In viaggio con Ferrario nell'Italia industriale
di Paolo D'Agostini La Repubblica
Non sempre negli autori l'intelligenza combacia con la creatività. Davide Ferrario, nel suo sempre stimolante eclettismo, rappresenta un caso di corrispondenza. Lo dimostra nuovamente con La zuppa del demonio ( citazione da Dino Buzzati) che si inserisce con originalità nel diffuso ricorso al repertorio (Luce, Rai, qui i documentari industriali delle maggiori aziende italiane raccolti presso l'Archivio nazionale cinema d'impresa diretto da Sergio Toffetti) alla cui crescente forza di attrazione viene spesso applicata una regia manipolatrice, di volta in volta creativa o velleitaria. Ferrario, il cui sguardo non è neutro, non interviene se non con il montaggio su materiale che parla da sé. Si tratta di dare l'idea di quanto lungo il 900 l'industrializzazione spesso distruttrice - esemplari le immagini della devastazione di un uliveto per far posto alla futura Ilva di Taranto - sia stata identificata con i concetti di progresso e miglioramento. Senza sovrapporre a tale verità larghissimamente condivisa un sistema di valori e di consapevolezze appartenenti all'oggi.
Da La Repubblica, 11 settembre 2014
di Paolo D'Agostini, 11 settembre 2014