Lo Hobbit - La battaglia delle cinque armate

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Un film di Peter Jackson. Con Ian McKellen, Martin Freeman, Richard Armitage, Evangeline Lilly, Lee Pace.
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Titolo originale The Hobbit: The Battle of Five Armies. Fantastico, Ratings: Kids+13, durata 144 min. - USA, Nuova Zelanda 2014. - Warner Bros Italia uscita mercoledì 17 dicembre 2014. MYMONETRO Lo Hobbit - La battaglia delle cinque armate * * 1/2 - - valutazione media: 2,92 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Addio, Terra di Mezzo! Valutazione 4 stelle su cinque

di ClaudioFedele93


Feedback: 9200 | altri commenti e recensioni di ClaudioFedele93
venerdì 19 dicembre 2014

Fa uno strano effetto entrare in sala e vedere l'ultimo capitolo de Lo Hobbit, vuoi per il grande eco di cui ha goduto la saga in passato e adesso, vuoi le per aspettative (in parte ridimensionate dalla maggior parte della critica e da chi si è immedesimato nell'arduo compito di fare il critico per l'occasione), vuoi anche per una certa emotività ed infine per il fatto di cui bisogna ormai prendere coscienza: La Terra di Mezzo ci saluta attraverso Jackson e il lascito di questi sarà ormai una eredità pesante con cui si dovrà fare i conti. 

Una serie di sei film, i primi 3, realizzati nei primissimi anni 2000, corrispondenti ai libri omonimi de Il Signore degli Anelli; la nuova trilogia nata, con un lungo travaglio, dal romanzo "minore" del professore inglese che ha rivisto (dopo una lunga gestazione) ancora P.J. alla cabina di regia. 

La Battaglia delle Cinque Armate è un lavoro inedito e innovativo, sotto vari punti di vista, in primis a livello tecnico. Se eravamo infatti abituati ad una certa prolissità e calma nei lavori del neozelandese oggi ci troviamo di fronte ad lungometraggio carico di pathos, tensione e dotato di un ritmo davvero forsennato, in pieno stile e coerenza con gli ultimi 15 minuti di quella The Desolation of Smaug di un anno addietro. Ma laddove il secondo ed il primo capitolo godevano di tempi rilassati qui la pressione e gli eventi rocamboleschi ci portano in una giostra inarrestabile come se ci trovassimo alla guida di una macchina incapace di andare sotto i 70 km orari. 

E' un male questo? Assolutamente no! Un Jackson inedito è ciò di cui si aveva veramente bisogno, un registro completamente innovativo è stato un passo vincente che non ha ammorbidito né ingolfato un ingranaggio tanto delicato come poteva essere la trilogia de Lo Hobbit. Ad affiancare il tutto vi è poi il talento e l'estro creativo, la voglia di spingersi oltre e rendere dinamica la propria arte perché mai la regia del premio Oscar era stata tanto fluida come adesso e tale fluidità ha potuto rendere il tutto elegante e sofisticato al tempo stesso, permettendoci di assistere ad una dura battaglia, sempre ben controllata, ma pur costantemente realistica e incredibilmente "fisica". Ad eccezione di alcuni scivoloni, inscenati sopratutto dagli elfi ed in particolare da Legolas, le cinque armate danno vita ad una battaglia che fa del corpo a corpo e della fisicità il proprio punto di forza. 

Al di là di questo c'è poi la storia ed i personaggi, ove alcuni godono di maggior enfasi ed altri meno. Il piccolo Bilbo Baggins è testimone del lento declino di Thorin, ma è anche protagonista di alcuni dei più eroici atti di coraggio, specchio del suo valore e della sua fedeltà. Thorin, Thranduil, Bard e Gandalf devono fare i conti con i propri demoni, sia interiori che esteriori ed il tutto in alcuni frangenti assume connotati puramente teatrali che subiscono l'influenza di Shakespeare e di altri esponenti passati del teatro di Sua Maestà. 

Ma dove La Battaglia delle Cinque Armate scricchiola? Nella sua natura di terzo capitolo, che qui non convince appieno, perché al contrario di Un Viaggio Inaspettato e La Desolazione di Smaug una volta usciti dal Cinema non si ha una sensazione di completezza, né (parafrasando) ci si sente con la "pancia piena". Quel che in principio doveva essere un film diviso in due parti adesso è costretto a scontare alcune lacune di sceneggiatura e sotto-trame non chiamate in causa durante l'epilogo, perché è proprio nella conclusione che si legge in modo chiaro un disegno composto in modo diverso nella sua genesi e poi gestito in un altro; forse se avesse avuto altro tempo, Jackson, sarebbe stato in grado di saper regalarci qualcosina in più e qui c'è un po' di amaro dispiacere dato il potenziale. Non è una critica particolarmente pesante, però essa rappresenta la consapevolezza di essere venuto concretamente al cospetto della seconda parte della medaglia di questa produzione, la parte potremmo dire "più scomoda". 

Per quel che riguarda la fedeltà ai libri va detto che così come in passato, anche adesso si ripercorrono all'incirca gli stessi avvenimenti, con qualche considerevole cambiamento, ma in fondo niente di rivoluzionario dato che chi scrive è un convinto fautore che le trasposizioni non possano mai essere tali e quali alla loro contro parte cartacea, il più delle volte per via del fatto che ciò che funziona in un libro al cinema non può funzionare. (Es. Tom Bombadil ne La Compagnia dell'Anello) 

C'è comunque Tolkien, magari non sempre, ma c'è e lo si scorge tra le righe, nel profondo, al di là dei duelli e degli effetti speciali e dato che bisogna comunque sapersi adattare è vero che in questo film c'è anche Il Trono di Spade (sotto un'aspetto puramente antropologico, così come c'è molta televisione sopratutto nella scelta di "dividere" un film a metà con un cliffhanger) e molte realtà videoludiche o cinematografiche con cui oggi è giusto confrontarsi e che hanno reso la trilogia precedente tanto affascinante, quanto un semplice e geniale connubio tra forma e contenuto perfettamente calibrato. Tematiche, sfumature, dialoghi e piccoli dettagli ci portano a scoprire alcuni elementi del Legendarium che però non sono serviti su un piatto d'argento e molte volte proposti sotto angolazioni diverse, confluite in quella che è la base del cinema di Jackson. 

Lo Hobbit è arrivato così alla sua conclusione, dimostrandosi esattamente come il suo alter ego cartaceo: un qualcosa di inferiore a quel che rimane un capolavoro cinematografico/letterario quale è Il Signore degli Anelli, ma grazie ad un uomo che ha impiegato 20 anni della sua vita è indubbio che quel che ci troviamo davanti sia un ottimo lavoro, un finale che seppur non elaborato come The Return of the King farà commuovere in modo naturale chi nel 2001 varcò la porta di una qualunque sala cinematografica ed udì in quell'occasione raccontare da Bilbo quelle che furono le sue avventure. Ed allora in fin dei conti si è spinti a chiudere un occhio di fronte alle varie imperfezioni, ad alcuni personaggi lasciati a se stessi e ad alcuni inseriti forzatamente per diluire il tutti (vedi Alfrid la cui presenza oltre che a dar noia risulta fine a se stessa), consci che purtroppo molte verità verranno svelate nella famosa Edizione Estesa, mai come ora necessaria e tanto importante. Una lacrima sincera scenderà sul volto di chi ha amato ed ama la Terra di Mezzo perché questa vale più di tutto l'oro di Erebor.

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antonio montefalcone sabato 20 dicembre 2014
pellicola dignitosa che conclude una saga discreta
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“The Battle of the Five Armies” è un gran lavoro di ricostruzione narrativa, scenica e visiva, degno capitolo conclusivo di un appassionato spettacolo cinematografico che mescola fedele riproduzione letteraria e libera invenzione, rappresentazione formale e cura tecnica, ampio respiro, ritmo e grande epica. La bulimia visiva del film trova il suo fulcro nella travolgente battaglia tra i cinque eserciti riuniti per assumere il controllo di Erebor; e la narrazione estesa privilegia la poetica tolkieniana del predominio del Bene malgrado i conflitti e le ossessioni degli eroi contro la costante minaccia del Male e i suoi terribili poteri. Notevole è il prezioso apporto della C.G.I. e della fotografia, nonché il formidabile cast di attori. [+]

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