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Suite francese, Michelle Williams romantica

Intervista al regista Saul Dibb. Dal 12 marzo in sala.
di Marianna Cappi

In foto i due attori protagonisti del film, Michelle Williams e Matthias Schoenaerts.
Michelle Williams (Michelle Ingrid Williams) (43 anni) 9 settembre 1980, Kalispell (Montana - USA) - Vergine. Interpreta Lucile Angellier nel film di Saul Dibb Suite Francese.

venerdì 13 marzo 2015 - Incontri

Mentre il suo film incontra il pubblico italiano, il regista di Suite francese, l'inglese Saul Dibb, ci concede un'esclusiva intervista telefonica nella quale racconta la genesi del film e le scelte fatte in materia di adattamento, colonna sonora e casting.

Good afternoon, Mr Dibb, and thank you for your time. Può dirci com'è entrato in contatto con il romanzo di Irène Némirovsky, se l'idea di un adattamento viene da lei o se è stato contattato da altri e, in questo caso, perché ha scelto di fare questo film piuttosto che un altro?
Sono stato contattato dal produttore di TF1 Romain Bremond, che aveva i diritti del libro. Poiché si trattava di un bestseller internazionale, volevano un adattamento del libro che avesse un appeal mondiale e per questo mi hanno cercato, per un adattamento in lingua inglese. Io possedevo il libro, ma non lo avevo ancora letto. Quando l'ho letto, sono rimasto molto colpito dalla potenza e dall'immediatezza della storia, dal fatto che si trattasse di un romanzo sulla guerra scritto nel momento stesso in cui quei fatti stavano accadendo, che raccontava l'esperienza della guerra dal punto di visti dei civili, in particolare delle donne, e delle diverse classi sociali. Mi sono sentito fortunato perché conteneva così tanti temi importanti, era una storia molto umana, e poi quello che è accaduto a Irène amplifica enormemente l'importanza del libro. Dunque per me è stato molto facile dire: "Sì, voglio fare questo adattamento", adattarlo è stato un altro paio di maniche.

È stato un lavoro più arduo del previsto? Come si è comportato rispetto al fatto che si tratta di un romanzo incompiuto?
È un romanzo importante ed è, appunto, un romanzo tragicamente incompleto. L'autrice ha finito solo due parti delle cinque che aveva progettato e anche quelle due parti sono prime versioni e non sono collegate tra loro in termini di personaggi e di eventi. Dunque è stata una sfida, ma allo stesso tempo mi è stato subito chiaro che c'era un solo modo possibile di procedere e cioè prendere per base del racconto intero il secondo movimento ("Dolce") e far accadere agli abitanti di Bussy gli eventi del primo, "Temporale in giugno". Solo così sarebbe stato possibile veicolare il senso di panico, di umiliazione, di caduta sociale descritti nel libro, ma dal punto di vista della gente della cittadina.

Ha avvertito la responsabilità di mettere la parola fine là dove la Nemirovsky non aveva avuto modo e tempo di farlo?
Riguardo al finale, sono stato aiutato dal fatto che, oltre alle due parti del romanzo, l'autrice aveva scritto anche una nota estesa su cosa pianificava di fare nel seguito dei capitoli e questo mi ha fornito la chiave per dare al film più di un finale. Credo che anche il finale del film sia aperto, in un certo senso. Ma ho ritenuto importante mostrare quanto è accaduto poi con la guerra, perché lei lo avrebbe scritto, prevedeva già che la parte a seguire sarebbe stata meno pacifica. "Dolce" è ambientato agli albori dell'occupazione tedesca, poi però i Tedeschi sarebbero diventati molto meno innocui.

Quanto è importante per lei partecipare alla scrittura della sceneggiatura?
Ho sempre collaborato alla sceneggiatura dei miei film, ma non perché mi piaccia, lo trovo un lavoro molto duro, semplicemente mi è indispensabile per ottenere il miglior risultato possibile. D'altronde, c'è molta regia già nella scrittura.

Suite francese prende le distanze da La duchessa, film che era a sua volta lontano dal suo esordio nel cinema di finzione, Bullet Boy. Eppure in tutti e tre i casi c'è una componente impegnata negli argomenti che sceglie di trattare. È importante per lei che il soggetto del film che sceglie di fare sia socialmente impegnato?
Sì, perché concepisco il mio lavoro come finalizzato a trovare una connessione con il pubblico, non parlo a me stesso. Ho fatto documentari per tanto tempo e mi è rimasto il bisogno di trattare soggetti veri, che significhino qualcosa, che siano cioè politici, anche se non con la P maiuscola.

E riguardo ai cambiamenti di stile tra le tre pellicole?
Credo che Suite francese si collochi a metà strada tra La duchessa e Bullet Boy, specie per via del realismo. Abbiamo usato più luce naturale possibile, e ambienti reali. Ci premeva che tutto apparisse il più vero possibile. E qui c'è ancora più immediatezza rispetto a Bullet Boy.

La musica ha chiaramente un ruolo maggiore nel film, perché rappresenta il primo contatto tra Lucile e Bruno, l'ufficiale tedesco. Che tipo di richiesta ha fatto al compositore al momento di inserirla nel film?
I musicisti che hanno lavorato al film sono due. Alexandre Desplat, di cui tutti conosciamo il talento, ha composto la partitura che suona Bruno, quella che abbiamo chiamato Suite francese. La sua idea era molto chiara al riguardo: voleva creare un brano indipendente, un pezzo di musica classica che potesse essere stato composto nel 1940 da un compositore tedesco. Non voleva che avesse a che fare con il resto della colonna sonora, ma solo che fosse del tutto credibile, e io ero assolutamente d'accordo con lui. La colonna sonora ha un'altra identità ed è stata creata da un nome nuovissimo, Rael Jones, che ha lavorato sia a partire dal pezzo di Desplat, per costruire il tema del film, declinandolo in diverse melodie e diversi ritmi, che al resto della musica del film. L'importante per noi è che ci fosse tensione nelle sequenze romantiche e romanticismo nelle sequenze di tensione. Ci sono queste due anime nella colonna sonora, quella che rappresenta la guerra e quella che rappresenta l'amore, e non sono mai separate ma sempre mescolate tra loro. Credo che il giovane Rael, con questo primissimo film, dimostri già tutta la sua bravura.

Si è mai posto la questione della lingua del film? Ha mai considerato di girare nel francese rurale del luogo in cui il film è ambientato?
Il fatto di girare in inglese non è stata una mia scelta, era una decisione già presa. Ovviamente mi sarebbe piaciuto girare in francese, per essere il più autentico possibile, ma questo è un film molto costoso, una storia francese che parla a tutto il mondo e che per raggiungere tutto il mondo doveva essere in inglese. Quando ho visto Il pianista di Polanski non ho avuto l'impressione che fosse compromesso dal fatto che gli attori parlavano inglese e tedesco anziché polacco e tedesco. Se racconti la storia nel modo giusto, puoi farlo anche in una lingua che non è la lingua originale del testo. In fondo, noi non insistiamo perché Shakespeare venga messo in scena per forza in inglese nel resto del pianeta. E io non avevo letto il libro in francese, ma in inglese. A volte, mi pare che diventiamo troppo puristi riguardo ai film, più di quanto non facciamo con i libri o il teatro.

In Italia, per giunta, il film circolerà doppiato, come è prassi.
Lo so...

Ha pensato da subito ai tre protagonisti o ha fatto dei provini per trovarli?
Michelle e Kristin mi sono sembrate perfette da subito. Erano le migliori per quella parte, per quello che possiedono già di loro: la sensibilità, in Michelle, e la durezza che Kristin sembra avere ma che divide con un'evidente vulnerabilità di fondo. Trovare il giusto Bruno non è stato altrettanto facile. Volevo un tedesco che parlasse tedesco, non uno scandinavo o qualcuno che parlasse un'altra lingua. Ma quando ho visto Un sapore di ruggine e ossa ho pensato che doveva essere Matthias Schoenaerts, lui e solo lui. È fiammingo, ma è molto portato le lingue: per lui non è stato difficile recitare in tedesco, e noi lo abbiamo aiutato circondandolo di attori tedeschi.

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