Advertisement
Il cinema è un hotel

L'affollato immaginario di Youth - La giovinezza.
di Roy Menarini

In foto una scena di Youth - La giovinezza
Michael Caine (Maurice Joseph Micklewhite) (91 anni) 14 marzo 1933, Londra (Gran Bretagna) - Pesci. Interpreta Fred Ballinger nel film di Paolo Sorrentino Youth - La giovinezza.

domenica 24 maggio 2015 - Approfondimenti

Il richiamo dell'albergo, per il cinema, pare irresistibile. Ci sono passati tutti, da Lubitsch ai cinepanettoni, da Kubrick a Wes Anderson, da Fellini a Resnais. E ora tocca a Sorrentino. Che cosa c'è di così gratificante nell'ambientare un film in un hotel? Facile: per regista e sceneggiatori è molto più semplice gestire storie e set. I personaggi, per entrare in scena, non devono avere altra giustificazione che un motivo per il riposo o la vacanza. E - nel tempo sospeso di una villeggiatura - il tempo libero dei protagonisti fa sì che molti di questi film propongano bilanci di vita o novità sentimentali.
Youth possiede entrambi, con una maggior attenzione al primo caso (il bilancio esistenziale) che non al secondo (le vicende emotive della figlia del protagonista). Curiosamente, quando tutti ci aspettavamo - dopo La grande bellezza modellata su La dolce vita - un Otto e mezzo postmoderno e reinventato, di felliniano invece c'è poco, fatti salvi due sogni (non memorabili, come la maggior parte dei sogni al cinema).
E dunque, detto che nell'hotel tirolese di Sorrentino alloggiano, più o meno nascosti nelle stanze dei piani alti, Wedekind e Thomas Mann, Billy Wilder e Stravinsky, Novalis e la body art, qual è la suite principale di questo resort montanaro di lusso? Ci sembra che il vero modello sotterraneo di Youth sia ancora una volta il cinema americano "indie". Diciamo "ancora una volta", perché era lo stesso di This Must Be the Place, sia pure annacquato da un viaggio internazionale curioso e bizzarro. Questa volta, soprattutto nei dialoghi o in certe musiche orientate all'indie rock, c'è aria di Alexander Payne, di Noah Baumbach, e del già citato Anderson (almeno 3-4 inquadrature e alcuni personaggi minori potrebbero tranquillamente considerarsi intercambiabili con The Grand Budapest Hotel, pur essendo i due film molto differenti per approccio: malinconico Sorrentino, survoltato Anderson, a parte la condivisione di Harvey Keitel).
Nel film si parla spesso di semplicità. Youth poteva essere semplice e purtroppo non lo è affatto.
Alla vicenda nostalgica e fragile di Fred, anziano compositore in ritiro, si aggiungono due strati narrativi particolarmente gravosi. Il primo cerchio, più intimo, è quello che comprende l'amico regista (Keitel fuori età e abbastanza spaesato), la figlia e il giovane attore. Il secondo, più episodico, è costituito da tutti gli altri personaggi che gravitano intorno all'hotel, dalla giovane prostituta alla massaggiatrice, dalla guida alpina al cameo di Jane Fonda, dal Miss Universo ai due vecchi coniugi silenziosi, via via fino al bambino violinista e all'emissario della regina. Per ciascuno, Sorrentino si sente quasi obbligato a inventare qualcosa, un tic, una rovina corporea, un dettaglio sordido, una caratteristica grottesca, un segno sul volto, una qualche forma di disgrazia fisiognomica o facciale. Sembra un cineasta totalmente in preda del suo istinto creativo, e però sovente incapace di processare il valore delle singole invenzioni. Il tutto si complica nel momento in cui questo cosmorama in squilibrio costante (diciamo il lato visionario) viene controbilanciato dalla costruzione sceneggiatoriale, con una curva narrativa sorprendentemente prevedibile che puntualmente produce uno dei finali più deludenti della sua intera filmografia.
E lo spettatore/critico? Che cosa dovrebbe fare? Se si abbandona al coté barocco, trova alcuni momenti eccezionali (il personaggio di Maradona su tutti) e altri imperdonabili (il monaco che levita, il concerto di campanacci, le apparizioni finali vicino al bosco). Se si aggrappa alla storia ne trova una spesso struggente e raffinata (il Fred dell'ottimo Michael Caine, vecchio ma troppo in salute per ritirarsi dal mondo) e un'altra fastidiosa e poco necessaria (il regista in crisi, assediato dalle serie Tv e dall'ispirazione che non c'è più).
Youth, però, ci dice anche qualcosa di più chiaro su Sorrentino. Quando la scrittura ruota intorno a personaggi davvero forti, che sorreggono interamente tutto il suo mondo e riescono con il proprio carisma a unire i puntini delle sue "epifanie", giungono risultati straordinari - i due protagonisti paralleli di L'uomo in più, il Titta de Le conseguenze dell'amore, l'Andreotti del Divo, il Jep Gambardella di La grande bellezza. Quando la figura centrale è più debole o troppo mascherata (L'amico di famiglia, This Must Be the Place e Youth), il potenziale stilistico di Sorrentino diventa una forza di disgregazione e di vaporizzazione, per quanto talentuosa, del suo stesso universo.
Questo non toglie che i frammenti rimasti per terra siano talvolta ammirevoli e fantasiosi. Ma forse lo spettatore si chiede se Sorrentino riuscirà mai a fare un film semplice e trasparente. Per lui che ama le sfide, una richiesta più che legittima.

Gallery


{{PaginaCaricata()}}

Home | Cinema | Database | Film | Calendario Uscite | MYMOVIESLIVE | Dvd | Tv | Box Office | Prossimamente | Trailer | Colonne sonore | MYmovies Club
Copyright© 2000 - 2024 MYmovies.it® - Mo-Net s.r.l. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale. P.IVA: 05056400483
Licenza Siae n. 2792/I/2742 - Credits | Contatti | Normativa sulla privacy | Termini e condizioni d'uso | Accedi | Registrati