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Messi, calcio e cinema

La storia del piccolo freak che è diventato il re del football internazionale.
di Roy Menarini

In foto il campione Lionel Messi.

sabato 30 maggio 2015 - Approfondimenti

Inutile cercare un tocco autoriale di Álex de La Iglesia nel suo documentario Messi - Storia di un campione dedicato al miglior giocatore di calcio vivente, Lionel Messi. Troppo intelligente il regista spagnolo per immaginare di fare ombra in qualsiasi modo al campione argentino, specie con la sua tendenza alla sproporzione e ai freaks. Eppure Messi era a suo modo un piccolo freak, appunto una sproporzione vivente con quelle gambe corte e quei problemi di crescita che gli sono costati tanti sacrifici e una cura molto dolorosa. La passione per il calcio, così come quella per qualsiasi sport, forgia però nel quotidiano, in nome della gloria futura. E il piccolo freak è diventato il re del football internazionale.

Che Messi fosse destinato alla fama e alla grandezza non era così scontato. Nel film, gli esperti, i compagni e i grandi allenatori lo ricordano: le "canteras" delle squadre sono piene di fenomeni che a 11 anni dribblano tutti gli avversari e segnano 9 gol a partita. Ma quanti di loro ce la fanno? Quanti di quelli mantengono le promesse? Di quanti lo sviluppo fisico e mentale sostiene le ambizioni? Ecco Messi è uno su mille, e proprio per questo oggi la sua storia retrospettiva non è quella della leggenda annunciata ma quella del singolo talento sbocciato tra i molti. E sebbene siamo impressionati dagli home movies che ne narrano le gesta, quasi che intravediamo già le doti e le coreografie dei suoi gol oggi più famosi, non dobbiamo dimenticare che a quest'ora altrettanti piccoli Messi stanno stupendo i propri genitori ma che solo uno o due emergeranno dal competitivo mondo delle squadre giovanili.

In Messi - Storia di un campione in verità c'è molto cinema. C'è il mockumentary - o comunque la ricostruzione narrativa di avvenimenti del passato del giocatore -, ci sono i filmini amatoriali, ci sono le interviste "deluxe" del documentario/evento (con la scusa sceneggiatoriale della cena al ristorante con i grandi della storia del calcio), e c'è ovviamente un mix di melodramma, avventura e cinema sportivo.

D'altra parte il calcio al cinema è un bel pasticcio. Non è un caso che nella filmografia di riferimento non si trovino film davvero epocali, a meno di considerare casi molto specifici. Le modalità di ripresa televisiva della partita - dalla camera quasi fissa in tribuna degli inizi alle evoluzioni fly-cam di oggi, con tanto di slow motion iperbolici - sono sempre state troppo o troppo poco per il linguaggio cinematografico. Decostruire il match attraverso la settima arte è un bel problema, non risolto nemmeno dal pur bellissimo Fuga per la vittoria o dalla resistibile saga di Goal!. Il calcio come occasione per mettere in discussione il senso del cinema, dello sport e della performance corporea invece ci dice altro. Pensiamo al cortometraggio Forza Bastia di Jacques Tati del '78 (proseguimento in forma di sperimentazione sonora dei gesti assurdi e poetici del suo mondo); a Zidane del videoartista Douglas Gordon; alla paura del portiere Prima del calcio di rigore di Wenders, dove la partita serve solo ad acuire la solitudine del protagonista; all'incontro tra arti marziali, fantasy e cartoon di Shaolin Soccer e magari anche degli anime televisivi dedicati all'argomento. E così via, di reinvenzione in sperimentazione.

Nulla del genere, giustamente, in Messi - Storia di un campione. Anche perché la sfida alle leggi del baricentro, la velocità dell'esecuzione, la rapidità delle gambe, unita a quella imponderabile nozione che è l'intelligenza sportiva (capace di albergare anche in personaggi poco istruiti e pieni di limiti culturali, vedi Alberto Tomba), sono già di per sé il grande "cinema" di Messi.

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