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Spandau Ballet, il sogno avverato di cinque ragazzi comuni

La band è protagonista di Soul Boys of the Western World.
di Raffaella Giancristofaro


martedì 21 ottobre 2014 - Approfondimenti

Il nome Spandau Ballet dice poco a chi negli anni '80 non era un teenager o su per giù (l'accento va sulla "a" di Ballet se lo pronunci all'inglese, sulla "e" se alla francese; Spandau è un quartiere di Berlino). Erano cinque prestanti ragazzoni di Londra, quartiere di Angel Islington, pazzi per David Bowie, Marc Bolan e Roxy Music. Nel 1979 nasce la formazione che resterà immutata: i fratelli Kemp - Martin al basso, Gary alla chitarra e songwriter del gruppo -, Steve Norman al sax, John Keeble alla batteria e Tony Hadley con quella voce e attitudine tra Morrissey, Bono e Julio Iglesias (e le tastiere? Le suonava Toby Chapman, ma non ha mai avuto l'onore del palco).

Si sono divisi le chart mondiali con Boy George & The Culture Club, Wham!, Sade, Eurythmics, Madonna. E, ovviamente, con Simon Le Bon & soci (da poco rilanciati da David Lynch con Duran Duran: Unstaged). L'antagonismo con questi ultimi era più che altro una speculazione mediatica, un duello cromatico, a colpi di ciuffi ingellati, trucco, riff millimetrici, spalline imbottite e colori fluo; non certo tra sonorità siderali. Il new romantic o glossy pop degli Spandau pescava e riutilizzava brandelli di funk, dance, soul. Musica patinata, che voleva dire batteria elettronica (su piatti esagonali bianchi come il pianoforte a coda), talvolta in assolo, come il sax, coretti sussurrati, video incoerenti in effetto flou. E vestiti: tanti, diversi, sgargianti, euforici. Come se la festa non finisse mai. Una produzione di album concentrata dall'81 all'89 (più rapsodiche raccolte negli anni 2000) e una manciata fortunatissima di singoli - da "True" e "Gold" (1983) a "Only When You Leave" e "I'll Fly For You" (1984), fino alla hit "Through the Barricades" (1986). In mezzo, l'Esperienza degli anni '80: il Live Aid.

In Spandau Ballet - Soul Boys of the Western World (oggi e domani al cinema), costruito massicciamente su materiale d'archivio, la regista George Hencken, che si dichiara "non una loro fan", scava nei loro esordi - incredibilmente ai confini col punk e l'elettronica - per sezionare le autentiche relazioni personali dentro la band: la separazione più o meno dichiarata, a fine anni '80, e il doloroso rendez vous in tribunale (nel '99) per una causa per diritti d'autore contro Gary Kemp da parte di Hadley, Norman e Keeble. Ripercorrendo il sogno avverato di cinque ragazzi comuni, che ha conciso con il decennio più vituperato del Novecento, Soul Boys of the Western World ripropone il dilemma: era solo stile o c'era anche sostanza? Nostalgia alle spalle, andiamo a scoprirlo.

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