Viaggio interiore alla ricerca della propria identità sessuale.
The Danish Girl, film presentato in concorso alla Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia il 5 settembre 2015, è ispirato alla vita dei pittori danesi Einer Wegener e Gerda Wanda, sua moglie. Gerda, spirito libero, anticonformista, pittrice alla ricerca di un soggetto che ispiri il nuovo modello di donna che si affaccia sulla scena sociale intorno agli Anni 20’, in assenza di una modella, fa posare il marito con abiti femminili, e rimane colpita dalla forza misteriosa di quel volto, interpretazione androgina della femminilità. Einer, pittore sensibile e introverso, scopre così la sua vera natura, ricostruisce i suoi tentavi passati di metterla a tacere e comincia ad avvertire nelle pose e negli abiti femminili un turbamento compiaciuto tanto da non poterne fare più a meno , sentendosi donna dentro. La pittrice accompagna il marito nel percorso di liberazione da dubbi, condizionamenti esteriori, senso di colpa, anche a scapito del loro rapporto di coppia, fino alla decisione di un intervento chirurgico, il primo nella storia della medicina, che porterà Einer a diventare donna anche fisicamente, dopo la trasformazione psichica. Tema quanto mai delicato che il regista, Tom Hooper, ha saputo rendere con eleganza, mantenendo sempre alto il livello espressivo, ancor più di quello narrativo. Il film è il racconto di un viaggio interiore alla ricerca della propria identità sessuale, nella progressiva consapevolezza che il corpo è una gabbia che imprigiona. E’ il racconto del coraggio di una donna sincera, appassionata fino alla devozione che , per amore, quello vero, quello dell’anima, che è incondizionato e non si risolve nel rapporto sessuale, lascia libero colui che ama pur rimanendogli accanto. E’ il racconto di una tenera e intensa storia d’amore e della sofferenza di chi si sente estraneo al proprio corpo e alla propria mente. Il racconto si risolve però soprattutto attraverso le immagini. Primi piani del protagonista, E.Redmayne, sguardi bassi, sfuggenti, pose manierate, sorriso pudico e sommesso, e della protagonista femminile, Alicia Vikander,intensamente drammatica, che attraverso le sue tele esprime l’incorporeità delle sue figure. Curate nel dettaglio la ricostruzione storica , i costumi, la fotografia ( Paco Delgado), le musiche (A. Desplat), la direzione degli attori. Stilisticamente sofisticato, a tratti pittorico, il film, pur nel rispetto della tradizione , come è nello stile di questo regista, riesce , in maniera pregievole, a far entrare lo spettatore nella vicenda, altalenante tra il melodramma e la tragedia umana.
Viaggio interiore alla ricerca della propria identità sessuale.
The Danish Girl, film presentato in concorso alla Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia il 5 settembre 2015, è ispirato alla vita dei pittori danesi Einer Wegener e Gerda Wanda, sua moglie. Gerda, spirito libero, anticonformista, pittrice alla ricerca di un soggetto che ispiri il nuovo modello di donna che si affaccia sulla scena sociale intorno agli Anni 20’, in assenza di una modella, fa posare il marito con abiti femminili, e rimane colpita dalla forza misteriosa di quel volto, interpretazione androgina della femminilità. Einer, pittore sensibile e introverso, scopre così la sua vera natura, ricostruisce i suoi tentavi passati di metterla a tacere e comincia ad avvertire nelle pose e negli abiti femminili un turbamento compiaciuto tanto da non poterne fare più a meno , sentendosi donna dentro. La pittrice accompagna il marito nel percorso di liberazione da dubbi, condizionamenti esteriori, senso di colpa, anche a scapito del loro rapporto di coppia, fino alla decisione di un intervento chirurgico, il primo nella storia della medicina, che porterà Einer a diventare donna anche fisicamente, dopo la trasformazione psichica. Tema quanto mai delicato che il regista, Tom Hooper, ha saputo rendere con eleganza, mantenendo sempre alto il livello espressivo, ancor più di quello narrativo. Il film è il racconto di un viaggio interiore alla ricerca della propria identità sessuale, nella progressiva consapevolezza che il corpo è una gabbia che imprigiona. E’ il racconto del coraggio di una donna sincera, appassionata fino alla devozione che , per amore, quello vero, quello dell’anima, che è incondizionato e non si risolve nel rapporto sessuale, lascia libero colui che ama pur rimanendogli accanto. E’ il racconto di una tenera e intensa storia d’amore e della sofferenza di chi si sente estraneo al proprio corpo e alla propria mente. Il racconto si risolve però soprattutto attraverso le immagini. Primi piani del protagonista, E.Redmayne, sguardi bassi, sfuggenti, pose manierate, sorriso pudico e sommesso, e della protagonista femminile, Alicia Vikander,intensamente drammatica, che attraverso le sue tele esprime l’incorporeità delle sue figure. Curate nel dettaglio la ricostruzione storica , i costumi, la fotografia ( Paco Delgado), le musiche (A. Desplat), la direzione degli attori. Stilisticamente sofisticato, a tratti pittorico, il film, pur nel rispetto della tradizione , come è nello stile di questo regista, riesce , in maniera pregievole, a far entrare lo spettatore nella vicenda, altalenante tra il melodramma e la tragedia umana.
Viaggio interiore alla ricerca della propria identità sessuale.
The Danish Girl, film presentato in concorso alla Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia il 5 settembre 2015, è ispirato alla vita dei pittori danesi Einer Wegener e Gerda Wanda, sua moglie. Gerda, spirito libero, anticonformista, pittrice alla ricerca di un soggetto che ispiri il nuovo modello di donna che si affaccia sulla scena sociale intorno agli Anni 20’, in assenza di una modella, fa posare il marito con abiti femminili, e rimane colpita dalla forza misteriosa di quel volto, interpretazione androgina della femminilità. Einer, pittore sensibile e introverso, scopre così la sua vera natura, ricostruisce i suoi tentavi passati di metterla a tacere e comincia ad avvertire nelle pose e negli abiti femminili un turbamento compiaciuto tanto da non poterne fare più a meno , sentendosi donna dentro. La pittrice accompagna il marito nel percorso di liberazione da dubbi, condizionamenti esteriori, senso di colpa, anche a scapito del loro rapporto di coppia, fino alla decisione di un intervento chirurgico, il primo nella storia della medicina, che porterà Einer a diventare donna anche fisicamente, dopo la trasformazione psichica. Tema quanto mai delicato che il regista, Tom Hooper, ha saputo rendere con eleganza, mantenendo sempre alto il livello espressivo, ancor più di quello narrativo. Il film è il racconto di un viaggio interiore alla ricerca della propria identità sessuale, nella progressiva consapevolezza che il corpo è una gabbia che imprigiona. E’ il racconto del coraggio di una donna sincera, appassionata fino alla devozione che , per amore, quello vero, quello dell’anima, che è incondizionato e non si risolve nel rapporto sessuale, lascia libero colui che ama pur rimanendogli accanto. E’ il racconto di una tenera e intensa storia d’amore e della sofferenza di chi si sente estraneo al proprio corpo e alla propria mente. Il racconto si risolve però soprattutto attraverso le immagini. Primi piani del protagonista, E.Redmayne, sguardi bassi, sfuggenti, pose manierate, sorriso pudico e sommesso, e della protagonista femminile, Alicia Vikander,intensamente drammatica, che attraverso le sue tele esprime l’incorporeità delle sue figure. Curate nel dettaglio la ricostruzione storica , i costumi, la fotografia ( Paco Delgado), le musiche (A. Desplat), la direzione degli attori. Stilisticamente sofisticato, a tratti pittorico, il film, pur nel rispetto della tradizione , come è nello stile di questo regista, riesce , in maniera pregievole, a far entrare lo spettatore nella vicenda, altalenante tra il melodramma e la tragedia umana.
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