fedenisi
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mercoledì 22 luglio 2020
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naturalismo
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E simbolismo. Lento ma senza subirlo. Grande cinema!!!
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greatsteven
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domenica 17 settembre 2017
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un concorso televisivo in una terra di apicoltori.
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LE MERAVIGLIE (IT/SVIZZ/GERM, 2014) diretto da ALICE ROHRWACHER. Interpretato da ALBA ROHRWACHER, MARIA ALEXANDRA LUNGU, MONICA BELLUCCI, SAM LOUWYCK, SABINE TIMOTEO, AGNESE GRAZIANI
In Toscana abita una famiglia di apicoltori in un casale di campagna: padre, madre, quattro figlie femmine, capeggiate dalla primogenita Gelsomina. Il babbo, di origine tedesca, vuole preservare l’intera famiglia dai rischi dell’industria, di cui diffida imperterrito, e continuare il lavoro a conduzione famigliare secondo gli antichi valori contadini. Pertanto la loro esistenza prosegue sui ritmi che la natura stessa scandisce, fintantoché non approdano in paese due novità: un giovane uomo germanico da rieducare che ha combinato qualche casino e ha dunque problemi con la giustizia, e l’arrivo di un programma televisivo, Il paese delle meraviglie, di cui è protagonista una bellissima donna, la fata bianca Milly Catena, interessato alla genuinità dei prodotti agricoli locali e intenzionato pure a premiare le delizie migliori in un concorso.
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LE MERAVIGLIE (IT/SVIZZ/GERM, 2014) diretto da ALICE ROHRWACHER. Interpretato da ALBA ROHRWACHER, MARIA ALEXANDRA LUNGU, MONICA BELLUCCI, SAM LOUWYCK, SABINE TIMOTEO, AGNESE GRAZIANI
In Toscana abita una famiglia di apicoltori in un casale di campagna: padre, madre, quattro figlie femmine, capeggiate dalla primogenita Gelsomina. Il babbo, di origine tedesca, vuole preservare l’intera famiglia dai rischi dell’industria, di cui diffida imperterrito, e continuare il lavoro a conduzione famigliare secondo gli antichi valori contadini. Pertanto la loro esistenza prosegue sui ritmi che la natura stessa scandisce, fintantoché non approdano in paese due novità: un giovane uomo germanico da rieducare che ha combinato qualche casino e ha dunque problemi con la giustizia, e l’arrivo di un programma televisivo, Il paese delle meraviglie, di cui è protagonista una bellissima donna, la fata bianca Milly Catena, interessato alla genuinità dei prodotti agricoli locali e intenzionato pure a premiare le delizie migliori in un concorso. Sarà un’estate straordinaria e speciale per le quattro sorelle, e fondamentalmente anche per il capofamiglia Wolfgang e la moglie, che cambierà per sempre la loro vita, in quanto la fortuna, durante il concorso di premiazione, arriderà anche a loro. Presentato alla Quinzaine des Réalisateur a Cannes 2014, il film s’è conquistato il Gran Premio della Giuria, e una volta tanto il riconoscimento non ha sortito delusioni: la Rohrwacher, alla sua seconda esperienza al festival cinematografico francese, ha deciso di trarre dalla propria autobiografia una trama tranquillamente sensazionale, o meglio, di costruire su esperienze personali una vicenda che affonda la propria ragion d’essere nella propria storia famigliare. Non a caso Alice ha voluto come protagonista femminile la sorella minore Alba, che ultimamente sta davvero affinando un talento recitativo fuori dal comune che la condurrà molto lontano. Stilisticamente è un compendio contemplativo sulla vita di tutti i giorni, l’importanza delle tradizioni secolari nel lavoro del settore primario, sulla trasmissione intergenerazionale di valori significativi, sul fascino che le apparenze possono generare su menti tutto sommato ingenue che però credono, e con ragione, nella rilevanza fondamentale dei sogni. La poesia del quotidiano è narrata dalla regista con un registro talmente sensibile che molto spesso tocca corde commoventi e richiama in più occasioni la sua stessa personale esperienza di vita, donando pertanto all’opera verosimiglianza, mista a sincerità e ad una vitalità che prorompe grazie (e non malgrado, come un occhio inesperto potrebbe supporre) alla serenità che pervade tutti i cento minuti della durata del film. Un’autentica meraviglia è anche la stupenda Bellucci nei panni della conduttrice biancovestita del concorso televisivo che vuole visitare i paesi campestri per conoscere le onorevolissime squisitezze gastronomiche autoctone e donare un riconoscimento ben meritato non tanto ai prodotti in sé, quanto soprattutto agli uomini e alle donne che trafficano giorno dopo giorno per donare al commercio, direttamente dalla terra, il frutto delle proprie mani e della propria fatica. I due momenti più eccitanti sono l’arrivo di Martin, il ragazzaccio tedesco che fugge dalle forze dell’ordine per aver infranto alcune norme, molto efficace nella sua parlata interlinguistica, col suo ciuffo biondo e il suo fare beatamente scanzonato, e la ricerca del bambino nel bosco di notte, la stessa notte in cui i conduttori della televisione attribuiscono i premi ai cibi di produzione locale. Una recitazione corale che permette tanto agli adulti quanto ai fanciulli di esprimersi (in varie lingue, poiché si sente parlare in italiano, toscano, francese e tedesco, ma questa è più che altro una battuta intrusiva) artisticamente nel modo più funzionale al quadro positivo e ottimistico dell’insieme, che apre le porte alla speranza e specialmente non manca di mandare un monito, questo molto meno ottimistico, all’invasione dell’industrializzazione forzata che distrugge le ataviche pratiche lavorative di un tempo che, al contrario delle macchine ottuse e ripetitive, rispettano le leggi e i tempi della natura. Un elogio alla vita contadina che vi aggiunge anche un panegirico educativo e non buonista (il rischio è evitato con abilità) della fedeltà e dell’amore tra famigliari, ribadendo l’importanza della compattezza dell’amore e della risolutezza dei sentimenti. La Rohrwacher regista dimostra di avere le carte in regola per portare a casa uno stupendo regalo meritatamente riconosciutole perché conosce la materia narrativa di cui discorre e la espone con occhio lucido e senza prendersi la briga di esprimere giudizi a favore degli uni o degli altri, ma limitandosi bensì, e con saggezza, a rammentare a chiunque l’abbia dimenticato che la terra rende tanto meglio quanto l’uomo riesce a coltivarla senza forzarla e con la debita delicatezza, il che costituisce un perno fondante che troppo spesso, anche nel cinema d’essai, viene trascurato. Montaggio: Mario Spoletini. Musiche originali di Piero Crucitti. Scenografia: Emita Frigato. Fotografia: Hélène Louvart. Riconosciuto di interesse culturale con sostegno dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Direzione Generale Cinema. Un’ennesima lode che va a completare un caleidoscopio di colori, forme e suoni che affascina dal primo all’ultimo fotogramma, incantando lo spettatore col suo rigore poetico, l’ambientazione scarna ma al contempo anche intrigante e la veracità dei suoi piccoli personaggi, lavoratori instancabili e felici.
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dario
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domenica 2 agosto 2015
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insopportabile
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Una noia cosmica, una presunzione senza limiti. Nessuna capacità narrativa, scene scontate, vicende banalissime, minimalismo telefonato, spocchia. Misteriose le Rohrwacker: la regista sempre sopra le righe, anche nella più scontata inquadratura, l'attrice sempre con il mal di pancia. Impossibile resistere.
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gianleo67
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sabato 8 novembre 2014
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lo spirito dell'alveare...secondo rohrwacher
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Gelsomina, mite e laboriosa, è un'adolescente da sempre vissuta nel casale della campagna toscana dove condivide il duro impegno nell'apicoltura con un padre testardo e dispotico, una madre dolce e accondiscendente, le tre sorelle più piccole ed una giovane amica che vive con loro. Combattuta tra doveri familiari e legittime aspirazioni adolescenziali decide di partecipare, all'insaputa e contro la volontà paterna, ad un concorso che una trasmissione televisiva itinerante sta realizzando sul posto allo scopo di valorizzare le vocazioni di una terra legata alla memoria di un'antica cultura etrusca e ad un presente di piccole aziende agroalimentari a conduzione familiare.
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Gelsomina, mite e laboriosa, è un'adolescente da sempre vissuta nel casale della campagna toscana dove condivide il duro impegno nell'apicoltura con un padre testardo e dispotico, una madre dolce e accondiscendente, le tre sorelle più piccole ed una giovane amica che vive con loro. Combattuta tra doveri familiari e legittime aspirazioni adolescenziali decide di partecipare, all'insaputa e contro la volontà paterna, ad un concorso che una trasmissione televisiva itinerante sta realizzando sul posto allo scopo di valorizzare le vocazioni di una terra legata alla memoria di un'antica cultura etrusca e ad un presente di piccole aziende agroalimentari a conduzione familiare. A complicare la situazione arriva anche un ragazzino difficile, affidato alla loro famiglia per un periodo di lavoro e di necessaria riabilitazione sociale.
Come già il precedente 'Corpo Celeste' (2011), Alice Rohrwacher si cimenta nella scrittura e nella direzione di una co-produzione internazionale con il doveroso contributo di RAI Cinema e dei fondi ministeriali, dove l'impronta sociale legata ad uno spaccato familiare complicato e promiscuo si confonde con una vocazione personale più incline ad un certo realismo magico ed all'astrazione simbolica, confermandone tanto i molti pregi che i non pochi difetti, ma riuscendo a portare a termine un lavoro che riesce a chiudere il suo discorso senza ripiegarsi più di tanto su se stesso. Attingendo al patrimonio di una memoria contadina e ad un'esperienza familiare multiculturale di chiara derivazione autobiografica, la Rohrwacher anima l'apparente idillio di una comune rurale a conduzione familiare con le aspirazioni ecologiste di un bisbetico apicoltore teutonico dal forte accento toscano che finiscono per scontrarsi, negli esemplari ammiccamenti di una civiltà della mistificazione, con le suadenti sirene di una modernità commerciale che tutto finisce per corrompere e piegare alle proprie esigenze di spettacolo e di palinsesto. Catalizzatore di questo inevitabile processo di manipolazione e mistificazione, sembra proprio la giovane adolescente Gelsomina, il cui racconto di formazione sembra intersecare tanto le ragioni di una meraviglia che nasce dal reale contatto con la natura (la pacifica convivenza con le api che affiorano magicamente dalle sue labbra) quanto la più prosaica e realistica sensibilità alle attrattive di un mondo 'esterno' luccicante ed ammaliante quanto falso e indifferente. Pur non convincendo troppo per via di un sovraccarico di motivi e spunti simbolici forzatamente inseriti nel contesto realistico della narrazione (l'ideale ecologista, le mistificazioni televisive, la parabola sociale, il racconto di formazione e chi più ne ha più ne metta) e di un finale che converge mestamente verso una deriva onirica e pessimista (l'ideale ha perso, l'azienda ha chiuso i battenti e la troupe televisiva ha ormai tolto le tende) senza una reale tensione emotiva a sorreggerla, si riconosce all'autrice l'indubbia sensibilità di un registro che cerca senza enfasi la magia di una realtà contadina dove ci si illude che ancora sopravvivano tanto l'armonia del rapporto con la natura quanto quello tra le persone, unico baluardo contro le forze disgregatrici di una utopistica unità familiare. Bravo nel ruolo del rude Wolfang il coreografo fiammingo Sam Louwyck, ma soprattutto sorprende positivamente l'interpretazione della giovane esordiente di origini romene Maria Alexandra Lungu scelta in un casting che finisce per assomigliare molto (troppo) a quello che nel film fa una fatina dall'aria svampita interpretata da una attempata ma sempre attraente Monica Bellucci. Location suggestive di una indefinita geografia rurale al confine tra Toscana e Umbria nella bella fotografia di Hélène Louvart. La Rohrwacher non sarà Erice ('El espíritu de la colmena' - 1973) ma finisce lo stesso per guadagnarsi meritatamente il Grand Prix Speciale della Giuria al Festiva di Cannes 2014.
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antonietta dambrosio
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sabato 1 novembre 2014
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film raffinato
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Gelsomina è il suo nome, e come da un fiore appena dischiuso, le api vengono fuori dalla sua bocca, camminano lentamente seguendo il profilo del suo viso, e su quella pelle sentono la cura, la pazienza e l'amore. In un casolare in stato di abbandono immerso nell'atmosfera rurale delle brulle e fangose campagne umbre, si muovono le figure che animano la pellicola di Alice Rohrwacher ambientata negli anni novanta, e Gelsomina è la primogenita delle quatto figlie di Wolfgang e Angelica (Alba Rohrwacher).
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Gelsomina è il suo nome, e come da un fiore appena dischiuso, le api vengono fuori dalla sua bocca, camminano lentamente seguendo il profilo del suo viso, e su quella pelle sentono la cura, la pazienza e l'amore. In un casolare in stato di abbandono immerso nell'atmosfera rurale delle brulle e fangose campagne umbre, si muovono le figure che animano la pellicola di Alice Rohrwacher ambientata negli anni novanta, e Gelsomina è la primogenita delle quatto figlie di Wolfgang e Angelica (Alba Rohrwacher). La famiglia, in compagnia dell'ospite Cocò (Sabine Timoteo), conduce una vita quasi arcaica legata all'apicoltura e al lavoro della terra, scandita da notti passate su una brandina all'aria aperta, sveglia all'alba, piedi nudi nel fango, bagno nel lago dopo ore di duro lavoro a smielare favi, secchi da cambiare per la raccolta del miele, ed in "questo mondo che sta per finire" irrompe prima Martin, un ragazzo inserito nella famiglia allo scopo di rispettare un programma di rieducazione, e poi la fata Milly Catena (Monica Bellucci) che arriva con il suo concorso televisivo "Le meraviglie". Wolfgang, fedele alla rigidità voluta dalle sue origini tedesche, è un padre burbero e irascibile, ma è un uomo che a suo modo ama sua moglie e le sue figlie, e a Gelsomina (Maria Alexandra Lungu) trasmette i segreti e l'arte dell'apicoltura, vedendo in lei il maschio mancato a cui affidare l'eredità del suo mondo, ed è a lei che regala il cammello che desiderava da bambina. Le lacrime di Gelsomina, alla vista del cammello, sono il segno del suo passaggio nell'età adulta, o sono il passo verso il luccichio di un mondo diverso che intravede oltre il casolare. Sentiamo con lei il peso e l'orgoglio delle responsabilità, la malinconia nella voce che chiede ancora ordini a suo padre dopo averlo deluso, l'entusiasmo che batte al ritmo delle semplici note di "Ti appartengo", la poesia delle api sul suo volto mente si muovono al suono del dolce fischio di Martin. E nella durezza di Wolfgang c'è l'amore, nelle pieghe dei suoi sguardi e dei suoi ordini c'è il disperato bisogno di proteggere un mondo incontaminato, dove sua figlia non può andare oltre il suo essere bambina e non può desiderare altro che il cammello che aveva sognato. È un mondo dove si parla italiano e il tedesco, ma dove Angelica parla anche francese quando le sue figlie non devono capire. Si respira un'atmosfera fatta di protezione e amore mascherata da rigide regole senza cuore e l'abbraccio finale che unisce tutti ne è il quadro più bello. Alice Rohrwacher con la sua pellicola dai forti caratteri autobiografici vince il Gran Prix a Cannes regalandoci un affresco dai colori tenui, a tratti surreale e che ricorda per certi versi le atmosfere felliniane. ( Antonietta D'Ambrosio )
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ennas
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mercoledì 24 settembre 2014
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la ricerca delle meraviglie
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Il film “ Le meraviglie” sviluppa, a mio parere, sottotraccia, un tema di grande attualità, cioè: esiste un’alternativa tra un mondo “naturale” utopico e velleitario e uno artificioso e inquinato in tutti i sensi?
Il passaggio dall’infanzia all’adolescenza di Gelsomina, la protagonista di questo film, si snoda all’interno di questo dilemma.
Un casolare fatiscente, isolato da uno squallido recinto metallico intorno ai campi. Questo è l’ambiente dove vive Gelsomina, primogenita di quattro sorelle, con loro il padre Wolfang, origini tedesche, la madre Angelica, origini francesi e un’altra donna, Cocò, forse parente o forse amica. Vivono in questa campagna della Tuscia , vecchia terra disseminata di tracce archeologiche.
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Il film “ Le meraviglie” sviluppa, a mio parere, sottotraccia, un tema di grande attualità, cioè: esiste un’alternativa tra un mondo “naturale” utopico e velleitario e uno artificioso e inquinato in tutti i sensi?
Il passaggio dall’infanzia all’adolescenza di Gelsomina, la protagonista di questo film, si snoda all’interno di questo dilemma.
Un casolare fatiscente, isolato da uno squallido recinto metallico intorno ai campi. Questo è l’ambiente dove vive Gelsomina, primogenita di quattro sorelle, con loro il padre Wolfang, origini tedesche, la madre Angelica, origini francesi e un’altra donna, Cocò, forse parente o forse amica. Vivono in questa campagna della Tuscia , vecchia terra disseminata di tracce archeologiche.
Sono apicoltori, il loro miele è senza additivi chimici ne pesticidi, un prodotto naturale senza corruzioni.
Wolfang è un agricoltore particolare: produce non solo fuori dalle regole del mercato ma fuori da ogni normativa legale anche biologica. La famiglia non ha i mezzi per adeguarsi a normative esterne: insieme ad un laboratorio di fortuna ha impostato dall’interno i propri criteri di produzione e di sopravvivenza. Questa impresa autarchica si regge sul lavoro incessante di tutti, soprattutto donne che sono sei e un solo maschio. Wolfang guida caparbiamente una realtà che sembra essere il frutto di un suo vecchio disegno utopico e lo fa con fatica, sollecitando senza sosta il lavoro delle donne e il suo piglio burbero denota la sua ansia di dominio. Su Gelsomina ha investito molte aspettative, responsabilizzandola come un’adulta. La ragazzina, in questa fase di passaggio comincia a sfuggirgli e il padre sente vacillare il suo piccolo regno precario.
La regia materializza abilmente i pericoli dall’esterno: un alieno entra nella famiglia con le sembianze di Martin, adolescente tedesco “affidato” a scopo rieducativi. Fuori dal recinto, nel paese, arriva una troupe televisiva impegnata a costruire un programma a premi : “ Il paese delle meraviglie”, una kermesse di sogno-realtà, salcicce e radici archeologiche nello stile più pacchiano del “c’era una volta”:
Con questa comparsa la regia inscena efficacemente il mondo artefatto per eccellenza, quello dei teleschermi, un mondo agli antipodi del microcosmo di Gelsomina. Un sogno, uno spettacolo retorico e bugiardo possono accendere scintille di aspirazioni, anche le illusioni possono dare spinte verso il cambiamento. (quanti immigrati albanesi traghettavano da Valona verso l’Italia, terra “magnificata “ dal filtro della pubblicità TV?)
Gelsomina sta crescendo e il mondo in cui è vissuta finora le sta stretto, vuole cercare altro e perciò vive l’ncursione televisiva come un’opportunità, seguita a ruota dall’alieno Martin.
Il padre allarmato, aumenta le sue difese virando verso l‘assurdo : così un cammello, vecchio desiderio infantile di Gelsomina, presenza ingombrante nel prato del casolare, evoca la nostalgia di Wolfang per un’età dell’oro che esiste solo per lui.
A questi orizzonti,sono possibili alternative non grottesche, non oniriche ma credibili e praticabili?
Ci vuole anzitutto la libertà di cercarle, ci suggerisce tramite Gelsomina, la regia. Proponendoci questo bel film Alice Rohrwacher ci offre con un involucro poetico di tenera morbidezza con un nocciolo duro come l’acciaio. Da vedere.
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anto41
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sabato 9 agosto 2014
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film a tratti fiabesco
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DI ANTONIO AGOSTA
“Le meraviglie”, è il nuovo film di Alice Rohrwacher, regista del film “Corpo Celeste”, uscito nel 2011. Rohrwacher racconta l’affresco di un’adolescente degli anni ’90, accompagnata dal tormentone “T’appartengo”, di Ambra Angiolini.
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DI ANTONIO AGOSTA
“Le meraviglie”, è il nuovo film di Alice Rohrwacher, regista del film “Corpo Celeste”, uscito nel 2011. Rohrwacher racconta l’affresco di un’adolescente degli anni ’90, accompagnata dal tormentone “T’appartengo”, di Ambra Angiolini. Come unico sfogo per un mondo che sembra non appartenergli.
Il lungometraggio è stato girato nelle campagne tra l’Umbria e la Toscana, nel centro Italia, accentuando pregi e difetti dei luoghi lontani dal centro abitato e dalla modernità di una vita in continua evoluzione.
La regista usa un linguaggio delicato, senza eccedere nelle problematiche di chi nasce, per caso, in un mondo per nulla fiabesco.
Gelsomina, interpretata dalla brava Maria Alexandra Lungu, è la protagonista della storia. E’ la primogenita di papà Wolfgang, interpretato da Sam Louwyck, che aiuta nella gestione delle api per la raccolta del miele. Il padre è un uomo libero, amante del piacere e di tutto ciò che gira attorno ad esso. Però, tuttavia, ama le sue figlie, riuscendo a nascondere bene le sue preoccupazioni di un futuro incerto.
La tranquillità si spezza nel momento in cui in paese arriva Milly Catena (Monica Bellucci), nelle vesti di fatina del concorso “Le meraviglie”. La sua breve apparizione, irromperà in quell’atmosfera silenziosa e a tratti inquietante stravolgendone la calma apparente.
Alice Rohrwacher, con il suo tocco femminile ha convinto Cannes, vincendo il Gran Prix alla 67° edizione del Festival francese.
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anto41
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sabato 9 agosto 2014
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una storia quasi fiabesca
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“Le meraviglie”, è il nuovo film di Alice Rohrwacher, regista del film “Corpo Celeste”, uscito nel 2011. Rohrwacher racconta l’affresco di un’adolescente degli anni ’90, accompagnata dal tormentone “T’appartengo”, di Ambra Angiolini. Come unico sfogo per un mondo che sembra non appartenergli.
Il lungometraggio è stato girato nelle campagne tra l’Umbria e la Toscana, nel centro Italia, accentuando pregi e difetti dei luoghi lontani dal centro abitato e dalla modernità di una vita in continua evoluzione.
La regista usa un linguaggio delicato, senza eccedere nelle problematiche di chi nasce, per caso, in un mondo per nulla fiabesco.
Gelsomina, interpretata dalla brava Maria Alexandra Lungu, è la protagonista della storia.
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“Le meraviglie”, è il nuovo film di Alice Rohrwacher, regista del film “Corpo Celeste”, uscito nel 2011. Rohrwacher racconta l’affresco di un’adolescente degli anni ’90, accompagnata dal tormentone “T’appartengo”, di Ambra Angiolini. Come unico sfogo per un mondo che sembra non appartenergli.
Il lungometraggio è stato girato nelle campagne tra l’Umbria e la Toscana, nel centro Italia, accentuando pregi e difetti dei luoghi lontani dal centro abitato e dalla modernità di una vita in continua evoluzione.
La regista usa un linguaggio delicato, senza eccedere nelle problematiche di chi nasce, per caso, in un mondo per nulla fiabesco.
Gelsomina, interpretata dalla brava Maria Alexandra Lungu, è la protagonista della storia. E’ la primogenita di papà Wolfgang, interpretato da Sam Louwyck, che aiuta nella gestione delle api per la raccolta del miele. Il padre è un uomo libero, amante del piacere e di tutto ciò che gira attorno ad esso. Però, tuttavia, ama le sue figlie, riuscendo a nascondere bene le sue preoccupazioni di un futuro incerto.
La tranquillità si spezza nel momento in cui in paese arriva Milly Catena (Monica Bellucci), nelle vesti di fatina del concorso “Le meraviglie”. La sua breve apparizione, irromperà in quell’atmosfera silenziosa e a tratti inquietante stravolgendone la calma apparente.
Alice Rohrwacher, con il suo tocco femminile ha convinto Cannes, vincendo il Gran Prix alla 67° edizione del Festival francese.
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luca scial�
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mercoledì 18 giugno 2014
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i sogni di una giovane apicoltrice
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In una sterminata campagna toscana, Alice e Wolfgang gestiscono un'azienda a conduzione familiare che produce miele. La coppia vive in una casa rurale coi minimi comfort moderni, quasi ai margini della società moderna, assieme alle quattro figlie e la sorella di lui. A dare loro una mano è soprattutto la primogenita, Gelsomina, che come tutte le adolescenti vive appieno il fascino della natura ma ha anche tanti sogni di evadere da quel Mondo. A loro si aggiunge un ragazzino tedesco disadattato, che dovrà svolgere presso di loro dei lavori sociali. Una scelta presa dal padre senza consultare il resto della famiglia. Come non bastasse, all'insaputa del padre, contrario, Gelsomina iscrive l'azienda di famiglia a un programma televisivo.
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In una sterminata campagna toscana, Alice e Wolfgang gestiscono un'azienda a conduzione familiare che produce miele. La coppia vive in una casa rurale coi minimi comfort moderni, quasi ai margini della società moderna, assieme alle quattro figlie e la sorella di lui. A dare loro una mano è soprattutto la primogenita, Gelsomina, che come tutte le adolescenti vive appieno il fascino della natura ma ha anche tanti sogni di evadere da quel Mondo. A loro si aggiunge un ragazzino tedesco disadattato, che dovrà svolgere presso di loro dei lavori sociali. Una scelta presa dal padre senza consultare il resto della famiglia. Come non bastasse, all'insaputa del padre, contrario, Gelsomina iscrive l'azienda di famiglia a un programma televisivo. La famiglia così si scopre spesso facilmente violabile alle pressioni del mondo esterno.
A tre anni di distanza da Corpo celeste, Alice Rohrwacher ripropone una nuova storia sull'adolescenza, questa volta però sostituendo il misticismo religioso a quello televisivo. La giovane protagonista Gelsomina, infatti, sogna di vincere un premio di un programma televisivo, che salverebbe l'azienda dei genitori in profonda crisi. Le sue avventure si svolgono immerse nella natura, ma anche tra le fatiche di un lavoro tanto appassionante quanto faticoso qual è l'apicoltura e la produzione di miele. A darle il volto la giovanissima Maria Alexandra Lungu, all'esordio cinematografico. Il suo sogno televisivo rievoca quello del protagonista ingenuo visto in Reality, di Matteo Garrone. Sebbene il film viaggi sulla falsariga della semplicità e dell'ingenuità, ha sullo sfondo un certo pessimismo e una certa cupezza. Incarnati nella figura del padre, certo che il mondo stia per finire. Il finale amaro ma al contempo speranzoso, di chapliniana memoria, è la giusta sintesi di tutta la storia.
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(di luca scial�)
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mattiabertaina
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giovedì 12 giugno 2014
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tutto cambia e nulla resta uguale a se stesso...
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Radici, adolescenza, cambiamento. Sono tre temi cardine de “Le meraviglie”, il secondo lungometraggio della regista Alice Rohrwacher. Premiato a Cannes con il Gran Premio della Giuria, il lavoro, girato nelle terre che un tempo furono l’Antica Etruria, parte con una narrazione in media res: il capofamiglia Wolfgang, la moglie Angelica e le figlie che abitano in un casolare immerso nella campagna umbra e che si guadagnano da vivere con la produzione artigianale di miele. Figura centrale della storia è Gelsomina, giovane adolescente e primogenita, introversa e ribelle che, pur crescendo in una realtà rurale, sogna un’altra vita. Il microcosmo rappresentato dalla cineasta trasuda di rapporto stretto con la natura e con la realtà immanente circostante; le stesse figlie di Wolfgang e Angelica hanno nomi che rimandano a questa idea: Gelsomina, Marinella, Luna.
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Radici, adolescenza, cambiamento. Sono tre temi cardine de “Le meraviglie”, il secondo lungometraggio della regista Alice Rohrwacher. Premiato a Cannes con il Gran Premio della Giuria, il lavoro, girato nelle terre che un tempo furono l’Antica Etruria, parte con una narrazione in media res: il capofamiglia Wolfgang, la moglie Angelica e le figlie che abitano in un casolare immerso nella campagna umbra e che si guadagnano da vivere con la produzione artigianale di miele. Figura centrale della storia è Gelsomina, giovane adolescente e primogenita, introversa e ribelle che, pur crescendo in una realtà rurale, sogna un’altra vita. Il microcosmo rappresentato dalla cineasta trasuda di rapporto stretto con la natura e con la realtà immanente circostante; le stesse figlie di Wolfgang e Angelica hanno nomi che rimandano a questa idea: Gelsomina, Marinella, Luna. La colonna sonora è un grande successo di quegli anni dal titolo niente affatto casuale: “T’appartengo”. Un piccolo mondo al suo crepuscolo, destinato a scomparire dinnanzi al progresso che avanza inesorabile e ad elementi alieni alla realtà bucolica vissuta dalla famiglia di apicoltori a guisa di moderno “panta rei” eracliteo: nuove norme igieniche che impongono spese ed ammodernamento dei locali, Martin, un ragazzo soggetto a rieducazione forzata e una troupe televisiva naif e snob sulle tracce degli Etruschi. È proprio la donna in bianco, Milly Catena che, a dispetto del cognome, incoraggerà la ribellione latente di Gelsomina, fermamente intenzionata a far partecipare la propria famiglia al nuovo reality, per dare nuova linfa ad una routine che scorre tutti i giorni uguale a se stessa. Gli scontri di vedute tra il padre e la figlia dodicenne saranno per gran parte della pellicola il motore trainante della storia. Il tema dell’adolescenza, già trattato con occhio sensibile nel precedente lavoro, “Corpo celeste” (del 2011), torna, ma forse non con la stessa prorompenza. Uno stile asciutto, a tratti documentaristico che passa attraverso gli occhi sognanti di Gelsomina, rendendo a tratti difficile per lo spettatore, discernere tra la dimensione reale e quella onirica.
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