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Il nuovo Spielberg supera se stesso

L'America ha paura, non si sente più al sicuro. Ne Il ponte delle spie il regista racconta il passato prossimo come presente. Di Pino Farinotti.
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di Pino Farinotti

Tom Hanks (Thomas Jeffrey Hanks) (67 anni) 9 luglio 1956, Concord (California - USA) - Cancro. Interpreta James Donovan nel film di Steven Spielberg Il ponte delle spie.

domenica 27 dicembre 2015 - Focus

Il ponte delle spie, di Steven Spielberg. Il contesto: 1957, storia vera; è il momento in cui gli americani si accreditano ancora come garanti e protettori del mondo libero, minacciato dal comunismo. Fedele al suo destino di nazione che non riesce a stare senza guerre, l'America, uscita da non molto dal secondo conflitto mondiale dove aveva combattuto, e debellato, tre totalitarismi, due in Europa e uno in Giappone, ha identificato la Russia come nemico assoluto e combatte la cosiddetta guerra fredda. Che non è fatta si eserciti in divisa, di portaerei e di sbarchi, ma è soprattutto una guerra di spie, sotterranea.
A New York viene arrestato Rudolf Abel, russo, accusato, a ragione, di spionaggio. Abel non collabora, accetta il suo destino che lo porterà, verosimilmente, alla pena capitale. Gli viene assegnato un avvocato, Donovan, civilista, senza esperienze del penale. Ma Donovan, americano onesto, "tutto d'un pezzo" - le virgolette perché è un concetto portante del film - decide di apprestare una difesa accorata, perfetta, nonostante il cliente sia un nemico pericoloso. La tesi è questa: "Abel è un russo, dunque un soldato che combatte la sua guerra, che non vuole tradire la sua patria, ha tutto il diritto a una difesa secondo i comandamenti americani, della democrazia, della giustizia e della civiltà, non possiamo essere peggiori di lui. E poi "aggiunge pragmaticamente" potrebbe un giorno venir buono per uno scambio". L'avvocato si trova dunque in quella posizione delicata e pericolosa. È l'uomo più impopolare d'America, per strada lo insultano e lo minacciano. Qualcuno arriva a sparare alle sue finestre. Ma l'americano non cede di un millimetro.
Abel viene condannato a trent'anni. Succede che un aereo spia americano venga abbattuto e il pilota catturato dai russi, e che uno studente, anche lui americano, venga sospettato di spionaggio dai tedeschi dell'est e venga messo in prigione. Nel primo canto, quello della giustizia a oltranza, alla stregua di "nessuno tocchi Caino" Spielberg dichiara la propria americanità, difende la sua repubblica, e un verso del canto sta proprio nella procedura della prigione: gli agenti della Cia rispettano il prigioniero, lo trattano con umanità, i comunisti invece torturano. Primo canto e primo promemoria. La diversità delle azioni sottendono un richiamo esplicito. Gli Usa sono i buoni, gli altri sono i cattivi. La guerra è sacrosanta e va combattuta. Il secondo canto è quello dell'efficienza e del carattere.
Donovan viene convocato dal segretario di Stato che lo incarica di trattare la liberazione del pilota. Il teatro diventa Berlino, quella divisa in due dal muro. La parte orientale è grigia e povera, persino la neve sembra essere pericolosa, così come le strade e gli abitanti. Donovan cerca i contatti, coi russi, coi tedeschi, deve vedersela con la burocrazia politica, con gli antagonismi fra i due regimi. Ma ormai ha deciso che non mollerà, andrà fino in fondo e salverà pilota e studente.

La fase dello scambio sul "ponte" del titolo è stata definita da molti hitchcockiana, la tensione sta nell'incertezza della liberazione dello studente. Per la Cia, col pilota che sta per essere scambiato, la missione è compiuta. Ma Donovan vuol vincere due volte, alla fine ci riesce, nella tachicardia alla Hitchcock, appunto. Ma che Spielberg sappia applicarsi ai generi e risolverli al meglio è notorio. Ma questa volta va oltre. Credo proprio che abbia ragionato sul momento americano. Su quella leadership che sembra declinare. Sulla potenza che non serve a presidiare tante zone del mondo come accadeva una volta. Sulla fiducia degli alleati che è andata calando. Sulla confusione generata dalla mancanza di un nemico preciso da inquadrare e combattere. Sulla paura della nazione di non essere più al sicuro. Sulle scelte complesse, spesso non condivise, interne ed esterne di un presidente che, come Robin Williams in Jack, sembra invecchiare di quattro anni ogni anno.

Spielberg ti dice: eravamo un paese forte e garante, ce lo riconoscevano tutti, e civile perché capace di difendere un nemico pericoloso. Donovan è un eroe americano ed è un eroe "tutto d'un pezzo" senza macchia. Fuori moda, adesso. Ma col mio film, il passato prossimo lo racconto presente. Siamo sempre gli Stati Uniti d'America. Non dimenticatelo.

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