La sposa bambina |
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Un film di Khadija Al-Salami.
Con Reham Mohammed, Adnan Alkhader, Rana Mohammed, Naziha Alansi.
continua»
Titolo originale I am Nojoom, Age 10 and Divorced.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 96 min.
- Yemen 2014.
- Barter Multimedia
uscita giovedì 12 maggio 2016.
MYMONETRO
La sposa bambina
valutazione media:
3,09
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Il coraggio della disperazione
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| martedì 17 maggio 2016 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Il film, prodotto nello Yemen e diretto da una regista yemenita, documenta e denuncia la barbara pratica dei matrimoni precocissimi di bambine con uomini molto più vecchi in molti paesi islamici (e non solo). Qui il paese è lo stesso Yemen. La storia, basata su una vicenda effettivamente accaduta, è quella del riscatto della piccola Nojoom/Nojoud che, sposata a forza ad un uomo di vent’anni più vecchio, riesce fortunosamente, dopo molta sofferenza e ribellione compressa, a fuggire di casa e a chiedere ad ottenere un divorzio, per tornare alla fine ad una vita normale e protetta di bambina. Il film descrive con forte immedesimazione (la regista è anch’essa reduce da un infelice matrimonio precoce) la vicenda e l’ambiente in cui matura, sforzandosi di rappresentare anche i contorni di miseria, ignoranza, integralismo religioso, difficilissima modernizzazione che aiutano a capire, anche se in nessun modo giustificare, un fenomeno così inaccettabile ai nostri occhi. In questa prospettiva, l’elemento più originale sta nella capacità di far cogliere nei carnefici quello strano mix di dolcezza e di ferocia, consapevolezza e inconsapevolezza, di chi sa anche amare, come il padre di Nojoom, ma non pensa neppure lontanamente di poter mettere in discussione regole che da secoli definiscono la sua identità, anche quando siano inumane. Chi farà da trait d’union tra due mondi antitetici, quello della famiglia e del marito di Nojoom e quello che noi identifichiamo nel razionalismo di stampo occidentale? Le ragazze coraggiose come Nojoom, con la forza della loro disperazione – suggerisce la regista – e gente come il giovane ed emancipato giudice, capace di rispettare comunque i suoi interlocutori, di parlare il loro linguaggio e di far emergere una dimensione umana anche nel loro universo di riferimento. Regia e sceneggiatura sono corrette, di tono tradizionale e un po’ schematico, con un forte intento dimostrativo e ‘pedagogico’ e alcuni momenti lirici e drammatici felici; la fotografia percorre un paesaggio montano brullo e drammatico e un paesaggio urbano polveroso e schiacciato dal sole, senza concessioni oleografiche all’architettura magica dello Yemen.
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