Anna Piaggi - Una visionaria della moda

Film 2016 | Documentario 54 min.

Anno2016
GenereDocumentario
ProduzioneItalia, Svizzera, Germania
Durata54 minuti
Regia diAlina Marazzi
MYmonetro 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Alina Marazzi. Un film Genere Documentario - Italia, Svizzera, Germania, 2016, durata 54 minuti. - MYmonetro 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento giovedì 23 giugno 2016

Vita e visione di Anna Piaggi, ispirazione e punto di partenza per numerosi stilisti e designer di tutto il mondo.

Consigliato sì!
3,00/5
MYMOVIES 3,00
CRITICA
PUBBLICO 3,00
CONSIGLIATO SÌ
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Cinema
Trailer
Ritratto variopinto di una giornalista ed eccentrica icona della moda.
Recensione di Tommaso Moscati
Recensione di Tommaso Moscati

Alina Marazzi per questo documentario su Anna Piaggi si avvale di un fornito catalogo di materiale d'archivio che comprende foto e filmati di interviste, comparsate televisive, reportage giornalistici, che come in un mosaico ci restituiscono un'immagine della sua attività di giornalista di moda dalla penna raffinata e dalla originale idea di moda. Nei filmati che via via si susseguono la vediamo in compagnia di noti fotografi che era solita frequentare, come Mario Mandrini, Ugo Mulas e Mario Dondero; con suo marito, il fotografo Alfa Castaldi; con lo stilista e fotografo tedesco, nonché amico di lunga data, Karl Lagerfeld; o ancora, con il collezionista Vern Lambert, che la accompagnava nei mercatini dell'usato a Londra a caccia di abiti e accessori provenienti da contesti ed epoche diverse, che poi lei utilizzava per comporre le sue originalissime mise.
Ciò che emerge è una figura in grado di mescolare, ricombinare e reinventare stili, con un suo gusto personale, riuscendo a far coesistere su di sè gli opposti, gli elementi agli antipodi; in uno scontro tra diversi stili e mode. I colori sgargianti e le capigliature del punk si mescolano con capi più tradizionali o addirittura aristocratici, come velette, pizzi e merletti. Tratto distintivo del suo stile era la combinazione di materiali e tessuti diversi. Esemplare il vestito che sfoggia in uno dei filmati riproposti nel film, che è sostanzialmente la carta di un manifesto avvolta intorno al corpo.
Allo stesso modo la regista di Un'ora sola ti vorrei (2002) realizza un documentario che è un caleidoscopio di colori, di stili e di linguaggi diversi. Quello della filmmaker milanese è un ritratto della giornalista di moda che è semiserio, giocoso, variopinto. Fedele allo spirito di questo personaggio eccentrico. C'è una certa affinità fra le due donne, che riguarda il loro modo di intendere l'atto creativo: entrambe lavorano sul riuso, sul collage, sul dare senso a elementi disomogenei.
Il documentario condensa le testimonianze e le riflessioni di varie personalità della moda che conoscevano o erano amiche di Anna Piaggi. Fra questi, alcune vere e proprie autorità della moda internazionale da Giorgio Armani a Versace, passando per Rosita Missoni, della celeberrima marca omonima, e lo stilista Jean-Charles de Castelbajac. La Marazzi non solo interpella chi la moda la disegna, ma anche chi, proprio come faceva la Piaggi, si occupa di raccontarla, di interpretarla. È il caso del modista Stephen Jones, di Luca Stoppini della rivista Vogue (su cui la Piaggi ha scritto alcuni dei suoi più memorabili articoli) o del fotografo Bill Cunnigham.
Degno di nota lo splendido lavoro fatto da Niccolò Manzolini dello studio grafico di "Bologna Seiperdue". Infatti, il passaggio da una decade a un'altra, da uno stile all'altro, da una tendenza all'altra, è simbolicamente segnato nel film da un siparietto di animazione fatta di ritagli, tinte cromatiche, stili grafici che rievocano tutta un'epoca. Questi brevi e allegri caroselli sono segnati ognuno da un genere musicale diverso (dal Jazz, al bebop, al rock), scelta che partecipa all'immediata connotazione di un determinato periodo storico e culturale.
Anna Piaggi incarnava questa doppia figura del critico e dell'icona della moda: da una parte ne dava una lettura mai banale, dall'altra ne era anche partecipe, nonché influente rappresentante. Fino a diventare in alcuni casi una pioniera, in grado con le sue sperimentazioni di aprire brecce e lanciare raffinate provocazioni. Ponendo infine le basi per concepire il vestire come uscita dal corpo per contaminare lo spazio. Una vera e propria opera d'arte vivente.

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