steffa
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giovedì 11 maggio 2023
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angosciante
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in genere i bei film si possono vedere e rivedere all'infinito, in questo film invece oltre alla storia sconcertante non c'è null'altro, non si ha nessun piacere nel rivederlo, nonostante la fotografia e le ambientazioni siano molto gradevoli, un film per nulla alleniano soprattutto nei ritmi
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marconolan
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mercoledì 15 aprile 2020
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mix di qualità
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L'opera di Woody Allen è al tempo stesso: divertente, cruda, razionalmente elaborata e infine riflessiva. Ciò che però mi ha colpito davvero tanto, facendomi rivalutare completamente il film, è la fantastica musichetta utilizzata indistintamente sia per le scene normali che per quelle "drammatiche"(se si possono definire così). Un film che a mio parere merita di essere guardato con una leggerezza tipica della comedy, ma con la consapevolezza di star guardando una vera e propria opera ricca di citazioni e pensieri filosofici.
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no_data
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lunedì 2 luglio 2018
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ritorno a dostoevskicity con fermata hanna arendt.
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Ben ben ben.
Woody si ripete.
Ben ben ben.
Ma siamo costretti a rivedere Holyday on ice?
No, no, qua siamo in un'altra dimensione.
In 'The boston story' poi divenuto 'Irrational man', Woody giuoca colle sue tematiche più nere e scomode, forse si può parlare di black traditional drama?
Ciò ci aggrada e ci atterrisce, e quello che più ci stupisce di questo bel film è l'aria 'light' che è riuscito a dargli.
Vogliamo dire: qua si parla di Kant ( è morale denunciare ai nazistoni Anna Frank?), si veleggia con Kierkegaard ( l'ansia è libertà di scelta, e comunque libertà), si ri-cita e si re-cita Dostoevski questa volta - contrariamente a Match Point -corretto con la Arendt -dov'è la banalità del male?; si fa tutto questo, senza però far mai perdere la pazienza allo spettatore (tranne a chi pensa che sia una stanca riproposizione), complice una colonna sonora (altro personaggio del film) succosamente jazz.
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Ben ben ben.
Woody si ripete.
Ben ben ben.
Ma siamo costretti a rivedere Holyday on ice?
No, no, qua siamo in un'altra dimensione.
In 'The boston story' poi divenuto 'Irrational man', Woody giuoca colle sue tematiche più nere e scomode, forse si può parlare di black traditional drama?
Ciò ci aggrada e ci atterrisce, e quello che più ci stupisce di questo bel film è l'aria 'light' che è riuscito a dargli.
Vogliamo dire: qua si parla di Kant ( è morale denunciare ai nazistoni Anna Frank?), si veleggia con Kierkegaard ( l'ansia è libertà di scelta, e comunque libertà), si ri-cita e si re-cita Dostoevski questa volta - contrariamente a Match Point -corretto con la Arendt -dov'è la banalità del male?; si fa tutto questo, senza però far mai perdere la pazienza allo spettatore (tranne a chi pensa che sia una stanca riproposizione), complice una colonna sonora (altro personaggio del film) succosamente jazz.
Certo alle spalle di questo lavoro c'è, si sente, prepotentemente The Rope del Maestro H.
Ma è chiaro che i Grandi si citino, come asserìto ne Il Nome della rosa: i libri citano sempre necessariamente altri libri, e perché non dovrebbe accadere per i film? Suvvia, va bene questo, non ci sparrucca.
Anzi qui troviamo certi stanchi topoi ( il prof di filosofia che celebra la morte anziché festeggiare la vita; l'alunna e la collega che amano il fascinoso prof in wunderbar coretto; il delitto premeditato col cianuro-veloce al posto del lento-arsenico) riproposti in modo leggiero e brillante, fresco e non retorico à la ancienne.
Il tema è chiaro: le conseguenze personali di un omicidio. Che succede se uno sconosciuto uccide uno sconosciuto, facendo saltare per aria i moventi, l'arma del delitto e tutto il carrozzone abituale del giallone internazionale (oltre alle elucubrazioni etiche)?
Che succede se 'chi si dovrebbe fare gli affari propri' - per miracolo o per tigna - non lo fa?
Woody ce lo ridice per ben sette volte. Può andare bene (Crimini e misfatti, Match Point), specie in un mondo disertato dal divino; può andare che ti fai una grande, per quanto perfida, risata (Pallottole su broadway, Scoop); oppure - e credo che anche lui sottenda questo - può succedere un gigantesco turbamento dell'ordine naturale che infine ti inchioda alle tue responsabilità ( Misterioso omicidio a Manhattan, Sogni e delitti, e ora - cioè tre anni fa - Irrational man). Ecco perche l'ex The boston story è importante che ci sia, è una ulteriore riflessione sulla responsabilità umana. Non bastano mai, non devono bastare mai codeste riflessioni.
Woody, a noi, non basta mai! ( E lo diciamo leggendo a distanza di 3 anni dall'uscita del film, con amarezza che quest'anno il Nostro non uscirà con una sua opera, per i vari casini che ha lui con l'esistenza.)
Che non ci sia Woody al cinema, essendo lui vivente, è per noi un grave oltraggio, non va giù, questo sì il vero delitto.
La morte dell'estetica, altro che Dio o Marx.
Chiudiamo con un plauso agli attori, Joachim Phoenix, perfettamente in parte, sembra un Cris Wilton più grasso, più vecchio, per nulla rampante, che non si salva; ed Emma Stone è raggiante, luminosa, lei invece è la povera Nola Rice che si salva, questa volta lei si salva. Perché, nonostante tutto il catrame che è stato versato su di lui, Allen è un regista profondamente innamorato delle donne e di tutte le loro terribili, bellissime complicazioni.
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francismetal
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venerdì 8 dicembre 2017
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cliché, plagio, però ben realizzato.
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Riprende dei temi molto classici, abusati e stereotipati: il professore di filosofia balordo che parla di cose considerate "campate in aria", la filosofia che viene vista come astratta e non concreta, il professore di filosofia che si innamora di una ragazzina, la ragazzina che rimane affascinata dal professore di filosofia, molto molto più grande di lei...
Inoltre la filosofia dell'omicidio è un tema copiato da "Rope" di Hitchcock.
Il finale è meritato... non me l'aspettavo ma non è nulla di elaborato.
Nonostante questi problemi nel soggetto, il film è realizzato bene, è godibile, Emma Stone è bellissima, la recitazione è buona, le musiche sono belle, la fotografia è buona, l'atmosfera è leggera e piacevole, nonostante si parli di tradimento, filosofia esistenzialista e filosofia morale, e soprattutto di omicidio.
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Riprende dei temi molto classici, abusati e stereotipati: il professore di filosofia balordo che parla di cose considerate "campate in aria", la filosofia che viene vista come astratta e non concreta, il professore di filosofia che si innamora di una ragazzina, la ragazzina che rimane affascinata dal professore di filosofia, molto molto più grande di lei...
Inoltre la filosofia dell'omicidio è un tema copiato da "Rope" di Hitchcock.
Il finale è meritato... non me l'aspettavo ma non è nulla di elaborato.
Nonostante questi problemi nel soggetto, il film è realizzato bene, è godibile, Emma Stone è bellissima, la recitazione è buona, le musiche sono belle, la fotografia è buona, l'atmosfera è leggera e piacevole, nonostante si parli di tradimento, filosofia esistenzialista e filosofia morale, e soprattutto di omicidio.
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francesco2
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domenica 30 luglio 2017
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allen non eccezionale,ma...........
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C’è un filo che lega il protagonista maschile di questo nuovo Allen e Jasmine, nel bellissimo film
di quattro anni fa.
Entrambe sono figure la cui moralità ci pone varie, interessanti questioni, per esempio : cos’è l’etica ?
E chi la « contravviene » per davvero ? Loro, o piuttosto personaggi più convenzionali le cui scelte, a
conti fatti, appaiono più discutibili ?
Con una differenza non da poco, tuttavia. Jasmine attraversava il film come un enigma irrisolto, e
probabilmente irrisolvibile, che infatti l’ultima scena non scioglieva assolutamente Abe, invece, è
un personaggio divorato dai conflitti, siano essi esistenziali o fin troppo quotidiani, che trova il suo
« contraltare » nel personaggio della Stone, giovane di buona famiglia, non ancora abbastanza avvezza
alla vita concreta.
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C’è un filo che lega il protagonista maschile di questo nuovo Allen e Jasmine, nel bellissimo film
di quattro anni fa.
Entrambe sono figure la cui moralità ci pone varie, interessanti questioni, per esempio : cos’è l’etica ?
E chi la « contravviene » per davvero ? Loro, o piuttosto personaggi più convenzionali le cui scelte, a
conti fatti, appaiono più discutibili ?
Con una differenza non da poco, tuttavia. Jasmine attraversava il film come un enigma irrisolto, e
probabilmente irrisolvibile, che infatti l’ultima scena non scioglieva assolutamente Abe, invece, è
un personaggio divorato dai conflitti, siano essi esistenziali o fin troppo quotidiani, che trova il suo
« contraltare » nel personaggio della Stone, giovane di buona famiglia, non ancora abbastanza avvezza
alla vita concreta.
Tale personaggio, quando si fa strada in lei la sconvolgente teoria che ovviamente non rivelo, diviene
la vera protagonista di un’opera ametà tra esistenzialismo e giallo ( chi scrive NON ha visto « Misterioso
omicidio » ……. , ma chissà che Allen non ne abbia tratto spunto), che si concluede insegnandoci su un
piano pratico la tesi che Abe propugnava teoricamente, ovverosia l’inutilità della « cultura dei libri »,
lui professore di filosofia(………).
Film dunque non brutto né privo di significato, ma che mi lascia dubbi sul pistolotto su cui si fonda,
Come assunto teorico e come –discontinuo- svolgimento. Comunque, gli metto ugualmente tre stelle.
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orion84
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mercoledì 23 novembre 2016
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un buon film che si ferma a metà strada
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Partiamo dal presupposto che si tratta di un film di Woody Allen, quindi o ti piace il soggetto o è già meglio lasciar perdere in partenza.
Il film in sé non si inserisce certo tra i capolavori del regista, ma non è nemmeno da buttare, sicuramente si nota come in tutti gli ultimi film di Allen quella mancanza di attenzione per i dettagli che in passato erano invece uno degli aspetti cruciali dei suoi film, si avverte sempre quella sensazione che il regista, a ottime illuminazioni, non sappia più fare seguito con un costrutto completo del film in grado di coinvolgere e rapire lo spettatore dall'inizio alla fine.
Qui la sceneggiatura non è male, diversi cliché ma tutto sommato i personaggi sono ben dipinti e caratterizzati, buone anche le interpretazioni dei protagonisti (facile quando ti affidi ad un fenomeno come Joaquin Phoenix); mi ha convinto poco la colonna sonora mentre il comparto tecnico fa la sua figura.
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Partiamo dal presupposto che si tratta di un film di Woody Allen, quindi o ti piace il soggetto o è già meglio lasciar perdere in partenza.
Il film in sé non si inserisce certo tra i capolavori del regista, ma non è nemmeno da buttare, sicuramente si nota come in tutti gli ultimi film di Allen quella mancanza di attenzione per i dettagli che in passato erano invece uno degli aspetti cruciali dei suoi film, si avverte sempre quella sensazione che il regista, a ottime illuminazioni, non sappia più fare seguito con un costrutto completo del film in grado di coinvolgere e rapire lo spettatore dall'inizio alla fine.
Qui la sceneggiatura non è male, diversi cliché ma tutto sommato i personaggi sono ben dipinti e caratterizzati, buone anche le interpretazioni dei protagonisti (facile quando ti affidi ad un fenomeno come Joaquin Phoenix); mi ha convinto poco la colonna sonora mentre il comparto tecnico fa la sua figura.
Insomma, nel complesso un film ben riuscito che può farci passare una serata piacevole, non aspettatevi un capolavoro però, a metà del film (che inizia con ottime premesse) si vira verso un prodotto molto scontato e il finale è decisamente frettoloso (altra pecca di tutti gli ultimi film del regista).
Credo che Woody abbia ancora qualche cartuccia da sparare, ma dovrebbero dirgli di avere meno foga di fare film su film e tornare a concentrarsi di più su un prodotto dall'inizio alla fine.
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no_data
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mercoledì 31 agosto 2016
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rodion non sarebbe mai finito così da scemo.
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il personaggio del docente di filosofia ultracinquantenne (?), prossimo al suicidio perché non ha più motivazioni, così come proposto nella pellicola di Allen, mi è parso per nulla convincente. Troppe le contraddizioni e scarse, se non inverosimili, le trovate sceniche per renderlo davvero affascinante e credibile. Le donne, specie se intelligenti. non sono poi così facili ad innamorarsi di uno stronzo del genere. Ma ciò che rende davvero odioso questo film è il personaggio della studentessa (diciotto-ventenne?) tutta occhioni che sgambetta intorno al fascinoso professore, con genitori attempati e cretini abbastanza quanto il suo fidanzato, che infine viene sconvolta dall'azione omicida commessa da chi sino a pochi istanti prima era il suo dio calato in terra.
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il personaggio del docente di filosofia ultracinquantenne (?), prossimo al suicidio perché non ha più motivazioni, così come proposto nella pellicola di Allen, mi è parso per nulla convincente. Troppe le contraddizioni e scarse, se non inverosimili, le trovate sceniche per renderlo davvero affascinante e credibile. Le donne, specie se intelligenti. non sono poi così facili ad innamorarsi di uno stronzo del genere. Ma ciò che rende davvero odioso questo film è il personaggio della studentessa (diciotto-ventenne?) tutta occhioni che sgambetta intorno al fascinoso professore, con genitori attempati e cretini abbastanza quanto il suo fidanzato, che infine viene sconvolta dall'azione omicida commessa da chi sino a pochi istanti prima era il suo dio calato in terra. Proprio lei che in quanto a determinazione e a principi morali lascia parecchio a desiderare, specie nel raccontare cappelle al suo ragazzo e ad infischiarsene di tutti e di tutto pur di scoparsi il professore. L'intera storia mi ha suscitato persino rabbia, per come si sia voluto porre con superficialità la mano su un tema assai più profondo, che è quello stesso che tormentò Rodion Romanovič Raskol'nikov. Fatta la somma di tutte le incongruenze e, considerata la ciliegina sulla torta: di proporre citazioni totalmente gratuite e dissacranti su Kant, kierkegaard , Doestoesvkij e Sartre; decisamente esprimo un giudizio negativo su quest'opera di un regista che, sarà pur diventato giustamente famoso, ma per me oggi resta a livelli di sufficienza se non di mediocrità (per la tediosa ripetitività di certi messaggi) in tutti i suoi recenti lavori, ove si eccettuino le prime sue invenzioni di originale comicità (persa oramai).
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no_data
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venerdì 19 agosto 2016
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la morale del caso
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Grande film.
Parto cosi' perchè onestamente a sensazione non me lo aspettavo.Ti fa riflettere , che tu la pensi o meno come il protagonista provi ad immedesimarti , i temi possono anche essere quelli abituali dei film di woody ma questa volta li concretizza , e in modo nuovo , difatti si passa dal parlare , che personalemente apprezzo , in stile anything else all'azione.
Lo stesso protagonista , professore di filosofia , sostiene che la filosofia fine a se stessa è buona esclusivamente a riempire le pagine dei testi universitari e che agendo diamo un senso alla vita.
Non volendo anticipare nulla , tra i due protagonisti , la ragazza e il professore, è la ragazza ad essere piu' ambigua , in fondo il professore è coerente , fin quando non trova la scintilla che gli fa sentire un nuovo equilibrio.
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Grande film.
Parto cosi' perchè onestamente a sensazione non me lo aspettavo.Ti fa riflettere , che tu la pensi o meno come il protagonista provi ad immedesimarti , i temi possono anche essere quelli abituali dei film di woody ma questa volta li concretizza , e in modo nuovo , difatti si passa dal parlare , che personalemente apprezzo , in stile anything else all'azione.
Lo stesso protagonista , professore di filosofia , sostiene che la filosofia fine a se stessa è buona esclusivamente a riempire le pagine dei testi universitari e che agendo diamo un senso alla vita.
Non volendo anticipare nulla , tra i due protagonisti , la ragazza e il professore, è la ragazza ad essere piu' ambigua , in fondo il professore è coerente , fin quando non trova la scintilla che gli fa sentire un nuovo equilibrio.
La ragazza invece è attratta dal professore nonostante non sia ne troppo ingenua ne poco matura , ma proprio per quel suo lato oscuro e mai svelato , per poi sorprendersi e spaventarsi di quegli stessi tratti che la avevano ammaliata.
Per me uno dei migliori di woody allen.
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enrico danelli
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sabato 13 agosto 2016
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se un uomo non è disposto a lottare ....
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... per le sue idee, o le sue idee non valgono nulla o non vale nulla lui. Questo deve aver pensato il maturo professore di filosofia Abe Lucas, che dopo anni se non decenni, di parole ha deciso di passare all'azione. Al diavolo Kant e la sua ideale perfezione che costringerebbe a denunciare Anna Frank ai nazisti per evitare di mentire. Le parole e le paranoie stanno a zero. Si deve mettere in pratica quel poco di buono che rimane dopo anni di rimuginamenti e ripensamenti. Chi non ha vissuto una situazione del genere ? Non solo il problematico e geniale regista newyorkese vive da anni (probabilmente dalla nascita) tale situazione in questo film impersonata da Abe Lucas, ma senz'altro ognuno di noi, anche i più superficiali, si può immedesimare.
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... per le sue idee, o le sue idee non valgono nulla o non vale nulla lui. Questo deve aver pensato il maturo professore di filosofia Abe Lucas, che dopo anni se non decenni, di parole ha deciso di passare all'azione. Al diavolo Kant e la sua ideale perfezione che costringerebbe a denunciare Anna Frank ai nazisti per evitare di mentire. Le parole e le paranoie stanno a zero. Si deve mettere in pratica quel poco di buono che rimane dopo anni di rimuginamenti e ripensamenti. Chi non ha vissuto una situazione del genere ? Non solo il problematico e geniale regista newyorkese vive da anni (probabilmente dalla nascita) tale situazione in questo film impersonata da Abe Lucas, ma senz'altro ognuno di noi, anche i più superficiali, si può immedesimare. Quindi film tematico, eterno e universale oltre che esteticamente piacevole e raffinato. Mai banale o noioso se non per la reazione isterica e scomposta della giovane compagna di Lucas, che forse era una ottima amante, ma sicuramente si rivela una pessima discepola. Dispiace ovviamente una conclusione così tragica e umiliante per il nostro eroe (sicuramente più cerebrale che fisico), ma si inquadra perfettamente nell'esuberante masochismo ateo di Woody Allen che volutamente evita qualsiasi giudizio morale stucchevole o scontato. Lunga vita al regista.
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casval
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sabato 23 luglio 2016
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meglio non pensarci troppo!
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Woody Allen ci regala un film godibile, sebbene stereotipico. Gli ingredienti della trama sembrerebbero tendere verso un film ai livelli de L'attimo fuggente o di Match Point, ma lo spettatore, invece, si trova davanti a una commedia brillante, dotata solo in apparenza di profondità: le citazioni filosofiche e letterarie vengono inserite in maniera nevrotica nella trama, senza far parte di essa e lasciando solo un'idea di spiritualità esistenzialista. La noia del vivere e l'incapacità di realizzazione sono i temi trattati. Questo malessere vitale è messo in luce dalla filosofia, ma studiare questa materia non offre nessuna soluzione, anzi. Così il protagonista, professore di questa materia, tenta una via più pragmatica per risolvere il suo malessere di vita: un delitto perfetto.
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Woody Allen ci regala un film godibile, sebbene stereotipico. Gli ingredienti della trama sembrerebbero tendere verso un film ai livelli de L'attimo fuggente o di Match Point, ma lo spettatore, invece, si trova davanti a una commedia brillante, dotata solo in apparenza di profondità: le citazioni filosofiche e letterarie vengono inserite in maniera nevrotica nella trama, senza far parte di essa e lasciando solo un'idea di spiritualità esistenzialista. La noia del vivere e l'incapacità di realizzazione sono i temi trattati. Questo malessere vitale è messo in luce dalla filosofia, ma studiare questa materia non offre nessuna soluzione, anzi. Così il protagonista, professore di questa materia, tenta una via più pragmatica per risolvere il suo malessere di vita: un delitto perfetto. Questa medicina al cianuro ha un risultato benefico nel professore, che ritrova la capacità di amare, almeno in apparenza.
Quello del rapporto di coppia è un tema centrale nel film. La critica di Allen è rivolta alla fascinazione che un romanticismo esistenzialista può produrre, sia in giovani studentesse brillanti che in mature professoresse stanche del quotidiano. E' in questa direzione che il film vuole puntare una torcia: conviene avere un atteggiamento pragmatico verso la vita, invece che esaltarla o crogiolarsi nell'autocommiserazione. Apprezzare quello che è a propria misura, questa è l'unica forma di felicità. Allen vuole forse suggerire che accontentarsi è l'unica forma di autorealizzazione? E' nella sfumata linea tra infatuazione e amore che il regista cerca di rintracciare un antidoto per l'impotenza vitale, ma alla fine si stende comunque un velo di grigia infelicità nelle vite dei protagonisti e anche l'amore assume toni opachi di rassegnazione.
Un film anche interessante, quindi, che lascia amareggiati, ma neanche eccessivamente pensierosi, anzi "meglio non pensarci troppo" sembra essere l'unica vera massima attorno a cui si sviluppa il film.
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