giusy paesano j.
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lunedì 2 novembre 2015
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un film che fa male
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"La loi du marchè" è un film durissimo.Un film che ci guarda-ci vede-senza più speranza,vittime sacrificali di quel "cinismo del mercato" che è in realtà un concetto astratto ed esistente sol nella mente di chi ci vuole controllabili, manipolabili, condiscendenti e servi dominati dal bisogno.Un film retto quasi interamente dalle spalle larghe-larghissime- e dalla sensibilità " muscolare" di Vincent Lindon.Un film di silenzi, di sguardi, di disperazioni sottaciute,di amarezze rapprese,fino al liberatorio epilogo " dardenniano".
Un film grigio, in assenza quasi totale di colonna sonora perchè grigio è il mondo del non-lavoro con le sue leggi spietatissime.
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"La loi du marchè" è un film durissimo.Un film che ci guarda-ci vede-senza più speranza,vittime sacrificali di quel "cinismo del mercato" che è in realtà un concetto astratto ed esistente sol nella mente di chi ci vuole controllabili, manipolabili, condiscendenti e servi dominati dal bisogno.Un film retto quasi interamente dalle spalle larghe-larghissime- e dalla sensibilità " muscolare" di Vincent Lindon.Un film di silenzi, di sguardi, di disperazioni sottaciute,di amarezze rapprese,fino al liberatorio epilogo " dardenniano".
Un film grigio, in assenza quasi totale di colonna sonora perchè grigio è il mondo del non-lavoro con le sue leggi spietatissime.Mi è parso si collochi a metà strada tra il docu-fiction,il Loach di "Piovono pietre" (senza la precisa connotazione di classi che attraversa l'opera loachiana e deprivato della virulenza tipica del regista inglese) e la lucida umanità dei Dardenne.Una profonda solitudine lo attraversa( e ci attraversa).Una solitudine espressa attraverso una gestualità impercettibile ma eloquente fatta di lembi di pelle,borse sotto gli occhi,sguardi assenti,pacata rassegnazione, dolentissime afasie.E in quei silenzi c'è tutto il dolore di un uomo.Poi un gesto finale ci libera e reifica.Potremmo ribattezzarlo, citando Boll:" E non disse nemmeno una parola".Un film che spaventa, il film giusto per chi vuol rimuovere e non vedere un dramma individuale,sociale ed esistenziale di portata gigantesca.Perchè non è solo di lavoro che si parla qui ma di Vita.
E' un film dinamico,nonostante la fissità delle inquadrature, totalmente privo di enfasi e costruito attraverso una durezza-anche stilistica-che non lascia scampo.Un film che fa davvero male.
Un atto d' accusa determinato e prosciugato che non concede nulla men che mai alla retorica dei sentimenti nonostante sia sempre dalla forza degli affetti, dalla pietas, dalla misura della nostra umanità che tiriamo fuori la parte migliore di noi,quella forza per girare finalmente le spalle a cio' che ci avvilisce e non ci appartiene.Un gesto che è già di per sè presa d' atto di natura morale e attestazione di cinema.
Il personaggio si congeda da noi attraverso un finale aperto che lo porterà chissà dove e noi gli auguriamo possa essere un posto dove trovare conforto e dignità.
Ed è proprio quel finale-ancora una volta silente e fatto di gesti- la cosa più bella del film.
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zarar
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lunedì 2 novembre 2015
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la legge del mercato e la legge morale
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Una storia di ordinaria miseria in tempi di crisi economica: un uomo di mezza età tecnico disoccupato, stanco di lottare, alla disperata ricerca di lavoro, preso in giro negli uffici di collocamento, umiliato nei colloqui di lavoro, respinto quando chiede un prestito, ridotto a frequentare corsi in cui un deficiente ti spiega che è una questione di postura, sguardo, tono di voce se non trovi un posto di lavoro, ebbene quest’uomo, Thierry, che ha una moglie cara e affettuosa e un amato e non patetico figlio disabile, trova finalmente un lavoro, che gli assicurerà il suo bravo stipendio e finalmente anche il prestito della banca. Thierry diventa sorvegliante anti-furto in un supermercato.
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Una storia di ordinaria miseria in tempi di crisi economica: un uomo di mezza età tecnico disoccupato, stanco di lottare, alla disperata ricerca di lavoro, preso in giro negli uffici di collocamento, umiliato nei colloqui di lavoro, respinto quando chiede un prestito, ridotto a frequentare corsi in cui un deficiente ti spiega che è una questione di postura, sguardo, tono di voce se non trovi un posto di lavoro, ebbene quest’uomo, Thierry, che ha una moglie cara e affettuosa e un amato e non patetico figlio disabile, trova finalmente un lavoro, che gli assicurerà il suo bravo stipendio e finalmente anche il prestito della banca. Thierry diventa sorvegliante anti-furto in un supermercato. Ma se prima doveva fare i conti con i soldi che non c’erano, ora deve farli con la sua coscienza: è costretto a denunciare il pensionato povero e disperato, che ha sottratto due pacchetti di carne; la cassiera con il cuore grande che ha speso nell’azienda una vita e che – in gravi difficoltà – si è tenuta dei buoni sconto che avrebbe dovuto eliminare; la giovane collega sprovveduta che ha commesso un’infrazione ancora minore. Povera gente come lui, umiliata o addirittura rovinata con il suo contributo. Prova, ma non ce la fa. All’ennesimo caso, senza una parola, raccoglie le sue cose e se ne va. Fine del film.
Efficace rappresentazione di una dura realtà (potrebbe essere un documentario, tanta verità si respira in ogni situazione, e nei visi degli attori non professionisti che affiancano il protagonista) il film è una denuncia della spietata legge del mercato che massacra gli uomini in nome del profitto e un implicito tributo a chi resiste a questa logica, pagando di persona, ma riscattandosi come uomo libero. Ma è anche un gran bel film.
Si noti come il senso di oppressione, di costrizione, di messa alle corde che grava sul protagonista e il suo intorno venga ‘raccontato’ con le immagini: film tutto di interni e di primi piani che riempiono lo schermo schiacciati in alto e in basso; interni claustrofobici, come la motorhome o la saletta per le convocazioni del personale nel supermercato, o - peggio di tutti - il cubicolo degli ‘interrogatori’ dove i colpevoli sono con le spalle al muro a pochi centimetri dai loro accusatori, senza via di scampo; si noti come gli attori siano immobili o si muovano esitanti in spazi circoscritti , mentre la macchina da presa li bersaglia - per così dire - da ogni parte… Fortemente significativo anche il montaggio delle scene e il dialogo: ciascuna scena, ciascun discorso appare isolato in una specie di vuoto e la storia procede per salti, quasi a indicare che non c’è logica in quel che succede, non c’è sviluppo, fino ad uno scioglimento che è solo ritorno al punto di partenza… E last, but not least, è ottima la recitazione di Vincent Lindon, che dà a Thierry volto, gesti, sguardo, parole e silenzi che riescono a trasmettere sia il senso della precarietà, dell’umiliazione di quel che si deve inghiottire per sopravvivere, del disorientamento di fronte all’assurdità e al cinismo, sia una non sconfitta dignità, una resistenza, una costanza della ragione, una capacità di empatia che saranno quelle che alla fine lo ‘libereranno’, ridandogli – pur nella sconfitta - il piglio sicuro, il passo deciso che gli mancava. Per lui premio meritatissimo a Cannes. In compenso dove è finito il doppiaggio di qualità per cui eravamo apprezzati internazionalmente? Non certo in questo film
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maurizio meres
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sabato 31 ottobre 2015
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più che attuale
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Film di notevole intensità,la figura dell'essere umano travolta da un progresso inesorabilmente crudele,che offende la dignità delle persone,in un mondo non più nascosto in continua guerra per la sopravvivenza.
La trama mette in evidenza oltre che la disorganizzazione del lavoro,anche l'egoismo di chi pur lavorando non riesce ad essere se stesso,rispetto ,dignità ,essere comprensivo ,sono tutte parole cancellate dai propri dizionari.
Il film mette in risalto la personalità di un uomo qualunque,come tanti e con problemi di tutti i giorni,che vuole vivere dignitosamente pur conoscendo le difficoltà che incontra quotidianamente,indifeso verso l'ignoranza di alcune persone ,manipolate da un mercato del lavoro che volutamente crea un disagio sociale che si manifesta nella non fiducia del prossimo.
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Film di notevole intensità,la figura dell'essere umano travolta da un progresso inesorabilmente crudele,che offende la dignità delle persone,in un mondo non più nascosto in continua guerra per la sopravvivenza.
La trama mette in evidenza oltre che la disorganizzazione del lavoro,anche l'egoismo di chi pur lavorando non riesce ad essere se stesso,rispetto ,dignità ,essere comprensivo ,sono tutte parole cancellate dai propri dizionari.
Il film mette in risalto la personalità di un uomo qualunque,come tanti e con problemi di tutti i giorni,che vuole vivere dignitosamente pur conoscendo le difficoltà che incontra quotidianamente,indifeso verso l'ignoranza di alcune persone ,manipolate da un mercato del lavoro che volutamente crea un disagio sociale che si manifesta nella non fiducia del prossimo.
Film girato tutto in presa diretta,entra perfettamente negli stati d'animo dei vari personaggi,la cinepresa gira intorno ad essi cogliendo tutte le sfumature,espressività vera,come se si entrasse in punta di piedi nella vita delle persone.
Lindon recita meravigliosamente,entra nel personaggio conoscendo alla perfezione la complessità della trama,attore di grandi capacità interpretative.
Il registra in classico neorealismo Francese usa i rumori di fondo come colonna sonora,dando ancora di più, con ambientazioni grigie ,squallidi ambienti il giusto peso al dramma umano,con riprese spesso vuote ma significative,entrando nei personaggi su istanti ben precisi della loro vita,il girare con attori non professionisti si è rilevata una scelta perfetta in quanto non recitavano ma erano se stessi.
Ottimo film.
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alex2044
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domenica 1 novembre 2015
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vincent lindon un fuoriclasse , il film così così
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Come si deve giudicare un film come questo pieno di buone intenzioni e che propone dei dubbi importanti sul sistema economico nel quale viviamo ? Bene in ogni modo o dobbiamo osservarlo con spirito critico per come è stato svolto ?
Penso di no . Un film è un film e questo non è riuscito completamente e non tanto per la sua lentezza che descrive correttamente il modo di pensare ed anche di vivere del protagonista quanto per l'incapacità del regista di attrarre l'attenzione dello spettatore facendo accadere i fatti in modo piatto e scontato senza mai un lampo neppure nel finale . Come vedere un giallo di cui si sa già chi è l'assassino .
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Come si deve giudicare un film come questo pieno di buone intenzioni e che propone dei dubbi importanti sul sistema economico nel quale viviamo ? Bene in ogni modo o dobbiamo osservarlo con spirito critico per come è stato svolto ?
Penso di no . Un film è un film e questo non è riuscito completamente e non tanto per la sua lentezza che descrive correttamente il modo di pensare ed anche di vivere del protagonista quanto per l'incapacità del regista di attrarre l'attenzione dello spettatore facendo accadere i fatti in modo piatto e scontato senza mai un lampo neppure nel finale . Come vedere un giallo di cui si sa già chi è l'assassino . Inoltre l'uso , in qualche caso a sproposito , della macchina a mano , invece di personalizzare le riprese le rendono non solo imprecise ma anche disturbanti . In tutto il film non c'è una scena che meriti ricordare e per quanto riguarda i comprimari nessun volto o personaggio resta impresso . Che nostalgia per De Sica e Fellini che facevano recitare bene anche le pietre . Fortunamente a salvare il tutto ci pensa un attore di grandissimo talento come Vincent Lindon con un interpretazione clamorosa . I suoi sguardi spiegano i sentimenti del protagonista meglio di qualunque profluvio di parole . Solo per lui tre stelle che avrebbero potuto essere di più se il film l'avesse aiutato come invece successe con il non dimenticato "Welcome" di qualche anno fa .
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(di francesco2)
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pier delmonte
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venerdì 30 ottobre 2015
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diversamente cinema
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Decisamente lento (i passi di danza durano almeno 4 minuti!) ma questo tipo di film ha un pregio, farti entrare senza eccessivo voyeurismo nella vita altrui, nella quotidianità altrui, nella disperazione altrui. La buona recitazione degli attori (credo non professionisti!) aiuta il regista (stephane brize’) a confezionare un prodotto utile, crudo e preciso nei passi (non quelli di danza rock, quelli no!) E poi se Sacro Gral ha vinto quello che ha vinto, beh, questo merita l’oscar!
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felicity
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sabato 1 aprile 2023
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incisivo, sentito e storicamente rilevante
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La legge del mercato, gran bel film, più che mostrare il disagio, lo filma come effetto sulle reazioni del protagonista. Lindon è l’unico attore professionista in mezzo ad altri che non lo sono: agenti della sicurezza, banchieri, cassiere. E la sfera professionale convive anche con quella umana. La dimensione intima prevale prima di tutto. Vincent Lindon è come un cavaliere che si muove nel deserto. Recita ancora più con i gesti e i silenzi che con le parole. Solo Jean Gabin, prima di lui, era capace di farlo con questa naturalezza. Ma è anche un pugile che riceve colpi ma poi non si tira indietro per darli.
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nanni
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giovedì 5 novembre 2015
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la legge del mercato
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Ai tempi della crisi globale perdere il lavoro a 50 anni sta diventando "normale" e, come molti affermano, siamo solo all'inizio.
Thierry è uno dei tanti e sconterà sulla propria pelle che il prezzo da pagare alla ricollocazione come vigilante in un supermarcato non sarà solamente la ricontrattazione al ribasso della propria forza lavoro e la perdita progressiva e inarrestabile??? di dignità non un trascurabile danno collaterale.
Vincent Lindon nei panni del protagonista è misurato, perfetto, con una recitazione senza sbavature e senza enfasi ci restituisce la cifra esatta del dramma epocale che stiamo attraversando.
Una Stephani Brizè lucidissima e affilatissima ci racconta che quando la crisi affonda i denti nella carne viva delle persone la perdita della coscienza collettiva è solamente il primo passo e l'isolamento personale il successivo, come condizione imprescindibile affinchè l'umiliazione progressiva e scientifica, dispiegando tutta la sua geometrica potenza, realizzi oltre al furto dei corpi anche quello, forse, più difficile per molti da sopportare, delle anime.
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Ai tempi della crisi globale perdere il lavoro a 50 anni sta diventando "normale" e, come molti affermano, siamo solo all'inizio.
Thierry è uno dei tanti e sconterà sulla propria pelle che il prezzo da pagare alla ricollocazione come vigilante in un supermarcato non sarà solamente la ricontrattazione al ribasso della propria forza lavoro e la perdita progressiva e inarrestabile??? di dignità non un trascurabile danno collaterale.
Vincent Lindon nei panni del protagonista è misurato, perfetto, con una recitazione senza sbavature e senza enfasi ci restituisce la cifra esatta del dramma epocale che stiamo attraversando.
Una Stephani Brizè lucidissima e affilatissima ci racconta che quando la crisi affonda i denti nella carne viva delle persone la perdita della coscienza collettiva è solamente il primo passo e l'isolamento personale il successivo, come condizione imprescindibile affinchè l'umiliazione progressiva e scientifica, dispiegando tutta la sua geometrica potenza, realizzi oltre al furto dei corpi anche quello, forse, più difficile per molti da sopportare, delle anime.
E così con un salto mortale all'indietro di 100 anni sui diritti il delitto è perfetto.
il film ha, forse, qualche lentezza di troppo ed il finale, anche se leggermente consolatorio, non si addice ad un lavoro che sa andare così in profondità, ma il peccato è veniale e lo perdoniamno di slancio.
Il film, militante e necessario è da non perdere
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filippo catani
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giovedì 5 novembre 2015
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dilemmi etici dei giorni nostri
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Un padre di famiglia ha perso da mesi il proprio posto di lavoro e non sa come fronteggiare le spese della famiglia e soprattutto quelle per il figlio disabile. L'uomo riesce però a farsi assumere come vigilante in un supermercato dove dovrà fare i conti con la propria coscienza.
Un po' Dardenne un po' Loach ma quì il regista è un bravissimo Brizè che con occhio lucido e nel breve volgere di 90 minuti ci mette davanti a una situazione tipica delle attuali leggi di mercato. Il ritmo è lento e compassato ma proprio per fare immergere lo spettatore nella pesantezza della vita del protagonista che, lasciato a casa dopo anni di lavoro nella sua vecchia azienda, si ritrova a doversi reinventare come vediamo in uno dei primi dialoghi al centro per l'impiego.
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Un padre di famiglia ha perso da mesi il proprio posto di lavoro e non sa come fronteggiare le spese della famiglia e soprattutto quelle per il figlio disabile. L'uomo riesce però a farsi assumere come vigilante in un supermercato dove dovrà fare i conti con la propria coscienza.
Un po' Dardenne un po' Loach ma quì il regista è un bravissimo Brizè che con occhio lucido e nel breve volgere di 90 minuti ci mette davanti a una situazione tipica delle attuali leggi di mercato. Il ritmo è lento e compassato ma proprio per fare immergere lo spettatore nella pesantezza della vita del protagonista che, lasciato a casa dopo anni di lavoro nella sua vecchia azienda, si ritrova a doversi reinventare come vediamo in uno dei primi dialoghi al centro per l'impiego. Naturalmente c'è tanto da fare anche in casa perchè insieme alla moglie si deve prendere cura del figlio che vorrebbe tanto entrare al politecnico. Ecco quindi che sembra presentarsi l'offerta giusta anche se sottopagata. Ecco è quì che lo spettatore tocca con mano la disperazione che serpeggia nelle nostre società ma non diciamo altro per non rovinare la visione allo spettatore. Basti dire che il protagonista si ritroverà a dover affrontare un dilemma di difficile soluzione: continuare a lavorare mettendo da parte la propria morale o lasciare il posto con tutte le conseguenze del caso ma salvare l'anima? Davvero toccante l'interpretazione del bravissimo Lindon che già avrebbe meritato più considerazione per il bellissimo ruolo interpretato in un altro film di grande attualità quale Welcome.
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flyanto
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venerdì 6 novembre 2015
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la durezza della realtà contemporanea
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Già il titolo "La Legge del Mercato" fa subito intuire che la tematica presentata nel film è dura e piuttosto spietata.
Il protagonista (Vincent Lindon) è un uomo di 51 anni che da un anno e mezzo, in quanto ha perso la propria occupazione, cerca un lavoro stabile. Armato di buona volontà, egli è costretto a scontrarsi con la dura realtà economica e sociale contemporanea e pertanto con la difficoltà, per di più in un' età più che matura, a trovare nuovamente un'occupazione stabile. Dopo svariate ed assidue ricerche egli viene impiegato come sorvegliante in un grande magazzino col compito di scoprire e fermare i possibili ladri.
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Già il titolo "La Legge del Mercato" fa subito intuire che la tematica presentata nel film è dura e piuttosto spietata.
Il protagonista (Vincent Lindon) è un uomo di 51 anni che da un anno e mezzo, in quanto ha perso la propria occupazione, cerca un lavoro stabile. Armato di buona volontà, egli è costretto a scontrarsi con la dura realtà economica e sociale contemporanea e pertanto con la difficoltà, per di più in un' età più che matura, a trovare nuovamente un'occupazione stabile. Dopo svariate ed assidue ricerche egli viene impiegato come sorvegliante in un grande magazzino col compito di scoprire e fermare i possibili ladri. Si scontrerà anche in questa situazione con una realtà ancora più dura e più tragica della sua personale sino ad arrivare al punto di abbandonare tutto....
Pellicola quanto mai vera, purtroppo, per la sua tematica attuale di una società economicamente in crisi in cui quello, come il lavoro, che dovrebbe costituire un diritto di ogni individuo, diventa al contrario una meta ambita e soprattutto appannaggio, e neppure stabile, di una ristretta cerchia di persone. Vincent Lindon, qui straordinariamente eccelso nella sua interpretazione, per la quale gli è valsa giustamente la Palma d' Oro come attore maschile all'ultimo Festival del Cinema a Cannes, impersona, appunto, un uomo comune di mezza età, appartenente alla società contemporanea che perde, come molti e suo malgrado, il lavoro e che, nonostante si dia da fare per cercare un'occupazione ed a trovarla, si trova in una situazione tale di disagio e di quasi "solidarietà", da essere costretto ad abbandonarla. Infatti, la realtà che il regista Stéphane Brizé descrive, non è quella solo dal punto di vista di chi, più fortunato di altri, riesce a reintegrasi nel mondo del lavoro, ma anche quella più nascosta e più terribile di coloro che, in virtù della profonda crisi economica, non riescono ad arrivare alla fine del mese con il proprio stipendio e si trovano costretti a rubare della merce (per lo più generi di prima necessità, ma pur sempre e giustamente considerati come un furto) e, qualora scoperti, costretti a ripagarla ed a confessare pubblicamente la propria grama e disperata condizione. Insomma, il valore di questa pellicola, non consiste tanto nella sua tematica, già peraltro più volte toccata in opere cinematograficamente precedenti,. ma nell' affrontarla da due punti di vista differenti che poi, in realtà, non sono che i due lati di una stessa medaglia e che accomunano tutti i molteplici individui della società odierna che giorno per giorno e sempre di più arrivano a perdere la propria dignità. E tutto ciò viene presentato da Brizé in maniera lucida e dolente attraverso lo sguardo quanto mai esplicativo del'ottimo Vincent Lindon, anch'egli facente parte di questa larga schiera di disperati per cui, almeno sino al momento attuale, non vi è molta speranza.
Ottimamente girato, profondamente sensibile e quanto mai crudo ma assolutamente da non perdere.
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guiddi
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sabato 7 novembre 2015
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un film verità lento con un finale interpretabile
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A parte la tematica interessante ma che comunque è già stata vista e rivista in altri film.
L'interpretazione del protagonista è quasi assente.
A parte una scena all'inizio e la scena della vendita del motorhome per tutto il film ci si limita a sguardi, mezze parole e poco più.
Rimanere svegli è veramente un'impresa titanica.
E il finale che arriva all'improvviso quando pensi che il film finalmente stia ingranando lasciandoti come un ebete a chiederti: si sarà licenziato? aveva finito il turno? continuerà a fare quel lavoro per campare perchè la società lo ha imbrigliato in un ruolo (mutuo da estinguere, figlio disabile, auto in panne da sostituire, ecc....) che non gli permette di variare in meglio la sua posizione attuale?
Insomma mi aspettavo molto di più o almeno un po' più di speranza.
[+] i finali interpretabili...
(di francesco2)
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