. Il povero Bobby tenterà di rifarsi una vita con una splendida, innocente, deliziosa creatura, futura madre dei suoi figli, devota a lui e alla famiglia che metteranno in piedi, ma la mantide riapparirà e, con un solo sguardo lo legherà di nuovo a sé, come se lui non fosse mai stato libero dal suo ricordo, nemmeno per un giorno. Tutto questo su di una scenografia da sogno (come da Midnight in Paris in poi), con splendidi costumi e una fotografia degna di Storaro. …ma tutto questo non aiuta, anzi rende ancor più angoscioso il senso di nostalgia e di rifiuto che assale il cinefilo innamorato dello stile Woody Allen da sempre.

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marcobrenni venerdì 7 ottobre 2016
woody diventa più filosofo col tempo che passa ...
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Se non te ne sei ancora accorto, il Woody Allen ormai anziano, è passato dalla commedia o tragicommedia piena di veloci battute, a storie più nostalgiche, meno ridanciane , ma in cambio assai più filosofiche. Non si può di certo rimproverare ad un artista anziano di esprimere quel che sente al momento, ma soprattutto come vede il mondo dall'alto di una lunga e fruttuosa esperienza di vita. Il suo disincanto si fa sempre più sentire ed è abbastanza normale e pure onesto che sia cosìMarco Brenni

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