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La politica degli autori: Jonathan Demme

Il regista 'moltitudine', come direbbe Gaber.
di Mauro Gervasini

In foto il regista Jonathan Demme alla 72. Mostra del Cinema di Venezia, dov'è presidente della giuria della sezione Orizzonti e dove ha ricevuto il Persol Tribute to Visionary Talent.
Jonathan Demme 22 febbraio 1944, Baldwin (New York - USA) - 26 Aprile 2017, New York City (New York - USA). Regista del film Dove eravamo rimasti.

mercoledì 9 settembre 2015 - Approfondimenti

Jonathan Demme è moltitudine, direbbe Gaber. Regista di exploitation benedetta da Roger Corman (Femmine in gabbia, 1974, capolavoro del WIP, il filone morboso delle "women in prison"), blockbuster "d'autore" come Il silenzio degli innocenti (1991) e Philadelphia (1993), sette Oscar in due, documentari politici (l'eccellente The Agronomist, 2003), musicali (Enzo Avitabile Music Life, 2012), film indie al limite dello sperimentale (Rachel sta per sposarsi, delizioso e sapiente, del 2008).
Da dove cominciare? Da Beloved (1998). Che non è solo il più complesso e per chi scrive miglior film di Demme dopo Il silenzio degli innocenti (inarrivabile), ma anche un titolo dimenticato, in Italia distribuito direttamente sul piccolo schermo con un doppiaggio da telenovela. Dal libro premio Pulitzer di Toni Morrison, ora consigliera di Obama, la storia di una schiava affrancata, di sua figlia, e del loro rapporto con una ragazza disturbata, appunto Beloved. In punta di macchina da presa, grazie anche al lavoro magnifico dell'operatore Tak Fujimoto che alterna luci naturali a una rarefatta artificiosità dell'immagine, Demme racconta (come francamente nessun'altro, mi pare, con buona pace di Spielberg o McQueen) la "rinascita di una nazione" impossibile per gli afroamericani, tormentati da un passato di soprusi, violenze, rimozioni. Un film potentissimo. Recuperatelo.

Non potendo soddisfare la moltitudine, proseguiamo con il Demme rockettaro, a me affine anche (se non soprattutto) per una questione di gusti. I suoi musicisti preferiti sono i miei: Bruce Springsteen e Neil Young. Per cui giochiamo in casa. In fondo l'ultimo film Dove eravamo rimasti (titolo buono per una rubrica della Settimana enigmistica: quello originale è Ricki and the Flash) è un omaggio a entrambi. Girato nella homeland di Bruce, il New Jersey, e con la sua epica "My Love Will Not Let You Down" piazzata in un punto strategico della storia, Ricki and the Flash si avvale della supervisione musicale di Neil, il quale, come visto in molte foto, si è improvvisato maestro di chitarra per la protagonista Meryl Streep, musicista che torna a casa dopo avere, da anni, lasciato la famiglia per inseguire i suoi sogni di r'n'r. Per la cronaca il personaggio di Greg è interpretato da Rick Springfield, ignoto alle nostre latitudini ma ex celebrità negli Usa, dato che nel 1981 la sua canzone "Jessie's Girl" arrivò prima in classifica. Principale sodalizio musicale proprio con Neil Young, che Demme segue in diversi tour e con il quale instaura una forte amicizia. Gli dedica tre film: Neil Young: Hearts of Gold (2006), Neil Young Trunk Show (2009) e il più recente Neil Young Journeys (2012). Una trilogia che racconta la maturità del rocker, in particolare la fase creativa turbinosa, feconda, a tratti contraddittoria, successiva all'aneurisma cerebrale che lo colpisce nel 2005 costringendolo a una dura riabilitazione. Se il primo, Hearts of Gold, è il capitolo artisticamente più compiuto, forse per l'empatia che Demme dimostra non solo con l'autore ma anche con il contenuto di uno dei suoi dischi più leggendari, è però il terzo il più commovente e sentito. In Journeys si racconta il ritorno di Young nella sua terra natale, l'Ontario, in mezzo alle storie della "sua" gente.

Il rapporto del Demme rock'n'roll con Bruce si sviluppa invece a partire da Philadelphia, film per il quale la canzone "Streets of Philadelphia" vince l'Oscar. Il regista firma il videoclip conseguente e a ruota Murder Inc. (1995), parte di un mini show con la E Street Band da cui Springsteen era separato da cinque anni, preludio nel 1998 della grande reunion. A suggello della quale sempre Demme realizza un altro video, davvero una perla, dove Bruce, Little Steven, Nils Lofgren, Clarence Clemons e Patti Scialfa cantano (quasi) a cappella "If I Should Fall Behind".

Il rapporto tra il regista e il rock, lo dimostra pienamente Dove eravamo rimasti, è di empatia assoluta, non parliamo quindi di semplici lavori. Ognuno dei suoi video o documentari sperimenta soluzioni narrative (la camminata di Springsteen tra le foglie morte di "Streets of Philadelphia", lo "stare sul palco" di Neil Young dopo la malattia in Hearts of Gold) o visive (i formati differenti, l'uso calibrato della macchina da presa a mano o dell'inquadratura fissa, con rarissimi controcampi) che rendono questa parte della sua produzione interessante quanto quella "a soggetto", ben più storicizzata.

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