Sky

Film 2015 | Drammatico +13 100 min.

Regia di Fabienne Berthaud. Un film con Diane Kruger, Norman Reedus, Lena Dunham, Gilles Lellouche, Q'Orianka Kilcher. Cast completo Genere Drammatico - Francia, Germania, 2015, durata 100 minuti. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 - MYmonetro 2,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento venerdì 7 aprile 2017

Diane Kruger e Gilles Lellouche sono i protagonisti di una storia on the road. Dove la forza dell'amore scombina tutti i piani.

Consigliato nì!
2,25/5
MYMOVIES 1,50
CRITICA
PUBBLICO 3,00
CONSIGLIATO NÌ
Una donna francese si perde e si ritrova tra l'America rurale del Nevada e la brillante Las Vegas.
Recensione di Andrea Fornasiero
venerdì 7 aprile 2017
Recensione di Andrea Fornasiero
venerdì 7 aprile 2017

Una coppia francese attraversa l'America a tempo di rock, ma non fa in tempo a finire la musica che il marito Richard si rivela annoiato e pure irritato dall'essere respinto dalla moglie Romy. Così una sera, in un paesino in mezzo al deserto, fa il cretino al bar e poi raggiunge la donna a letto. È ubriaco e non accetta l'ennesimo rifiuto, così lei si difende come può, usando l'abat-jour come un clava. Temendo di aver ucciso il marito, Romy si dà alla fuga e ha un incubo che lascia intuire un trauma passato, probabile causa del raffreddamento dei rapporti di coppia. Il suo breve percorso sulle strade d'America finisce a Las Vegas, dove s'invaghisce di un cowboy, che però va a letto solo con le prostitute e non crede nell'amore.

L'ambientazione on the road e l'inizio da thriller si risolvono presto in un ben più stanziale mélo, dove una donna francese cerca di ricominciare la propria vita, ma la libertà che dichiara di aver trovato dall'amore le si ritorce contro.

Al suo terzo lungometraggio, la regista Fabienne Berthaud continua a collaborare come nei film precedenti con Diane Kruger, questa volta attorniata da un cast di livello a partire dal marito e dall'amante, incarnati da Gilles Lellouche e dal Norman Reedus di The Walking Dead, inoltre anche quasi tutti gli altri comprimari sono volti noti come Lena Dunham, qui in versione zotica del Nevada, Joshua Jackson nei panni di un detective molto gentile e Q'orianka Kilcher, la Pocahontas di Malick, nelle vesti di una indiana che gestisce una tavola calda.

Tutto questo però non basta a sostenere un film slabbrato, che vorrebbe essere d'autore ma scivola negli stereotipi con disarmante facilità. Il marito francese arrogante deve rivelarsi violento per giustificare la fuga della protagonista, mentre il cowboy è il tizio forte e silenzioso da manuale, segnato però da una tosse che fa subito intuire le ragioni del suo rifiuto per l'amore. Gli zotici si comportano da white trash, pigri e disinteressati alla propria salute oltre che così pezzenti da portarsi a casa decine di latte di carne in scatola scaduta. L'indiana invece è l'equivalente moderno della buona selvaggia, con tanto di donna sciamana che sa interpretare i sogni e vedere il futuro. La ballerina di Las Vegas poi è una mezza tossica che ha reazioni esagerate, sia in senso di generosità sia nel diventare vendicativa per quello che avverte come un tradimento ma in realtà è cosa davvero da poco.

L'unico personaggio un minimo inatteso è il detective gentile, anche troppo considerata la situazione, ma del resto che sia così buono è necessario al cambio di registro del film e in ogni caso è poco influente visto che appare in una sola scena. Altro elemento inaspettato è la questione dell'uranio impoverito a segnare la salute dei reduci, ma la scena in cui se ne parla è una di quelle meno credibili, come se la regista volesse riportare più un articolo di giornale che non dare voce a un personaggio reale. Sky è dunque un pasticcio sulla terra delle seconde opportunità che racconta un viaggio iniziato per turismo con la stessa profondità di una turista. La Kruger incarna una donna inizialmente algida e fragile, che dopo aver vissuto momenti di terrore si sente finalmente libera e leggera, ma solo per ricadere immediatamente in una nuovo legame. La sua emancipazione dura pochissimo e il senso della sua vita torna a identificarsi con il più ovvio dei ruoli femminili. Risulta invece convincente la fotografia, che restituisce su schermo ambienti polverosi come il deserto, luccicanti come le notti di Las Vegas, o squallidi come i motel sulle lunghe strade statali. Non c'è però una regia adeguata a guidarla, mancano infatti idee forti di messa in scena e tutto si riduce alla direzione degli attori, nella speranza che bastino a bucare lo schermo. Ma con personaggi scritti così ci sarebbe voluto ben di più di Diane Kruger o Norman Reedus.

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