giulio vivoli
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domenica 18 ottobre 2015
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il coraggio della verità
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Basato sulla ricostruzionedell’inchiesta politico-giornalistica del 2004 con cui un’equipe della CBS Television tentòi dimostrare l’imboscamento militare di G.W.Bush nella Guardia Nazionale per evitare il Vietnam, Truth ha nel suo titolo l’ambizione di voler condurre lo spettatore attraverso il percorso alla ricerca della Verità, nella sua faticosa e scomoda oggettività e nel suo valore idealistico che rappresenta. E’ una pagina di giornalismo indipendente coraggioso, passionale e a tratti eroico quello dell’anchorman Basato sulla ricostruzione dell’ inchiesta politico-giornalistica del 2004 con cui un’equipe della CBS Television tentò dRobert Redford e della produttrice del programma 60 Minutes Cate Blanchett, entrambi assai bravi e veri nei rispettivi ruoli, lui sempre impeccabile esteticamente, lei anche stanca e spettinata all’occorrenza.
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Basato sulla ricostruzionedell’inchiesta politico-giornalistica del 2004 con cui un’equipe della CBS Television tentòi dimostrare l’imboscamento militare di G.W.Bush nella Guardia Nazionale per evitare il Vietnam, Truth ha nel suo titolo l’ambizione di voler condurre lo spettatore attraverso il percorso alla ricerca della Verità, nella sua faticosa e scomoda oggettività e nel suo valore idealistico che rappresenta. E’ una pagina di giornalismo indipendente coraggioso, passionale e a tratti eroico quello dell’anchorman Basato sulla ricostruzione dell’ inchiesta politico-giornalistica del 2004 con cui un’equipe della CBS Television tentò dRobert Redford e della produttrice del programma 60 Minutes Cate Blanchett, entrambi assai bravi e veri nei rispettivi ruoli, lui sempre impeccabile esteticamente, lei anche stanca e spettinata all’occorrenza. Il regista all’esordio James Vanderbilt, già sceneggiatore di pellicole come Zodiac e Amazing Spiderman, cura molto i particolari di scena e le inquadrature degli attori, decisive in una sceneggiatura basata principalmente sui dialoghi. Ma Truth è anche un film sullo scontro tra Poteri, quello politico e il Quarto Potere, con i loro condizionamenti reciproci, dove la Verità appartiene a chi riesce a dimostrarla fino all’inconfutabilità, al di là della buona fede e del nobile proposito etico di partenza. Gli Stati Uniti restano sempre il Paese della libertà e della democrazia, dove la retorica etica collettiva e l’ambizione individuale trovano il limite nel rispetto delle regole, dove ci si può prendere il rischio di mettere sotto inchiesta anche l’Uomo più potente e chiacchierato d’ America ma accettare la sconfitta professionale e le relative conseguenze, seppur con onore ed orgoglio. A riguardo Vanderbilt è onesto e rigoroso e rispetta il verdetto delle prove documentali, anche se la lunga e commuovente ultima scena al rallenty ci conferma da che parte batta il suo cuore assieme a quello dello spettatore. E sognamo di essere Tutti gli Uomini del Presidente, quarant’anni anni dopo.
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gaiart
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venerdì 16 ottobre 2015
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le verità in bilico di "truth"
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Le verità traballanti e poco scientifiche di
Truth
120 minuti sono serviti a James Vanderbilt per costruire il suo primo film: Truth, il cui tempo necessario si è reso indispensabile per inaugurare la decima edizione della Festa del Cinema di Roma in corso dal 16 al 24 ottobre 2015 con la direzione artistica di Antonio Monda, Fondazione Cinema per Roma e Piera Detassis.
L'opera prima dello sceneggiatore statunitense è un film controverso e forse troppo lungo. Vero è che sfrutta l’interessante parterre del genere del thriller politico e giornalistico (come Tutti gli uomini del presidente).
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Le verità traballanti e poco scientifiche di
Truth
120 minuti sono serviti a James Vanderbilt per costruire il suo primo film: Truth, il cui tempo necessario si è reso indispensabile per inaugurare la decima edizione della Festa del Cinema di Roma in corso dal 16 al 24 ottobre 2015 con la direzione artistica di Antonio Monda, Fondazione Cinema per Roma e Piera Detassis.
L'opera prima dello sceneggiatore statunitense è un film controverso e forse troppo lungo. Vero è che sfrutta l’interessante parterre del genere del thriller politico e giornalistico (come Tutti gli uomini del presidente).
Vero è che è interpretato dai premi Oscar® Cate Blanchett e Robert Redford (40 anni dopo). Vero è che non sempre la formule magique è sufficiente a creare interesse, suspence o “Verità” appunto. A dire il vero il tutto sembra un po’ un minestrone riscaldato o una crasi tra Qualcosa di personale e Tutti gli uomini del presidente.
Il film, basato sul romanzo scritto dalla stessa Mary Mapes sulla sua vicenda, ovvero la controversia sui documenti Killian, sembra più che altro il promo di una giornalista e producer a CBS news che, a causa di leggerezza, superficialità o mera incapacità professionale viene giustamente( ?) licenziata. Il film però indaga anche fino a dove i poteri occulti possano spingersi senza che nessuno se ne accorga.
I meccanismi dei media americani nel 2004, in cui è ambientato il film, all’epoca della nuova candidatura di Bush alle elezioni presidenziali e, in particolare quelli della CBS dove lavorava la Mapes con l’anchorman Dan Rather / Redford, svelano una probabile raccomandazione di George Bush dal 1968 al 1974 come pilota della Guardia nazionale del Texas con l'intento di sfuggire all'invio in Vietnam. La messa in onda della puntata di “60 minutes” nonostante fonti non confermate e una generale superficialità porta a un’indagine interna all’emittente e al licenziamento di produttrice e anchorman.
Il film, seppur per certi versi interessante per le dinamiche dei media in relazione al potere e al business, risulta lento, assurdo nel creare un watergate su una raccomandazione?
Forse Vanderbilt dovrebbe venire a girare in Italia dove troverebbe materiale freschissimo e molto più sostanzioso e dove sarebbero tutti da denunciare, arrestare e licenziare, non solo per servizio di leva non svolto, ma anche per raccomandazioni, scontrini fasulli, favoritismi, funerali, mafia etc etc.
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nanni
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giovedì 24 marzo 2016
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truth, il prezzo della verità
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OGGI. Siamo in piena corsa per le presidenziali americane dell'8 novembre prossimo. Solo pochi mesi fa Jeb Bush, (fratello di George), era il candidato di punta dei Repubblicani. IERI. "Truth, il prezzo della verità ci narra come durante le presidenziali del 2004 la redazione di 60 minutes rivelò al paese che l'allora candidato George Bush, poi presidente degli Stati Uniti d'America, grazie a solidissime raccomandazioni, all'età di 20 anni imboscandosi nella Guardia nazionale dell'Aeronautica evitò di finire a fare la guerra vera in Vietnam. Il lavoro della redazione fu allora messo sotto la lente d'ingrandimento da una commissione che valutò inaccettabile lo stile deontologico dei giornalisti e sanzionandolo con l'oblio dall'etere divenne metafora rivelatrice di tutte le differenze tra le due anime più significative del paese in lotta per la giuda della nazione più potente del pianeta.
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OGGI. Siamo in piena corsa per le presidenziali americane dell'8 novembre prossimo. Solo pochi mesi fa Jeb Bush, (fratello di George), era il candidato di punta dei Repubblicani. IERI. "Truth, il prezzo della verità ci narra come durante le presidenziali del 2004 la redazione di 60 minutes rivelò al paese che l'allora candidato George Bush, poi presidente degli Stati Uniti d'America, grazie a solidissime raccomandazioni, all'età di 20 anni imboscandosi nella Guardia nazionale dell'Aeronautica evitò di finire a fare la guerra vera in Vietnam. Il lavoro della redazione fu allora messo sotto la lente d'ingrandimento da una commissione che valutò inaccettabile lo stile deontologico dei giornalisti e sanzionandolo con l'oblio dall'etere divenne metafora rivelatrice di tutte le differenze tra le due anime più significative del paese in lotta per la giuda della nazione più potente del pianeta. Robert Redford, dunque, perfetto come sempre, nei panni del famosissimo conduttore televisivo Dan Rather,con questo lavoro dà il suo personale contributo da attivista schierato all'attuale campagna elettorale nel campo dei democratici. L'ottima la regia di Vanderbilt è impreziosita da una Cate Blanchett stellare come sempre. Film militante. ciao nanni
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bertold
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sabato 27 agosto 2016
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informazione e libertà
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C’è un filone del cinema americano che potremmo definire “catartico”. Vengono sul grande schermo con indulgente ammiccante censura i vizi e difetti culturali, politici e sociali della Grande Nazione. I grandi valori fondanti della società si incarnano nel cittadino qualunque, che da solo od in piccola compagnia si contrappone al Golia del Potere, o peggio ancora dei Poteri Forti tra loro complici e connessi.
Per decenni queste vicende cinematografiche si concludevano in una sorta di logica inversa rispetto alla realtà quotidiana e Davide sconfiggeva Golia o, ad andar male, ne usciva con l’onore delle armi.Nel tempo non è stato più così. Senza volere assolutizzare, un momento determinante è stata certamente la vicenda della guerra in Vietnam.
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C’è un filone del cinema americano che potremmo definire “catartico”. Vengono sul grande schermo con indulgente ammiccante censura i vizi e difetti culturali, politici e sociali della Grande Nazione. I grandi valori fondanti della società si incarnano nel cittadino qualunque, che da solo od in piccola compagnia si contrappone al Golia del Potere, o peggio ancora dei Poteri Forti tra loro complici e connessi.
Per decenni queste vicende cinematografiche si concludevano in una sorta di logica inversa rispetto alla realtà quotidiana e Davide sconfiggeva Golia o, ad andar male, ne usciva con l’onore delle armi.Nel tempo non è stato più così. Senza volere assolutizzare, un momento determinante è stata certamente la vicenda della guerra in Vietnam. Essa non rappresentò solo la prima rilevante disfatta militare, ma mise a dura prova i valori e le certezze umane e sociali, personali e collettive statunitense. Non a caso film sulla guerra vietnamita molto diversi tra loro, quali "Il Cacciatore" ed "Apocalipse nown", realizzati nell’immediatezza della fine del conflitto, sono accomunati da una tragica spirale involutiva disumana e disumanizzante, allucinata ed allucinante. Perciò il ruolo di ogni americano riguardo alla guerra del Vietnam ha avuto un impatto sociale superiore persino alle omologhe vicende della seconda guerra mondiale, che aveva visto protagonista diretta la generazione precedente. Sottrarsi agli obblighi militari tramite raccomandazioni, imboscarsi in corpi formalmente d’élite, ma in effetti ben al di fuori dagli scenari di guerra, ed inoltre eludere persino i più elementari doveri anche di questi rappresenta un handicap di non poco conto per chi nutrisse ambizioni politiche, addirittura alla Presidenza degli Stati Uniti. Di questo è stato accusato G. W. Bush Jr. nel momento culminante della campagna elettorale per il suo secondo mandato presidenziale da un’inchiesta giornalistica della rete televisiva C.B.S.. Il film ricostruisce la vicenda sulla base del libro pubblicato dalla produttrice del servizio, i plausi ed i voltafaccia, sino all’inevitabile scontro con il potere nelle sue convergenze e diramazioni, anche meno immaginabili. Il film non ha tensioni da thriller. L’impostazione è semmai quella della contrapposizione tra buoni e cattivi, dove i primi appaiono sin troppo ingenui, sempre pronti alla lacrima contenuta od al sorriso solidale tra limpidi affetti, mai alla ricerca, né adescati da offerte di sostegno da chi avrebbe avuto certamente ragioni per farlo almeno pari a quelle dei loro avversari. Per loro solo il muto stupore dei colleghi, nessuna solidarietà neanche nascosta, mentre la strategia e lo stesso solidale richiamo “coraggio” appaiono sempre prettamente difensivi. Le loro camicie smanicate, giubbotti, tenuta “quasi yppies” si contrappongono all’omogeneità degli abiti scuri delle loro controparti in controluce, chiusi nella cinica ipocrisia delle logiche di potere. Il film ed il libro vogliono essere anche un omaggio al giornalismo ed una denunzia della scomparsa dell’indipendenza di quello che fu il Quarto potere, pure penalizzato dalla massificazione generalizzata dell’etere e dell’informatica.Due premi nobel, come recita il poster, Cate Blanchett e soprattutto Robert Redford, con un polimorfo atteggiamento sornione, mettono la loro professionalità a servizio del film, diretto con correttezza forse un po’ troppo scolastica da Vanderbilt.
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catcarlo
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giovedì 31 marzo 2016
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la verità, forse
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Nell’anno dell’Oscar a ‘Il caso Spotlight’ esce l’opera prima di James Vanderbilt che, ‘dramma redazionale’ come il film di Tom McCarthy, è forse meno interessante dal punto di vista cinematografico, ma intriga in misura probabilmente maggiore lasciando lo spettatore a chiedersi dove stia sul serio quella verità che la intitola in originale. Vanderbilt preferisce andare sul sicuro e mette per immagini, oltre che scriverla, una sceneggiatura che rispetta i canoni del genere, ma che procede con il giusto ritmo per tenere avvinta l’attenzione lungo quasi tutte le due ore di durata, appesantendosi di qualche ripetizione solo nel segmento finale.
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Nell’anno dell’Oscar a ‘Il caso Spotlight’ esce l’opera prima di James Vanderbilt che, ‘dramma redazionale’ come il film di Tom McCarthy, è forse meno interessante dal punto di vista cinematografico, ma intriga in misura probabilmente maggiore lasciando lo spettatore a chiedersi dove stia sul serio quella verità che la intitola in originale. Vanderbilt preferisce andare sul sicuro e mette per immagini, oltre che scriverla, una sceneggiatura che rispetta i canoni del genere, ma che procede con il giusto ritmo per tenere avvinta l’attenzione lungo quasi tutte le due ore di durata, appesantendosi di qualche ripetizione solo nel segmento finale. Mary Mapes guida una squadra di reporter d’assalto che, basandosi su alcuni documenti di origine incerta, porta sotto i riflettori il modo in cui Bush si imboscò ai tempi del Vietnam: come di prammatica, nell’indagine i passaggi a vuoto si alternano ai momenti di esaltazione laddove i testimoni sono reticenti e gli esperti tentennano, ma infine si va in prima serata con la benedizione (e la faccia) di Dan Rather a poche settimane dalle elezioni del 2004. Qui lo sviluppo giornalistico inizia a scivolare nel dramma senza aggettivi: la dubbia veridicità della documentazione dà il via a una spirale discendente che, mentre va a intaccare la vita privata della protagonista, ne danneggia la professionale fino al ribaltamento dei ruoli durante il giudizio davanti a una commissione incaricata di risolvere la controversia. Alla fine, la CBS, visto pure l’esito del voto, non può esimersi dal licenziamento in blocco, incluso il suo anchorman più amato, in una conclusione che lascia in ogni caso l’amaro in bocca: malgrado si parli spesso dell’esigenza di fare domande e di scoprire la verità costi quel che costi, la vicenda non dà nessuna certezza. La storia è basata sulle memorie di Mary Mapes e quindi non può essere che di parte, seppur la buona fede della donna e dei suoi collaboratori non possa essere messa in dubbio: è comunque vero, però, che in un campo come il giornalismo d’inchiesta, la buona fede non basta se le prove non sono consistenti. Non va dimenticato che la questione ha un impatto diverso se si è statunitensi oppure no: al contrario di un europeo, per cui l’argomento è in minor grado controverso rispetto a ‘Spotlight’, chi vive negli USA sente la faccenda ancora scottante, come dimostrano molti messaggi – a volte parecchio astiosi – su di un sito assai istituzionale come imdb. La recitazione di Cate Blanchett è un ulteriore pezzo di bravura attraverso cui rendere alla perfezione la testardaggine al limite dell’asprezza mischiata alle molte fragilità di Mary: al suo fianco, Redford interpreta da vecchio marpione l’altro vecchio marpione Rather – capace di partecipazione ma anche di distacco – mentre il quasi coetaneo dell’ex Sundance Kid Stacy Keach dà vita a un personaggio ambiguo come il colonnello Burkett. L’anello debole della compagnia è Dennis Quaid, che sembra un po’ in prestito: la sua prova è ben compensata dalla vivacità di Topher Grace e dalle interpretazioni di un cast per il resto impeccabile.
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samanta
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lunedì 24 settembre 2018
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il prezzo dell'ipocrisia
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Il film è del 2015 e si riferisce ad una vicenda del 1968, con cui cerca di mascherare una fake news come un'eroica azione giornalistica la quale è nient'altro che il metodo tipico del c.d. politically correct.
La trama rispecchia un fatto reale, una équipe della CBS (Trasmissione "60 Minutes") nel settembre 2004 in piena campagna elettorale presidenziale Bush- Kerry ripesca un fatto risalente al 1968, l'autrice dello scoop è Mary Maps (Cate Blanchett) l'anchor man della trasmissione è Dan Rather (Robert Redford) famoso giornalista. Secondo questa notizia Bush si sarebbe fatto raccomandare nella Guardia Nazionale Aerea per evitare il Vietnam e venne arruolato come aspirante pilota per 6 anni, inoltre per una anno nel 1973 di fatto non avrebbe fatto nulla dedicandosi ai suoi affari con la complicità dei superiori, il che sarebbe provato da alcune lettere.
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Il film è del 2015 e si riferisce ad una vicenda del 1968, con cui cerca di mascherare una fake news come un'eroica azione giornalistica la quale è nient'altro che il metodo tipico del c.d. politically correct.
La trama rispecchia un fatto reale, una équipe della CBS (Trasmissione "60 Minutes") nel settembre 2004 in piena campagna elettorale presidenziale Bush- Kerry ripesca un fatto risalente al 1968, l'autrice dello scoop è Mary Maps (Cate Blanchett) l'anchor man della trasmissione è Dan Rather (Robert Redford) famoso giornalista. Secondo questa notizia Bush si sarebbe fatto raccomandare nella Guardia Nazionale Aerea per evitare il Vietnam e venne arruolato come aspirante pilota per 6 anni, inoltre per una anno nel 1973 di fatto non avrebbe fatto nulla dedicandosi ai suoi affari con la complicità dei superiori, il che sarebbe provato da alcune lettere. Viene fatta la trasmissione televisiva, ma scoppia un putiferio, alcuni documnti sono falsi uno addirittura del 1973 è scritto con un computer e non con una macchina da scrivere, i documenti sono stati dati da un ex ufficiale che ce l'aveva con i Bush e che dice (sono copie) di averli avuti da una persona inesistente, durante la trasmissione cambierà versione raccontando una storia senza capo ne coda di persone misteriose che gli hanno dato i documenti. Viene citato un perito calligrafico da operetta che pur ammettendo che la firma dell'ufficiale nel documento è molto diversa dall'originale, afferma che le differenze possono essere dovute a stress emotivo(!). Viene interrogato il politico che aveva raccomandato Bush. ma viene tagliato nella trasmissione che lui aveva raccomandato in quel periodo centinaia di persone e che molte delle sue raccomandazioni non erano state accolte. In conclusione aperta un'inchiesta interna la CBS chiede scusa e tutti i membri del team licenziati, mentre Dan Rather è mandato in pensione. La cosa più incredibile che quando si fa la trasmissione erano ormai venute a galla le bugie di Bush sulle armi di distruzione di massa e i legami inesistenti tra Saddam e Osama che stavano alla base di una guerra all'IRAK costata la morte di 5000 americani e di 200.000 irakeni. Però i nostri eroici giornalisti non avevano voluto attaccare le lobby industriali delle armi, petrolifere , le lobby fondamentaliste evangeliche, israeliane che erano favorevoli alla guerra per motivi economici o ideologici, ma avevano voluto essendo liberal dare un assist al candidato Kerry a cui sotto sotto avevano dato informazioni dell'inchiesta. Quanto al film in sé è piuttosto piatto riesce ben poco credibile l'eroicità dei giornalisti, Redford non recita, ma fa recitare la sua statua, quanto a Cate Blanchett piange in continuazione. Più avveduti gli spettatori americani il film costato 10 milioni di $ ne ha incassati un quarto.
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rongiu
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venerdì 18 marzo 2016
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truth and duty
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Quante persone pensano che questo film possa essere importante?
Dan Rather, \ Robert Redford / (famoso conduttore di 60 Minutes) e successore di Walter Cronkite considerato in America come l'uomo più “veritiero” per coraggio e spessore professionale (assieme al produttore della CBS News Mary Mapes\ Cate Blanchett /), nel settembre 2004 rendono pubblica quella che secondo loro è una condotta non troppo integra di George W. Bush; il quale per evitare il Vietnam, entra nella Guardia nazionale. Il tutto, approfittando del potere che la sua famiglia esercita nel paese. Guardia nazionale, per altro, successivamente abbandonata.
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Quante persone pensano che questo film possa essere importante?
Dan Rather, \ Robert Redford / (famoso conduttore di 60 Minutes) e successore di Walter Cronkite considerato in America come l'uomo più “veritiero” per coraggio e spessore professionale (assieme al produttore della CBS News Mary Mapes\ Cate Blanchett /), nel settembre 2004 rendono pubblica quella che secondo loro è una condotta non troppo integra di George W. Bush; il quale per evitare il Vietnam, entra nella Guardia nazionale. Il tutto, approfittando del potere che la sua famiglia esercita nel paese. Guardia nazionale, per altro, successivamente abbandonata. Ma, cosa succede dietro le quinte di tutta questa storia? Cosa interessa di più alla gente? La storia reale o l’eventuale caduta vertiginosa di Dan Rather e Mary Mapes? I grandi media tradizionali si concentrano solo sulla punta o sull’intero iceberg? I documenti sono autentici? Per l’americano medio, non è tanto importante la verità della storia quanto piuttosto iniziare un processo mediatico contro gli autori della “bomba editoriale”. Dan Rather, notoriamente chiamato \ “coraggio” / viene spinto sempre più verso il basso, Mary Mapes è distrutta e il Quarto Stato diventa lo strumento della corporatocrazia alla ricerca del profitto. Questo film ci porta la "verità" sul perché questo paese e suoi cittadini sono diventati ignoranti e disinformati.
Film brillantemente recitato e scritto ed uno dei più importanti dell'ultimo mezzo secolo. Ma quanti se ne accorgeranno?
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lbavassano
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domenica 20 marzo 2016
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fuori dai canoni del genere, ma sotto la media
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Considerato il genere, giornalistico, in cui il cinema statunitense generalmente eccelle, mi ha abbastanza deluso. Colpa di una storia che eccede in dettagli, sicuramente preziosi appunto dal punto di vista giornalistico, molto meno da quello cinematografico. Colpa di una sceneggiatura che probabilmente avrebbe tratto giovamento da un maggiore coraggio nel tagliare, a favore del ritmo narrativo. Colpa di personaggi, soprattutto quelli secondari, ma in parte anche i principali, debolmente messi a fuoco.
Storia difficile da raccontare però, in quanto storia di una sconfitta, laddove il genere canonicamente prevede la vittoria, pur fra difficoltà apparentemente insuperabili, di verità e giustizia, e che proprio dalla vittoria su tali ostacoli trae gran parte della propria forza.
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Considerato il genere, giornalistico, in cui il cinema statunitense generalmente eccelle, mi ha abbastanza deluso. Colpa di una storia che eccede in dettagli, sicuramente preziosi appunto dal punto di vista giornalistico, molto meno da quello cinematografico. Colpa di una sceneggiatura che probabilmente avrebbe tratto giovamento da un maggiore coraggio nel tagliare, a favore del ritmo narrativo. Colpa di personaggi, soprattutto quelli secondari, ma in parte anche i principali, debolmente messi a fuoco.
Storia difficile da raccontare però, in quanto storia di una sconfitta, laddove il genere canonicamente prevede la vittoria, pur fra difficoltà apparentemente insuperabili, di verità e giustizia, e che proprio dalla vittoria su tali ostacoli trae gran parte della propria forza. Storia dichiaratamente nata allo scopo di giustificare una sconfitta, e la verità, in questi casi, necessita dei minuti dettagli per essere credibile, per essere autentica, per non risultare pregiudizialmente ideologica e non scadere in una banale, generica teoria del complotto.
Difficile da digerire però il finale pistolotto retorico di Robert Redford, questo sì succube dei più banali stereotipi (per fortuna i titoli di coda rendono giustizia anche al suo personaggio).
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elgatoloco
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sabato 22 settembre 2018
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francamente marginale
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"Truth"(2015, di James Vanderbilt, regia, come anche soggetto e sceneggiatura)si incentra sulla volontà della CBS di dimostrare che l'allora(10 anni prima, 2005) presidente USA George BUSH non era stato in Vietnam ma nella"Guardia Nazionale"per "scampare"alla guerra. Ora, francamente , si tratta di un episodio che interessa al massimo gli States, non tutto il mondo; è la solita morale"WASP"vigente negli States per cui la cosa più grave è la menzogna: nobile, ma spesso inconcludente, comunque una questione che non interessa tutto il mondo, a dire la(mi scuso per il gioco di parole, su"Truth")verità.
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"Truth"(2015, di James Vanderbilt, regia, come anche soggetto e sceneggiatura)si incentra sulla volontà della CBS di dimostrare che l'allora(10 anni prima, 2005) presidente USA George BUSH non era stato in Vietnam ma nella"Guardia Nazionale"per "scampare"alla guerra. Ora, francamente , si tratta di un episodio che interessa al massimo gli States, non tutto il mondo; è la solita morale"WASP"vigente negli States per cui la cosa più grave è la menzogna: nobile, ma spesso inconcludente, comunque una questione che non interessa tutto il mondo, a dire la(mi scuso per il gioco di parole, su"Truth")verità.... Ben strutturato, nobile(a modo suo, nel proposito), è invece un film abbastanzaa noioso, incentrato sulla sola dimensione televisva(Marshall Mc Luhan sorride...), privo di altri agganci al di fuori della questione specifica"demonstranda"-quasi che il volersi sottrarre al(più che discutibile)"obbliogo patriotttico" da"make the war"fosse e sia la cosa più importante al mondo. Sembra che, invece, la volontà guerrafondaia di Bush(ma anche di altri presidenti USA-vedasi Clinton...)sia meno importante, meno significativa, cosa, francamente assurda. Siamo lontani(pur nella sostanziale onestà ,partigiana però, da"Democratic Party")da altri film "storici"(penso a Alan Pakula e al suo"All the President's men", 1976)che denunciavano il ruolo dei presidenti degli States, collocandoci invece in una dimensione assolutamente e radicalmente"marginale"della storia, di per sé, appunto, discutibile. Peccato ci siano di mezzo Bob Redfrod(a propoosito del film citato sopra), Cate Blanchett, Dennis Quaid e altri/e, coinvolti/e in un'impresa nobile ma, invero, sostanzialmente inutie...reakuzzazione tecnica valida, tesi da dimostrare di poco conto.. E il cinema è anche di significati, non solo di significanti... El Gato
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onufrio
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giovedì 20 aprile 2017
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la verità ti fa male, lo so
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A pochi mesi dalle elezioni americane che vede impegnato il Presidente in carica Bush a riconfermarsi al potere degli Stati Uniti d'America, il network televisivo CBS manda in onda una sorta di documentario investigativo sulle origini militari di Bush ai tempi della guerra in Vietnam. Il servizio, che suscita scalpore, è meticolosamente curato dalla giornalista Mary Mapes (C.Blanchett) in collaborazione con un gruppo affiatato di colleghi fra cui spicca il veterano Dan Rather (R.Redford) storico conduttore del programma. Allo scalpore iniziale susseguono polemiche sull'autenticità di alcune fonti, inizia così una complessa battaglia linguistica e legale che porterà i conti da pagare per un salato "prezzo della verità".
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A pochi mesi dalle elezioni americane che vede impegnato il Presidente in carica Bush a riconfermarsi al potere degli Stati Uniti d'America, il network televisivo CBS manda in onda una sorta di documentario investigativo sulle origini militari di Bush ai tempi della guerra in Vietnam. Il servizio, che suscita scalpore, è meticolosamente curato dalla giornalista Mary Mapes (C.Blanchett) in collaborazione con un gruppo affiatato di colleghi fra cui spicca il veterano Dan Rather (R.Redford) storico conduttore del programma. Allo scalpore iniziale susseguono polemiche sull'autenticità di alcune fonti, inizia così una complessa battaglia linguistica e legale che porterà i conti da pagare per un salato "prezzo della verità".
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