Due giorni, una notte |
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Un film di Luc Dardenne, Jean-Pierre Dardenne.
Con Marion Cotillard, Fabrizio Rongione, Pili Groyne, Simon Caudry, Catherine Salée.
continua»
Titolo originale Deux Jours, Une Nuit.
Drammatico,
Ratings: Kids+16,
durata 95 min.
- Belgio 2014.
- Bim Distribuzione
uscita giovedì 13 novembre 2014.
MYMONETRO
Due giorni, una notte
valutazione media:
3,68
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Due giorni, una nottedi catcarloFeedback: 13499 | altri commenti e recensioni di catcarlo |
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mercoledì 26 novembre 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Fra qualche decina d’anni, forse i miei nipoti si avvicineranno a film come questo con lo stesso atteggiamento con cui io ho guardato le pellicole sulla grande depressione o sul secondo dopoguerra: storie sovente drammatiche solo con qualche lampo di luce qua e là, ma, soprattutto, il tentativo di raccontare un mondo andato in pezzi e la fatica richiesta dal tentativo di rattopparlo. E’ curioso allora che il soggetto sia stato ispirato da una vicenda accaduta ben prima dell’inizio della lunga crisi che stiamo vivendo, alla quale peraltro si attaglia perfettamente: il che testimonia quanto la precarietà della vita dei ceti più bassi sia presente anche nei momenti meno bui. Il risultato è una piccola parabola operaia raccontata con ciglio asciutto e voluta economia di mezzi nonché di momenti ad alta carica emotiva, tanto che, ad esempio, la colonna sonora è limitata a una versione francese (poco riconoscibile) di ‘Needles and pins’ e a ‘Gloria’ di Van Morrison, entrambe trasmesse alla radio: la partecipazione dei fratelli Dardenne è profonda eppur trattenuta, facendo scaturire le sensazioni da una narrazione semplice – benché non semplicistica – che mostra che se la protagonista ha ragione, i suoi (quasi ex) compagni di lavoro non hanno torto. L’esaurimento nervoso di Sandra convince la sua azienda che il reparto in cui è inquadrata può fare a meno del suo contributo: istigati dal biforcuto caporeparto Jean-Marc (una sola scena, ma fondamentale, per Olivier Gourmet), i lavoratori votano per tenersi un bonus di mille euro e lasciare a casa la compagna. Spalleggiata dalla sola Juliette che le rivela le pressioni di Jean-Marc, Sandra riesce a ottenere dal padrone una nuova votazione per il lunedì successivo: il fine settimana sarà così occupato in un estenuante pellegrinaggio di collega in collega per far loro cambiare idea, ricordando nella struttura la vicenda di Henry Fonda ne ‘La parola ai giurati’. Lottando contro la malattia che tende a rialzare il capo e spalleggiata dal marito (Rongione, aficionado dei Dardenne), la donna ci prova anche se sa che quei mille euro sono preziosi per delle famiglie dall’economia risicata: quando il padrone, alla fine, le offre comunque una via d’uscita che finirà però danneggiare qualcun altro, Sandra non può fare che la scelta più ovvia in una conclusione che comunque fa nascere un filo di speranza. Ambientato sullo sfondo dei panorami deprimenti di Seraing o negli asfittici e disadorni ambienti di case popolari, il film mette così in fila una serie di brevi flash su vite difficili, facce di persone comuni alle prese con problemi più grandi di loro verso le quali né la protagonista, né chi guarda la sua storia riescono a provare risentimento. Il succedersi di campanelli suonati e porte che si aprono a fatica in un percorso durante il quale spesso e volentieri anche le parole sono le stesse, è un bell’esercizio di equilibrio che i registi eseguono con notevole abilità, tanto che, malgrado il filo della trama sia esile, non si avvertono sensazioni di ripetitività e i novanta minuti scorrono quasi inavvertiti. Se gli altri personaggi hanno una sorta di funzione di coro greco con la parziale eccezione di Manu, tutta l’attenzione è incentrata su Sandra e la sua combinazione variabile di fragilità interiore e coraggio di lottare, aiutato quest’ultimo dalla notevole solidità familiare: i dubbi la tormentano, ma non la fermano e, alla fine, almeno se ne può andare a testa alta. Un ruolo complesso e importante sul quale Marion Cotillard ha molto puntato – come i Dardenne, per la prima volta al lavoro con un attrice di prima fila – uscendo vincitrice dalla difficile sfida: per farlo, ha rinunciato alla sua intrigante bellezza quasi modificando viso e corpo (oltre che, nell’edizione originale, accento) per disegnare una figura che, tra pregi e difetti, viene delinenandosi nella sua profonda e quotidiana umanità con una tale efficacia che non sarà facile dimenticarla.
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