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La politica degli autori: Olivier Nakache e Eric Toledano

I registi di Samba: un cinema che sta dalle parti del cuore.
di Mauro Gervasini

In foto i due registi Olivier Nakache e Eric Toledano.
Eric Toledano (52 anni) 3 luglio 1971, Versailles (Francia) - Cancro. Regista del film Samba.

mercoledì 22 aprile 2015 - Approfondimenti

Para bailar la Samba... Nel caso del film di Olivier Nakache e Eric Toledano, nelle sale italiane dal 23 aprile, non si tratta di un ballo ma di un nome, quello del sans papiers senegalese interpretato da Omar Sy in cerca di un permesso di soggiorno permanente a Parigi. La tentazione però è forte, quindi a un certo punto si balla davvero grazie al sedicente brasiliano Tahar Rahim, altro migrante senz'arte né parte che anima la corte dei miracoli imbastita dai due autori. Parliamo della stessa premiatissima ditta di Quasi amici (2011) il film francese più visto nel mondo, secondo in patria, per numero di ingressi e incassi, solo a Giù al nord. Un blockbuster di cui si prepara la versione americana e che ha lanciato Sy quale star internazionale, prossimamente nel cast di Jurassic World.
Mica facile addentrarsi nel favoloso mondo di Nakache/Toledano, nei confronti dei quali i militanti severi della critica continuano ad avere diffidenza, quando non un aperto pregiudizio negativo. In Samba, va detto, non mancano momenti micidiali. La storia in sé ripercorre sotto mentite spoglie il confronto tra due personaggi opposti, come nel film precedente. Un sans papiers e una donna, Charlotte Gainsbourg, volontaria dell'assistenza sociale dopo un esaurimento nervoso. In pratica va ad accudire i migranti come alternativa alla pet therapy. Lei e il protagonista dovrebbero avere solo rapporti burocratici, invece... In Quasi amici era la "mutua assistenza" tra il badante senegalese Omar Sy e il tetraplegico François Cluzet, con il primo che accetta la differenza degli schemi di vita "aristocratici" del secondo con naturalezza destabilizzante. Se sono oliati in Samba i meccanismi della commedia sentimentale, resta stucchevole, quasi esotica, la visione che i due autori hanno della criticità sociale, in particolare dei luoghi (i centri di smistamento, quelli di "concentramento" dei migranti costretti a ripartire verso i paesi d'origine, le stamberghe) e dei mestieri. A memoria non ricordo un altro film francese che mostri truci caporali in azione nel centro di Parigi, e di questo va dato atto alla coppia di registi. Peccato per il senso di pretestuosità che un po' ti resta appiccicato addosso. Anyway: ottimi gli attori e bella la fotografia.
Rispetto ad altri cineasti francesi senza pretese (tutti quelli della scuderia di Luc Besson, per esempio), Toledano e Nakache insistono nel voler realizzare film popolari ma d'autore. Si pongono sulla linea chiara di un cinema medio-alto, poco originale e persino ruffiano nel coinvolgere il pubblico semplificando al massimo situazioni dalla conflittualità disinnescata, quindi innocua (lotta di classe, confronto razziale, emarginazione della disabilità, cittadinanza). Allo stesso tempo però pensano al racconto senza grossolanerie o beceraggini.
Un cinema che sta a metà tra la testa e la pancia, dalle parti del cuore; e infatti cerca di essere sentimentale il giusto, partendo dalla costruzione di personaggi amabili o destinati a farsi amare lungo il percorso. Quasi amici in questo senso è esemplare. Conquista attraverso un linguaggio visivo e verbale semplice, non volgare, arricchito da protagonisti che danno un'immediata sensazione di autenticità. Chi ha uno sguardo meno bendisposto, forse addirittura meno ingenuo, fiuta subito le mille furbizie retoriche di storie così evidentemente studiate a tavolino. Che però funzionano, e sarebbe sbagliato non continuare a domandarsi perché.

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