Parliamo delle mie donne

Film 2014 | Commedia, +13 124 min.

Regia di Claude Lelouch. Un film con Johnny Hallyday, Sandrine Bonnaire, Eddy Mitchell, Irène Jacob, Pauline Lefèvre. Cast completo Titolo originale: Salaud, on t'aime. Titolo internazionale: Salaud, on t'aime.. Genere Commedia, - Francia, 2014, durata 124 minuti. Uscita cinema giovedì 22 giugno 2017 distribuito da Altre Storie. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 - MYmonetro 2,83 su 8 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento venerdì 23 giugno 2017

Durante la sua carriera come fotografo di guerra, Jacques Kaminsky si è preoccupato più del lavoro che dei suoi figli. La sua è stata però una scelta che finirà con il rimpiangere. In Italia al Box Office Parliamo delle mie donne ha incassato nelle prime 2 settimane di programmazione 90,7 mila euro e 31,5 mila euro nel primo weekend.

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Consigliato sì!
2,83/5
MYMOVIES 3,50
CRITICA 2,50
PUBBLICO 2,48
CONSIGLIATO SÌ
Lelouch continua a mettere in discussione le 'certezze' che il pubblico e la critica hanno acquisito su di lui.
Recensione di Giancarlo Zappoli
martedì 20 giugno 2017
Recensione di Giancarlo Zappoli
martedì 20 giugno 2017

Jacques Kaminski è un importante fotografo che ha trascorso la sua esistenza in giro per il mondo amando numerose donne e mettendo al mondo delle figlie delle quali si è sempre occupato ben poco. Arrivato ormai attorno ai settanta anni si trova in una splendida abitazione sui monti con la sua nuova compagna ed è lì che, senza che lui se lo aspettasse, le figlie lo raggiungono. Loro conoscono il motivo della visita. Lui no. Claude Lelouch dedica questo film ai suoi figli. Sono sette avuti da cinque donne diverse ed afferma che nemmeno il giorno del suo funerale pensa che si ritroveranno tutti insieme. Ecco allora che la voglia (che ha sempre avuto) di mettere parte della propria biografia nei suoi film qui si tematizza e trova un valido apporto nel volto scavato di un Johnny Halliday che ritrova quarant’anni dopo L’avventura è l’avventura.

Questo film del 2014 giunge finalmente sui nostri schermi dopo che per un decennio la censura di mercato aveva lasciato fermi al confine di Ventimiglia i suoi lavori. Nei quali aveva continuato a dare sfogo alla sua vena moltiplicatrice di storie e di percorsi quasi che il suo cinema dovesse continuare ad essere paragonabile a un delta estremamente ramificato.

Ma ogni film di Lelouch è al contempo una conferma, una sorpresa e una specie di punto fermo. È come se avesse la costante necessità di ripetersi ma, al contempo, non potesse fare a meno di rimettere in discussione le presunte “certezze” che il pubblico e la critica hanno acquisito su di lui. In questa occasione è la sua stessa dimensione privata che viene messa a nudo attraverso il personaggio non di un regista ma comunque di qualcuno incline ad osservare: un fotografo. Qualcuno che non ha mai smesso di vivere e che ha fatto della seduzione la propria arma vincente lasciando poi al caso o all’azzardo di occuparsi delle responsabilità genitoriali. A Jacques molto probabilmente Una vita non basta e questo ha fatto sì che la sua prole, tutta femminile, lo detesti e lo ami al contempo. Va notato, per inciso ma non solo, che il titolo originale ha una presa che quello italiano annulla edulcorandola. Si potrebbe infatti tradurre letteralmente con “Stronzo, ti amiamo” il che la dice lunga su ciò che il regista ritiene (o spera) che i suoi figli pensino di lui.

La rimessa in discussione la si trova anche sul piano della sceneggiatura che questa volta non prevede un moltiplicarsi di storie né salti avanti e indietro nel tempo. Ci collochiamo in montagna e lì rimaniamo sotto lo sguardo vigile di un rapace che viene un po’ didascalicamente associato al protagonista. Ma Lelouch è Lelouch e, a un certo punto della narrazione, non riesce a trattenersi e innesta in questo ritratto di famiglia elementi di un altro genere che non sono disturbanti ma non erano neppure necessari. Ovviamente non possono mancare omaggi a cantanti che stanno nel suo cuore così come citazioni del cinema del passato e, dulcis in fundo, un riferimento a un evento sportivo che si traduce in un’autocitazione per coloro che conoscono a fondo la sua filmografia. Perché a un certo punto sulle strade alpine passa una tappa del Tour de France. L’allora ventottenne Claude a bordo di una moto realizzò il documentario “Pour un maillot jeune”. Passione per le due ruote? Forse ma anche (e sicuramente) bisogno di denaro per far ripartire la sua casa di produzione sull’orlo del fallimento. Per lui nulla va lasciato di intentato pur di poter coltivare quella passione che è diventata professione e riflette la vita: il cinema.


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PUBBLICO
RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
giovedì 18 gennaio 2018
ADELIO

 Titolo e Regista accattivanti per chi si reca alla proiezione, si oscura la sala, si piomba in una sorta di “streaming” su un tapis roulant di bianca neve che ci ubriaca, che ci proietta rapidamente attraverso la nostra coscienza sino al luogo dove dimora il nostro spirito, dove c’è pace, candore e bellezza, in una parola ci si ferma allo Chalet dell’”AIGLE” [...] Vai alla recensione »

lunedì 3 luglio 2017
BRUNA PAROLINI

La storia si svolge tutta in alta montagna, in uno chalet che Jacques Kaminski ha acquistato per viverci con la sua attuale compagna Nathalie. Lui è stato un importante fotografo di guerra che ha trascorso la sua esistenza girando il mondo. In questo percorso ha conosciuto e amato molte donne, dalle quali ha avuto cinque figlie, ma non si è mai occupato di loro ed ora con l’avanzare [...] Vai alla recensione »

giovedì 20 luglio 2017
cocca 46

Tanta ruffianeria in questo film del regista che sembra cercare un alibi e una giustificazione per se'. Ai panorami bellissimi, alla casa raffinata, calda e ampissima, alla bella fotografia (naturalmente, visto che il protagonista e' un famoso fotografo), Lelouche affianca l'aquila maestosa (allude a se stesso?) che si avvicina agli umani per avere del cibo, ma che rimane comunque distante [...] Vai alla recensione »

lunedì 23 novembre 2020
elgatoloco

"Salaud, on t'aime"(Claude Lelouch, anche autore di soggetto e sceneggiatura, con Valérie Perrin, 2017, dove il titolo italiano"Parliamo delle mie donne"è fuorviante e improprio, dato"salaud"vale almeno"bastardo"). Intendiamoci: le donne ci sono, ossia una moglie o meglio una convivnete e cinque figlie, tutte di età diverse e avute da [...] Vai alla recensione »

martedì 27 giugno 2017
Flyanto

 Ritorna nelle sale cinematografiche il regista Claude Lelouch con una nuova ed un poco autobiografica commedia intitolata "Parliamo delle Mie Donne". Il protagonista (l'ex-cantante ed attore Johnny Halliday) interpreta il ruolo di un ormai anziano e famoso fotografo di guerra il quale ha vissuto tutta la propria esistenza dedicandosi principalmente al suo appassionante [...] Vai alla recensione »

sabato 24 giugno 2017
cardclau

Il personaggio del fotografo non sa amare. Non è coinvolto, seppur momentaneamente, nella relazione con le donne, e con le figlie. In realtà ama solo se stesso, e tutto si esaurisce nella seduzione. Il suicidio, ultimo atto di una noiosa sequenza di luoghi del sentire comuni, non elaborati col pensiero ma solo agiti di pancia, testimonia questa impressione.

sabato 25 aprile 2020
wolvie

Titolo originale " Stronzo, ti amiamo" e ci siamo, perché Jacques Kaminsky,stronzo, lo è, non c è nessun dubbio. Jacques è un famoso fotografo, inviato di tutte le guerre, che a 70 anni decide di isolarsi in una lussuosa baita in montagna (Alta Savoia). Nella sua vita Jacques ha sedotto molte donne e ne ha abbandonate altrettante. Quattro mogli e da ognuna una figlia: Autunno,Estate, Primavera ed Inverno, [...] Vai alla recensione »

martedì 21 aprile 2020
BENEDETTI

E' difficile dare un giudizio su questo film. e' vero il personaggio è un narcisista, non da l'impressione di saper amare, inverosimili alcuni passaggi, come l'innomoramento repentino dell'ultima compagna, il comportamento evidentemente irresponsabile dell'amico/medico, l'arrivo delle figlie così veloce in un posto così fuori mano diciamo.

domenica 19 aprile 2020
Francesco2

 Sono passati oltre vent anni da La cena,  uno degli ultimi film di  Scola, opera che impegnava -ma forse neanche troppo, volendo essere cattivelli- svariate personalita del cinema . Sempre volendo essere cattivelli -e  neanche troppo- qualcuno poteva obiettare che il regista di C eravamo tanto amati avesse realizzato un film privo di ispirazione autentica, desideroso soprattutto [...] Vai alla recensione »

giovedì 31 agosto 2017
martinside

Famiglia e morte, montagna e casa, al centro di una pellicola che non esplode ma sa toccare corde intime con profonda saggezza. Se "Parliamo delle mie donne" non è un film memorabile, resta comunque godibile ed interessante. Ci sono tavolate dove ci si ciba di risate e discordie, esistenze diverse che si intrecciano attorno ad un padre con almeno 4 figlie, ciascuna avuta da una donna [...] Vai alla recensione »

sabato 1 luglio 2017
angelo umana

 Roberto Nepoti nella sua recensione di questo film su La Repubblica parla di “gran spolvero di sentenze e luoghi comuni” ed è perciò che alla fine il film risulta artificioso, irreale, inconsistente, pretestuosamente celebrativo ed anche un po’ banale. Scorre come acqua fresca che non lascia segni, nonostante appartenga allo storico 80enne regista Claude Lelouch, [...] Vai alla recensione »

FOCUS
FOCUS
martedì 20 giugno 2017
Giancarlo Zappoli

Correva l'anno... si potrebbe iniziare così questa riflessione sul cinema di un regista che è arrivato a quota 46 film ma del quale non si rinvenivano più tracce sugli schermi italiani da 15 anni, cioè da quando nel 2002 era uscito And Now... Ladies & Gentlemen che aveva nel cast Jeremy Irons, Patricia Kaas e Claudia Cardinale. Da allora più nulla fino a questo Parliamo delle mie donne che è comunque del 2014.

Nel frattempo il regista parigino non solo sta per compiere 80 anni ma ha anche girato già altri due film (Un plus une nel 2015 e Chacun sa vie quest'anno).

C'è quindi una fascia di pubblico che potrebbe a buon diritto non sapere chi sia ma se se ne volesse fare un'idea, tanto veloce quanto efficace, potrebbe cercare in Rete C'etait un rendez vous, un cortometraggio del 1976 girato un mattino di festa all'alba mettendo la macchina da presa su un'auto, mettendosene alla guida e lanciandola a tutta velocità su un percorso da Porte Dauphine a Place du Tertre a Parigi senza mai fermarsi. Si potrebbe dire: senza trucco e senza inganno. Lo scopo? Sfidare un alto numero di disposizioni del codice della strada per mostrare il desiderio di un uomo di incontrare la sua donna. Usiamo il termine 'donna' perché Un uomo, una donna è stato il film che gli ha messo nelle mani la statuetta dell'Oscar ed ha smentito (insieme agli altri 45) la recensione dei Cahiers du Cinéma che, in occasione del suo esordio nel lungometraggio, chiudeva così: "Claude Lelouch. Segnatevi questo nome. Non lo sentirete più". Non è andata precisamente così anche se l'ostilità di buona parte della critica francese (e non solo) non gli è mai mancata.

STAMPA
RECENSIONI DELLA CRITICA
giovedì 22 giugno 2017
Roberto Nepoti
La Repubblica

Già celebre fotografo di guerra, Jacques Kaminsky ha sempre curato di più le sue Leica che le quattro figlie avute da altrettanti letti diversi. Ora, settantenne, si è ritirato in un favoloso chalet sulle Alpi assieme alla nuova compagna. Vi giunge in visita il suo migliore amico, il medico Frédéric, che per renderlo felice ha un'idea balzana: convocare sul luogo le quattro rampolle di Jacques raccontando [...] Vai alla recensione »

giovedì 22 giugno 2017
Federico Pontiggia
Il Fatto Quotidiano

Riunione di famiglia per Jacques Kaminsky (il rocker Jonny Hallyday), famoso fotografo di guerra e seduttore seriale. Trasferitosi in una baita alle pendici del Monte Bianco con la nuova compagna Nathalie, Jacques incontra un'attraente agente immobiliare, Nathalie (Sandrine Bonnaire), e soprattutto l'eterno dissidio tra lavoro e affetti: spinto dal benevolo inganno dell'amico Frédéric (Eddy Mitchell), [...] Vai alla recensione »

giovedì 22 giugno 2017
Maurizio Acerbi
Il Giornale

Forse, era più appropriato titolare il film traducendo l'originale «Ti amiamo, bastardo», che questo, apparentemente, sdolcinato «Parliamo delle mie donne», poco idoneo per inquadrare il vero senso del film. Nella pellicola (la sua terz'ultima, del 2014) che Claude Lelouch ha impiegato due anni a scrivere, infatti, il genere femminile ne esce davvero male, comparsa intorno al maschilismo regnante del [...] Vai alla recensione »

giovedì 22 giugno 2017
Federico Gironi
Il Messaggero

Basta foto di guerra (che pur l'han reso ricco e famoso), basta Parigi e basta moglie rompiballe: Johnny Hallyday molla tutto, seduce l'agente immobiliare che gli ha venduto uno spettacolare alpeggio sul Monte Bianco, e che potrebbe essere sua figlia, e sogna che le figlie - quelle vere, quattro, avute da quattro donne diverse - lo vadano a trovare nella nuova casa.

giovedì 22 giugno 2017
S.N.
La Stampa

Ha il fascino di un reperto di altri tempi il film Parliamo delle mie donne (2014), dove Claude Lelouch, classe 1937, si diverte a disegnare sul filo dell'autobiografia (sette figli da cinque differenti partner) una sorta di ritratto di attraente «salaud» (mascalzone, come da titolo originale) vitale negli amori e problematico negli affetti paterni, affidandone il ruolo a Johnny Halliday, uno degli [...] Vai alla recensione »

giovedì 22 giugno 2017
Antonello Catacchio
Il Manifesto

Alla soglia degli 80 (Parliamo delle mie donne arriva sui nostri schermi con tre anni cli ritardo) Lelouch la mette pesantemente sull'autobiografico. Si affida a un alter ego, rappresentato da Johnny Hallyday, di poco più giovane del regista, lo battezza Jacques Kaminsky e lo trasforma in fotografo di fama mondiale. Sciupafemmine e padre assente di quattro ragazze ormai donne avute da diverse compagne. [...] Vai alla recensione »

giovedì 22 giugno 2017
Silvio Danese
Quotidiano Nazionale

Lelouch. Una volta era un cineasta col nome sopra il titolo: incassi dal pubblico e smorfie alla critica con icone dei destini incrociati nel nuovo amore romantico, adultero, pluri familiare, della borghesia europea ("Un uomo, una donna", decise la carriera nel '66). Illuminato a 80 anni da un guru indiano, padre di sette figli da mogli diverse, qui affida a un patriarca, grande fotografo con la faccia [...] Vai alla recensione »

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