vincenzo ambriola
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domenica 6 marzo 2016
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uscire e vivere
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Jack e Ma' vivono reclusi in una stanza. Jack ha cinque anni, sua madre Ma' ne ha 25. Da sette anni Ma' è prigioniera di un orco che l'ha rapita, messa incinta e segregata. Non è dato sapere perché l'ha fatto. E' così e basta. Jack e Ma' riescono a uscire dalla stanza e il mondo li accoglie con la sua normalità, molto anormale per chi ha vissuto cinque anni in una stanza. Per entrambi sarà un percorso lento e difficile, di scoperta e di accettazione. Film che colpisce dritto allo stomaco, che non da tregua fino a rendere quasi impossibile la visione di una tale crudeltà. Ma poi la tensione si allenta e ci si ritrova a riflettere sul significato metaforico della stanza, della libertà recuperata, del mondo da scoprire.
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Jack e Ma' vivono reclusi in una stanza. Jack ha cinque anni, sua madre Ma' ne ha 25. Da sette anni Ma' è prigioniera di un orco che l'ha rapita, messa incinta e segregata. Non è dato sapere perché l'ha fatto. E' così e basta. Jack e Ma' riescono a uscire dalla stanza e il mondo li accoglie con la sua normalità, molto anormale per chi ha vissuto cinque anni in una stanza. Per entrambi sarà un percorso lento e difficile, di scoperta e di accettazione. Film che colpisce dritto allo stomaco, che non da tregua fino a rendere quasi impossibile la visione di una tale crudeltà. Ma poi la tensione si allenta e ci si ritrova a riflettere sul significato metaforico della stanza, della libertà recuperata, del mondo da scoprire. E ci si rende conto che siamo tutti in una stanza, chiusi in un recinto di idee, pregiudizi, ricatti e tormenti. Liberi di uscirne, questo sì, ma prigionieri di noi stessi. Allora si scopre che Jack non è solo "il figlio" ma è la ragione per andare avanti, per resistere, per accettare l'inaccettabile perché il futuro è sempre davanti che ci aspetta con le sue dolci promesse. Questa stessa ragione che darci la forza di uscire dalla nostra stanza e di continuare a vivere anche dopo. Perché il vero messaggio del film è questo: ci vuole forza per uscire, ma ce ne vuole molta di più dopo essere usciti.
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irene
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domenica 6 marzo 2016
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piccolo grandissimo jack!
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Non c'è niente di sbagliato, in questo film, niente che non sia riuscito. Non è una novità per chi appena un po' conosce il regista Lenny Abrahamson, persona sensibile e gentile quanto modesta. Diretto in maniera perfetta, quasi tutto in interni, la prima parte in pochi metri quadrati, il film afferra le nostre menti e anche i nostri cuori dall'inizio. Il rapporto madre/figlio è fatto di grande tenerezza ma anche di risposte dure, di momenti difficili, sia dentro che fuori da Stanza. Perché se vivere dentro Stanza è difficile, Cosmo, cioè il mondo fuori, appare pericoloso, spaventoso, fatto di gente che parla forte, di cani che abbaiano, di macchine, persino di sole che può ferire.
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Non c'è niente di sbagliato, in questo film, niente che non sia riuscito. Non è una novità per chi appena un po' conosce il regista Lenny Abrahamson, persona sensibile e gentile quanto modesta. Diretto in maniera perfetta, quasi tutto in interni, la prima parte in pochi metri quadrati, il film afferra le nostre menti e anche i nostri cuori dall'inizio. Il rapporto madre/figlio è fatto di grande tenerezza ma anche di risposte dure, di momenti difficili, sia dentro che fuori da Stanza. Perché se vivere dentro Stanza è difficile, Cosmo, cioè il mondo fuori, appare pericoloso, spaventoso, fatto di gente che parla forte, di cani che abbaiano, di macchine, persino di sole che può ferire.
Avevo letto il libro anni fa e già la storia mi aveva affascinata, lo stesso e anche di più succede con il film. Abrahamson è un regista semplice, che narra le storie come vanno narrate e forse proprio per questo arrivano diritte al punto. In Room c'è amore, paura, tenerezza, rabbia, disillusione, disperazione, ma niente è mai troppo forte, mai troppo carico. Ne esce un film perfetto, bilanciato, con slanci improvvisi e momenti che tolgono il fiato per l'emozione e interpretato benissimo sì da Brie Larson, ma anche se non soprattutto dal piccolo, soprendente, forte Jacob Tramblay. Era il film perfetto da premiare agli Oscar, ma i signori dell'Academy non hanno colto l'occasione di fare per una volta la cosa giusta. Peggio per loro.
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neger
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domenica 6 marzo 2016
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toccante, sconvolgente
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Il film è diviso in due parti: la prima che si sviluppa all'interno della stanza dove madre e figlio vivono reclusi; la seconda dove i due vengono liberati e vivono un secondo dramma, quello di dover ritornare ad una vita normale dopo quanto accaduto.
Un film che fa emozionare, riflettere ed arrabbiare, pensando che è tratto da una storia di segregazione realmente accaduta.
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lbavassano
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sabato 5 marzo 2016
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l'assurdo rende comprensibile l'incomprensibile
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Ci sono due splendide scene nel bel film di Lenny Abrahamson. Quando la madre deve spiegare al bambino che esiste un mondo al di fuori della stanza in cui è nato e cresciuto, e che giustamente non viene definita "la stanza", ma "stanza", senza articolo, a definirne il valore di luogo assoluto; che esiste un mondo che non è quello della televisione, ma un mondo "reale", ed il bambino si rifiuta di crederlo, perché per lui è questo l'incredibile, che esista un mondo al di fuori di quella porta sempre chiusa, è questo l'assurdo, non una vita di reclusione che per lui è l'unica vita reale.
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Ci sono due splendide scene nel bel film di Lenny Abrahamson. Quando la madre deve spiegare al bambino che esiste un mondo al di fuori della stanza in cui è nato e cresciuto, e che giustamente non viene definita "la stanza", ma "stanza", senza articolo, a definirne il valore di luogo assoluto; che esiste un mondo che non è quello della televisione, ma un mondo "reale", ed il bambino si rifiuta di crederlo, perché per lui è questo l'incredibile, che esista un mondo al di fuori di quella porta sempre chiusa, è questo l'assurdo, non una vita di reclusione che per lui è l'unica vita reale. L'altra è quando il bambino, ormai libero, vuole tornare a salutare "stanza", perché gli è impossibile staccarsi definitivamente da quella che è stata la sua vita, l'unica vita reale, senza ripercorrere un'ultima volta i rituali che tale vita hanno cadenzato, che tale vita hanno reso vivibile e in qualche modo, un modo solo apparentemente assurdo, cara.
E' soprattutto grazie a queste scene che il regista riesce a vincere la scommessa più difficile, quella di far comprendere allo spettatore una vicenda ai limiti dell'immaginabile, pur se tragicamente nota attraverso le vicende di cronaca, di farla comprendere dall'interno, dal punto di vista dei protagonisti, ciò che, nella finzione cinematografica, a rimarcare giustamente la distanza, non riesce al padre della protagonista e, soprattutto, all'intervistatrice televisiva, portatori di inconsapevoli di punti di vista dettati da luoghi comuni incapaci di autentica comprensione.
E' grazie a queste due scene, apparentemente assurde, che la vicenda conquista la propria profonda realtà, oltre che grazie all'ottima protagonista (anche se la mancata assegnazione dell'Oscar a Charlotte Rampling ancora duole).
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iris 29
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sabato 5 marzo 2016
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you're gonna love it...
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Angosciante, forte e commovente. Si percepisce il dramma di una famiglia distrutta e della difficile e atroce situazione della giovane protagonista e di suo figlio. Brie Larson è superba nell'interpretazione e non è da meno Jacob Tremblay che meritava il premio oscar per essere stato capace, a soli 8 anni, di reggere il peso di un'interpretazione audace. La relazione tra madre e figlio è solida, affettuosa ma resa anche complicata dalla loro situazione. Le riprese nella stanza rendono il senso di claustrofobia in cui sono costretti i due protagonisti. Il film è ispirato ad una storia vera, ciò rende tutto molto più scioccante.
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Angosciante, forte e commovente. Si percepisce il dramma di una famiglia distrutta e della difficile e atroce situazione della giovane protagonista e di suo figlio. Brie Larson è superba nell'interpretazione e non è da meno Jacob Tremblay che meritava il premio oscar per essere stato capace, a soli 8 anni, di reggere il peso di un'interpretazione audace. La relazione tra madre e figlio è solida, affettuosa ma resa anche complicata dalla loro situazione. Le riprese nella stanza rendono il senso di claustrofobia in cui sono costretti i due protagonisti. Il film è ispirato ad una storia vera, ciò rende tutto molto più scioccante. Nonostante la pesante tematica, è un film che da speranza e che dimostra che con l'amore e con la forza di volontà si possono superare situazioni difficili. Decisamente un film da oscar, per molti aspetti, che resta nel cuore degli spettatori.
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filippotognoli
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sabato 5 marzo 2016
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"amor omnia vincit"
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Come e' possibile sopravvivere rinchiusi in una stanza di 3 metri x 3 per sette anni senza impazzire o tentare il suicidio? La risposta e' allo stesso tempo semplice e complessa. Joy, il premio Oscar Brie Larson, ci riesce grazie all'amore di una madre per il proprio unico figlio. Un amore incondizionato, iperprotettivo, istintivo, viscerale che le permettera' appunto di sopportare una prigionia apparentemente senza fine. Il figlio Jack, un veramente strepitoso Jacob Trembley, incomprensibilmente ignorato dall'Academy, ruba letteramente la scena alla pur brava protagonista femminile, ricambiando a sua volta l'amore di un figlio verso la madre. Il loro rapporto idilliaco ovviamente nasconde enormi problemi legati alla crescita del bambino, ma soprattutto della madre.
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Come e' possibile sopravvivere rinchiusi in una stanza di 3 metri x 3 per sette anni senza impazzire o tentare il suicidio? La risposta e' allo stesso tempo semplice e complessa. Joy, il premio Oscar Brie Larson, ci riesce grazie all'amore di una madre per il proprio unico figlio. Un amore incondizionato, iperprotettivo, istintivo, viscerale che le permettera' appunto di sopportare una prigionia apparentemente senza fine. Il figlio Jack, un veramente strepitoso Jacob Trembley, incomprensibilmente ignorato dall'Academy, ruba letteramente la scena alla pur brava protagonista femminile, ricambiando a sua volta l'amore di un figlio verso la madre. Il loro rapporto idilliaco ovviamente nasconde enormi problemi legati alla crescita del bambino, ma soprattutto della madre. Se infatti lui riuscira', non senza difficolta' , ad uscire dal suo guscio materno e a scoprire il mondo che sta al di fuori della stanza, sara' proprio lei, una volta libera, a dover lottare con i suoi incubi e a cadere in depressione e a tentare il suicidio.Ma come dicevano i nostri antenati "Amor omnia vincit" e usando la metafora dei capelli di Sansone donati dal bambino alla mamma x restituirle la sua forza, anche nel mondo libero Joy riuscira' a trovare un suo equilibrio interiore e a superare la difficile fase del passaggio dall'adolescenza,che non ha avuto, all'eta' adulta di genitore. Lenny Abrahamson non si sofferma troppo nel voler spiegare le dinamiche legate agli aspetti giuridico legali della vicenda. Focalizza tutta la storia nel rapporto madre figlio, prima all'interno del loro finto mondo spiegato al bimbo x proteggerlo, e poi nel mondo vero, una volta liberi dal loro carceriere. Sono tanti i momenti davvero commoventi, bellissimi i pensieri ad alta voce di Jack prima nella sua stanza, e poi alla scoperta della vita vera. La sua espressione, il suo sguardo, i suoi occhi sono la cosa piu' bella di "Room" e cio' che lo rende veramente emozionante. Per chi, come me, e' un genitore non potra' non rimanere profondamente colpito.
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cira
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sabato 5 marzo 2016
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al di sopra delle aspettative
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Molto intenso, sincero, per niente patetico o scontato.
Sopra le mie aspettative.
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maurizio meres
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venerdì 4 marzo 2016
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il mondo in una stanza
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Crescere in una stanza senza sapere che fuori c'è tutto un mondo da scoprire,adattarsi forzatamente ad una situazione assurda ciò che fa la madre di Jack un bambino di cinque anni,per proteggerlo dalla pazzia di un essere umano,psicologicamente contraffatta,sia nella dignità ma soprattutto nella sua identità.
Quella stanza per il bambino è tutta la vita,tutte le cose che sono dentro per lui sono viventi,le ama,ci parla,quando riesce ad uscire e come un cieco che riacquista la vista e vede per la prima volta un oggetto.
Ottima sceneggiatura che divide il film in due periodi,il primo tutto in una stanza,scorre benissimo mai statico,diventa una scoperta della situazione creatasi intorno alla madre e al figlio,sembra di stare in un'altra dimensione così come è il piccolo Jack,la seconda diventa la realtà di tutto il quadro psicologico della famiglia e soprattutto della depressione che attanaglia la madre di Jack consapevole di errori e incomprensioni.
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Crescere in una stanza senza sapere che fuori c'è tutto un mondo da scoprire,adattarsi forzatamente ad una situazione assurda ciò che fa la madre di Jack un bambino di cinque anni,per proteggerlo dalla pazzia di un essere umano,psicologicamente contraffatta,sia nella dignità ma soprattutto nella sua identità.
Quella stanza per il bambino è tutta la vita,tutte le cose che sono dentro per lui sono viventi,le ama,ci parla,quando riesce ad uscire e come un cieco che riacquista la vista e vede per la prima volta un oggetto.
Ottima sceneggiatura che divide il film in due periodi,il primo tutto in una stanza,scorre benissimo mai statico,diventa una scoperta della situazione creatasi intorno alla madre e al figlio,sembra di stare in un'altra dimensione così come è il piccolo Jack,la seconda diventa la realtà di tutto il quadro psicologico della famiglia e soprattutto della depressione che attanaglia la madre di Jack consapevole di errori e incomprensioni.
Il film è un susseguirsi di emozioni e rabbia,tutto il castello creato dal bravissimo regista
Abrahamson rientra in quadro logico di commozione,tutti i personaggi del film diventano importantissimi dove ognuno è partecipe nei sentimenti ma soprattutto all'emotività
dei vari momenti del film.
Bravissima la Brie Larson entra splendidamente nel personaggio Oscar meritato,il bambino è già un attore con sei film a nove anni,diventa un predestinato.
Film interessantissimo da vedere,dove la trama fa rabbrividire al solo pensiero,ma purtroppo reale da fatti realmente accaduti,dove la pazzia umana accompagnata da una remissività altrui li rende possibili.
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taxidriver
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venerdì 4 marzo 2016
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ma questo film è vero, mamma? no, jack
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Sentimentalismo effettistico a manetta in questo Room. Poche cose vere. Il povero Jack chiedeva sempre alla mamma se le cose fossero vere. Peccato che questo film sia falso. Jack, il film in cui reciti è falso. E' il trionfo del sensazionalismo della compassione, dei buoni sentimenti, dell'amore. Ma è solo cinema, Jack, un effetto speciale. E' solo la sala di un cinema. Una stanza. Dove gli spettatori sono veri, ma il film è falso. Oppure, chissà. Forse la realtà è proprio quella girata dalla macchina da presa. Forse ognuno ha una stanza segreta. Ma non voglio fare anch'io sentimentalismo a buon mercato.
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(di irene)
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(di taxidriver)
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wwiwa
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domenica 28 febbraio 2016
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bellissimo
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Visto in anteprima e l'ho trovato bellissimo nonostante la situazione drammatica vedere il mondo attraverso il piccolo Jack é stato emozionante
consigliato a tutti
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