Reset - Storia di una creazione

Film 2015 | Documentario, +13 110 min.

Anno2015
GenereDocumentario,
ProduzioneFrancia
Durata110 minuti
Regia diThierry Demaizière, Alban Teurlai
AttoriBenjamin Millepied .
Uscitalunedì 12 febbraio 2018
TagDa vedere 2015
DistribuzioneI Wonder Pictures
RatingConsigli per la visione di bambini e ragazzi: +13
MYmonetro 3,19 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Thierry Demaizière, Alban Teurlai. Un film Da vedere 2015 con Benjamin Millepied. Genere Documentario, - Francia, 2015, durata 110 minuti. Uscita cinema lunedì 12 febbraio 2018 distribuito da I Wonder Pictures. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 - MYmonetro 3,19 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento martedì 30 gennaio 2018

Il coreografo di fama mondiale Benjamin Millepied alla rivoluzione dell'Opera di Parigi. In Italia al Box Office Reset - Storia di una creazione ha incassato 9,1 mila euro .

Consigliato sì!
3,19/5
MYMOVIES 3,50
CRITICA
PUBBLICO 2,87
CONSIGLIATO SÌ
Demaizière e Teurlai si misurano costantemente e armoniosamente con il più americano dei coreografi francesi.
Recensione di Marzia Gandolfi
venerdì 9 giugno 2017
Recensione di Marzia Gandolfi
venerdì 9 giugno 2017

La natura di Reset è la leggerezza. C'è leggerezza nell'urto tra l'anticonformismo di Benjamin Millepied e l'immobilismo dell'istituzione, senza che il film, elegante fino alle punte, si avventuri a sostenere l'uno o l'altra. Ma facciamo un pas de deux indietro. Formatosi alla scuola americana e a suo agio con mecenati e nomi celebri (Forsythe o Baryshnikov), Benjamin Millepied è nominato directeur de la danse a l'Opèra de Paris. Nel novembre del 2014 succede a Brigitte Lefèvre, che aveva diretto la compagnia per vent'anni, e promette di rivoluzionare i codici della danza classica e di 'spolverare' la danza francese. Per la sua rivoluzione bastano un computer, un telefono, una t-shirt, un paio di scarpe da ginnastica e un angolo di tavolo.

Perché Benjamin Millepied è una sferzata di vigore, è ambizione che eleva e trasfigura. Un artista che non smette di riflettere, creare a voce alta o di dentro.

Si guarda intorno, assimila, fotografa, filma tutto, ascolta i suoni, analizza i video, verifica i passi, scompone i gesti, li cerca, li accenna, osa, sbaglia, ricomincia, cade, si rialza, sperimenta, guarda altrove, altri continenti o altre strade, fa uno schizzo, disegna, prende nota, si documenta, visiona i balletti classici e contemporanei, studia altre esperienze corporali, pesca ovunque fino a trovare quello che fa la differenza, il successo, dell'Opèra, di Parigi, della Francia. Niente è vietato, tutto è permesso. A contare non è il prestigio, è la libertà.

Figlio di una ballerina e di un atleta agonista, l'uomo dai mille piedi (nomen omen) ne infila uno in un ingranaggio temibile: il sistema istituzionale e amministrativo francese con le sue ottusità e le sue gerarchie, i suoi processi e le sue processioni, le lunghe e lente attese di approvazioni formali per ottenere un oggetto di scena, il suo potere inquadrato e il suo contropotere di facciata, quei sindacati più preoccupati di sabotare che di occuparsi della salute dei ballerini e del loro ecosistema.

Millepied accorda una grande importanza al corpo di ballo in cui coltiva una nuova leva di eccellenze, quella che ispirerà altre generazioni di ballerini nel mondo, quella che donerà il proprio nome a uno studio di prova, quella che a suo turno immaginerà un balletto o dirigerà una troupe, quella che crescerà in Francia o altrove condividendo con gli altri la propria eccezione culturale. Il coreografo aggiorna le condizioni di lavoro, rinnova i parquet per ammortizzare i salti, obbliga i ballerini al controllo medico, promuove la diversità etnica, soggetto ancora tabù, e traghetta gli antichi velluti nell'era della comunicazione digitale.

Conosciuto a livello internazionale per le coreografie di Black Swan di Darren Aronofsky, Benjamin Millepied accetta la sfida di dirigere e creare, firmando una prima stagione equilibrata, monumenti classici e avventure calibrate, e volgendosi anima e corpo alla creazione, un balletto di trentatré minuti e sedici ballerini scelti tra i centocinquantaquattro del corpo di ballo. Per la sera della prima, che debutta con La Marsigliese e in presenza del Presidente della Repubblica, François Hollande soltanto ieri, il coreografo e neo-direttore realizza "Clear, Loud, Bright, Forward", un manifesto artistico sulla partitura musicale di Nico Muhly che ha qualcosa di stravinskiano nel ritmo, qualcosa di sincopato e marcato che innerva i corpi dei ballerini di un'energia elettrica risuonando nei corpi passivi di chi osserva, e con la complicità del collettivo britannico United Visual Artists, scultori e architetti della luce che concertano un'ampia gamma di discipline. Thierry Demaizière e Alban Teurlai seguono dalle quinte la nascita del progetto fino alla sua rappresentazione attraverso una cronologia rigorosa come il soggetto che filmano. Quaranta giorni per individuare (e fissare) il metodo Millepied, che combina la complessità tecnica di George Balanchine con la fluidità confidenziale dei passi a due di Fred Astaire.

L'incontro con una creatività eccezionale sovente genera dei documentari prostrati (letteralmente) e investiti dal desiderio di farsi piedistallo di questo o quell'altro artista. Demaizière e Teurlai eludono con eleganza il rischio dell'incantesimo Millepied, misurandosi costantemente e armoniosamente con il più americano dei coreografi francesi. Questa audacia fa tutta la differenza e il valore di un documentario d'arte che vola alto sopra le polemiche e una separazione prematura tra Benjamin Millepied e il tempio della danza francese. Due le interpretazioni possibili, una sola la conclusione: le dimissioni del coreografo a (soltanto) un anno e mezzo dalla nomina. Possiamo leggere in questa storia il fallimento di un direttore o diversamente il suo successo. Millepied ha garantito in ogni caso uno spostamento e adempiuto alla sua missione con energia creativa, esuberanza sapiente e capitale glamour. Troppo visionario, troppo giovane, troppo vivo, troppo bello, troppo innamorato, troppo dritto, troppo frontale, troppo libero, sempre alla ricerca e in progressione permanente. Troppo ingenuo soprattutto a sottovalutare l'areopago politico che ha deliberato il sollevamento (quello del titolo, di un altro senso del titolo). La Francia non ama i conquistatori, preferisce la dissonanza, la diffrazione, lo scontro fino allo scacco (matto). Fino a divorarsi toujours il re.

Sei d'accordo con Marzia Gandolfi?
PUBBLICO
RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
martedì 13 febbraio 2018
cardclau

Sicuramente l'argomento del documentario, la storia, è affascinante. La creazione artistica, poi nel campo della danza, non è cosa che si può improvvisare. Certamente Millepied è un creativo e un innovativo. La danza deve conoscerla molto bene, e deve sentirla dentro. Il suo spettacolo, per quello che si può desumere dagli spezzoni dei ballerini impegnati nella [...] Vai alla recensione »

NEWS
VIDEO RECENSIONE
venerdì 29 dicembre 2017
 

La natura di Relève è la leggerezza. C'è leggerezza nell'urto tra l'anticonformismo di Benjamin Millepied e l'immobilismo dell'istituzione, senza che il film, elegante fino alle punte, si avventuri a sostenere l'uno o l'altra.

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