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Il ragazzo invisibile, il supereroe italiano

Il cinema in movimento di Roy Menarini.
di Roy Menarini

Una scena del film con gli attori Ludovico Girardello e Valeria Golino. Foto di Claudio Iannone.
Valeria Golino (58 anni) 22 ottobre 1965, Napoli (Italia) - Bilancia. Interpreta Giovanna nel film di Gabriele Salvatores Il ragazzo invisibile.

lunedì 22 dicembre 2014 - Approfondimenti

Durante i titoli di coda di Il ragazzo invisibile di Gabriele Salvatores, lo spettatore può osservare il dietro le quinte di alcune sequenze e in particolare la realizzazione degli effetti speciali più sorprendenti. Ma sorprendenti per chi? E perché? Visto che quel che osserviamo non è così incredibile, almeno a conoscere i progressi della tecnologia cinematografica hollywoodiana, la sensazione è che i produttori e Salvatores abbiano deciso di inserire questa forma di dimostrazione come esempio di coraggio imprenditoriale. Come a dire: anche in Italia lo sappiamo fare. E, visto che Il ragazzo invisibile viene lanciato come il primo film tricolore dedicato ai supereroi, l'esempio serve a far capire che l'industria italiana usa anch'essa gli effetti speciali.
Il rovescio della medaglia si chiama "provincialismo". Bisogna cioè capire se Il ragazzo invisibile è un buon prodotto di per sé oppure va considerato interessante solamente perché, con meno denaro e meno mezzi a disposizione, si è cercato di giocare fuoricasa, sul terreno caro all'immaginario statunitense. Il tema dell'adolescente trasparente, con il nucleo metaforico dell'invisibilità di alcuni giovani d'oggi sensibili e disillusi, appare talmente superficiale da non poter nemmeno essere preso in considerazione. E del resto decenni di cultura fumettistica americana, e alcuni maiuscoli esempi di supereroi recalcitranti e quotidiani (da Unbreakable a Super, da Kick-Ass alle serie Heroes o Misfits), hanno praticamente esaurito tutte le possibilità di lettura allegorica del rapporto tra individuo, società e superpoteri. Insomma, non vorremmo che come al solito l'unico progetto, all'interno di una seppur condivisibile idea di scrittura seriale e industriale, sia quello di importare tecniche e racconti estranei alla nostra tradizione.
Il ragazzo invisibile, non a caso, funziona bene finché la dimensione famigliare, scolastica e di commedia di formazione si intreccia al fantastico (si potrebbe ribattezzare il film, fino a quel punto, La kryptonite nella Bora, in omaggio alla meravigliosa Trieste che fa da scenario). Poi, quando l'avventura e la cultura fumettistica prendono il sopravvento - legittimamente, s'intende - le cose si complicano e il passaggio dall'immaginario nazionale a quello fumettistico di scuola nord-americana si fa sempre più faticoso. E volti connotati regionalmente come Fabrizio Bentivoglio - icona antropologica del nord-est - hanno lo stesso, soffocante esito del Diego Abatantuono in Nirvana, opera mille volte citata senza mai ricordare il fatto che non ha sortito alcuna trasformazione nel cinema italiano (che ha di corsa abbandonato il fantastico e l'immaginario tecnologico).
È abbastanza ovvio che le colpe di Salvatores sono piuttosto limitate. E che i tre ottimi sceneggiatori (un plauso particolare a un trio di talento vero) hanno fatto il possibile. Forse semplicemente non c'è spazio simbolico per operazioni simili, anche se poi una serie televisiva come Les Révenants in Francia fa pensare che il fantastico possa essere valorizzato in altri modi che non siano quelli dell'imitazione casereccia ma della ricerca di un impasto nuovo, orgoglioso e "glocal".

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