Anno | 2015 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 90 minuti |
Regia di | Maurilio Mangano |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 21 gennaio 2015
Un documentario sui figli della guerra abkhazo-georgiana del 1992-1993.
CONSIGLIATO SÌ
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L'Abcasia è una repubblica indipendente della Georgia affacciata sul Mar Nero, non riconosciuta né dall'Onu né dall'Unione Europea. La guerra civile (1991-1993) scoppiata tra i separatisti abcasi e la Georgia ha provocato 30mila vittime di etnia georgiana e 250mila profughi, che hanno attraversato a piedi le montagne del Caucaso e da allora risiedono "in via temporanea" a Kutaisi, città della Georgia occidentale. Tra le 60 famiglie che vivono nell'Internat, una ex scuola riadattata in appartamenti, c'è quella degli Ugrekhelidze: padre morto nel conflitto, figli arrivati da piccoli nell'Internat con la madre. Che oggi, come altre donne della comunità, lavora più o meno clandestinamente in un altro Paese (Russia, Grecia). Ma ci sono anche i profughi del conflitto più recente (2008) tra Georgia e Russia per il controllo dell'Ossezia del Sud; guerra che per quanto breve causò centinaia di morti e migliaia di sfollati. Quindi a Kutaisi crescono bambini che hanno visto con i propri occhi i carrarmati, consapevoli di cosa voglia dire sopravvivere alla guerra. E ce ne sono altri che nel '91 non erano nati, e cercano di farsi spiegare dai genitori concetti inaccettabili come fratricidio, delazione, pulizia etnica.
Racconto di una comunità di esuli che si fa archetipico e universale, Internat si concentra su una situazione poco nota di sopruso e sradicamento (la Corte penale dell'ONU sta ancora indagando sui crimini di guerra). Una vicenda così potente e surreale (il confine abcaso è a soli 180 km dall'Internat) che la macchina da presa di Mangano, soprattutto nella prima parte, non può far altro che mettersene al servizio, registrando confessioni e frustrazioni alternate a immagini private, d'idilliaca pace familiare, e ai filmati d'archivio di quella traversata montana dalle reminiscenze bibliche. È nel raduno natalizio degli Ugrekhelidze in Imerezia, orgogliosamente attaccati alla loro tradizione contadina, che il desiderio di ricongiungersi con la patria e di onorare le tombe dei cari morti in guerra assume una forza mitica, sigillata lungo il film dai tanti momenti conviviali e di preghiera.
Testimonianza di un solidarismo contadino che vagheggia la terra madre come un'età dell'oro, Internat è rispettosa inchiesta su una deportazione sostanzialmente priva di copertura mediatica.