Advertisement
I miei giorni più belli, un film proustiano

Il film di Desplechin è uno dei casi più eclatanti di critica letteraria trasformata in azione estetica.
di Roy Menarini

Impostazioni dei sottotitoli

Posticipa di 0.1s
Anticipa di 0.1s
Sposta verticalmente
Sposta orizzontalmente
Grandezza font
Colore del testo
Colore dello sfondo
0:00
/
0:00
Caricamento annuncio in corso
domenica 26 giugno 2016 - Focus

Esiste uno spazio per il cinema di Arnaud Desplechin oggi? La domanda non deve apparire peregrina visto che è così difficile distribuire i suoi film in Italia - e bisogna essere felici della presenza in sala del suo ultimo e vorticoso I miei giorni più belli. Si tratta di un cinema (e di un cineasta) che fa dell'assorbimento emotivo e della fabulazione verbale la sostanza stessa della sua arte. Nella produzione contemporanea, l'opera di Desplechin non somiglia a nessun'altra, perché rifiuta sia la dimensione contemplativa dello "scolpire il tempo" di tanto cinema del reale di oggi, sia la medietà della produzione francese "borghese" fatta di dialoghi, osservazione del personaggio, arco di trasformazione dei caratteri.
I suoi personaggi sono continuamente avvolti in una ragnatela di emozioni, affetti, incertezze, contraddizioni, che tendono verso un assoluto di sé stessi cui la vita sottrae qualsiasi stabilità. Il ricorso a diverse voci narranti, e a una composizione polifonica del racconto (anche quando esso si concentra su due soli personaggi, come nel caso del ricordo più lungo dei tre narrati nel film), significa, in Desplechin, continuare a guardarsi dentro mentre ci si guarda da fuori cercando un impossibile equilibrio. Il ricordo ("Je me souviens") esiste di solito per ragionare a freddo e più razionalmente su quanto si è vissuto. E invece i ricordi di Trois Souvenirs...sono intatti nel loro inafferrabile scorrere.

Ha senso oggi un film come I miei giorni più belli? C'è spazio per Proust o non se ne può più del modernismo? Interessa solamente i fan del cinema d'autore duro e puro (ancora Truffaut, ancora Eustache...) o può superare i confini della nicchia radicale?
Roy Menarini

E, visto quanto è interessato al concetto di flusso di vita e di coscienza, Desplechin si indirizza per I miei giorni più belli ai santi numi del modernismo letterario, come Joyce e Proust. Ma se il nome del protagonista, Paul Dedalus, richiama fin troppo esplicitamente il primo dei due romanzieri, bisogna dire che il film è totalmente, intimamente proustiano, anzi è uno dei casi più eclatanti di critica letteraria trasformata in azione estetica.
Il rapporto tra Proust e il cinema, notoriamente, è stato conflittuale e per forza di cose irrisolto. Poi arriva un regista come Desplechin e intuisce come si può fare un film proustiano identificando nel cinema i mezzi possibili e necessari per poter almeno immaginare una ricerca del tempo perduto contemporanea. In modo quasi miracoloso, I miei ricordi più belli cuce un tessuto di ricordi profondamente narrativi, di sensazioni che si sciolgono in un incessante dialogare, di svolte che sono al tempo stesso clamorose e sottaciute, di viaggi in giro per il mondo, che sfiorano il romanzesco e persino lo spionistico e poi tornano nuovamente all'intimo e allo spazio di una stanza. Impossibile sbrogliare questa matassa da un punto di vista meramente analitico, anche se il film è suddiviso in tre parti diseguali ma chiaramente riconoscibili.


CONTINUA A LEGGERE

{{PaginaCaricata()}}

Home | Cinema | Database | Film | Calendario Uscite | MYMOVIESLIVE | Dvd | Tv | Box Office | Prossimamente | Trailer | Colonne sonore | MYmovies Club
Copyright© 2000 - 2024 MYmovies.it® - Mo-Net s.r.l. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale. P.IVA: 05056400483
Licenza Siae n. 2792/I/2742 - Credits | Contatti | Normativa sulla privacy | Termini e condizioni d'uso | Accedi | Registrati