The Imitation Game |
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Un film di Morten Tyldum.
Con Benedict Cumberbatch, Keira Knightley, Matthew Goode, Mark Strong, Rory Kinnear.
continua»
Titolo originale The Imitation Game.
Biografico,
Ratings: Kids+13,
durata 113 min.
- Gran Bretagna, USA 2014.
- Videa
uscita giovedì 1 gennaio 2015.
MYMONETRO
The Imitation Game
valutazione media:
3,34
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Turing: il biopic che fa un po’ pocdi mprocFeedback: 310 | altri commenti e recensioni di mproc |
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venerdì 30 gennaio 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Liscio! L’occasione ghiotta, oltremodo invero assai, di alzare il velo su uno dei più spinosi retroscena della seconda guerra mondiale, del tipo sapere come la suddetta è andata “pe davero”, viene clamorosamente annacquata dal film del norvegese Morten Tyldum, che brucia il nome di Turing, degno di ben altro trattamento, alle presidenziadi come personaggio del ‘900 più imbarazzante per gli storici di razza (o razza di storici). La gente di cinema, si sa, a volte la dice com’è, più spesso ci ricama sopra, ma ciò che adora fare “pe davero” è inventarsela da zero. Questione di dna: un affabulatore è un affabulatore, capace che ti racconta anche lo scontrino, perciò, anche quando ha il destro per dare un po’ di serietà a un momento troppo spesso monopolizzato dal vincitore strisciostellato (o solostellato, dipende), decide di infilarci il melò, di buttarla sul travaglio, di farci scappare a tutti i costi la liaison, che in questo caso è quella autoimprobabile tra il Turing (Benedict Cumberbatch) e la Clarke (Keira Knightley), e raccontare infine in forma d’aneddotica tutto quanto puzza di scienza, come se le idee fulminassero sulla via di Damasco i (rari) possessori di una testa grazie a improvvise illuminazioni o allucinazioni da fungo, piuttosto che dalla diuturna fatica del cercare prima, controllare dopo e ricominciare da capo, insomma. L’idea poi che si possa restituire la veridicità storica immaginando che un professorino universitario abbia, tutto da solo, maturato la strategia dell’intelligence britannica per tutta la seconda guerra mondiale, è, insieme alla precedente, francamente un po’ troppo. Storie come questa voglio calvizie, non peluria, le devi raccontare facendo i salti mortali per non raccontarla, dirle senza annunciarle, illustrarle senza spiegarle, annoiare, quasi. L’unica interpretazione ammissibile è quella del metodo Stanislavskij vecchia maniera, in cui l’attore non è il personaggio, ma la persona stessa. Ciò che si vede invece nel film, purtroppo, è tutto l’opposto e cioè un’interpretazione fatta da interpreti. No! No! E ancora No! Va narrata, non raccontata. A contrappeso, va detto che il film getta luce su un punto di vista poco noto e cioè sulla reale portata che hanno avuto i servizi segreti nella seconda guerra mondiale. Nel pozzo ce ne sarebbe per tutti, tipo l’armata fantasma del generale Patton che sviò i tedeschi sullo sbarco in Normandia o quello che è successo nel palazzo imperiale dopo la bomba di Nagasaki. Vero che Turing costruì un congegno per il calcolo automatico della posizione dei rotori di una macchina Enigma, anche se è falso che sia stato il primo: fu preceduto dal polacco Rejewski, che costruì una macchina analoga che decrittava una Enigma a tre rotori. Quando i tedeschi aggiunsero altri due rotori, la “bomba” polacca (questo il nome originale) venne abbandonata. Vero che la “bomba” di Turing poté risolvere il problema della decrittazione solo grazie al fatto, noto, che ogni messaggio tedesco iniziava con la parola “wetter” (tempo), altrimenti non ce l’avrebbe mai fatta. Vero che Turing fu accusato di omosessualità, vero che si suicidò a causa della castrazione chimica. Non è insomma in questo o quel dettaglio che la ricostruzione faccia acqua, ma nel modo in cui tali particolari sono stati messi in fila e collegati da nessi logico/narrativi. Le Loro Eccellenze chiamate a dar fiato allo script (Matthew Goode, Charles Dance e tutti gli altri) ce la mettono tutta ma non chiudono il cerchio.
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