riccardo tavani
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sabato 2 maggio 2015
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maestra di danza-vita e il corpo offeso d'un paese
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Fortuna che alcuni bravi e sensibili registi cinematografici abbiano mogli o compagne ancora più brave e sensibili di loro. Wim Wenders ha conosciuto Pina Bausch attraverso la moglie Donata Schmidt che l’ha trascinato a uno spettacolo della grande danzatrice e coreografa tedesca. Così è successo anche Ivan Gergolet. Ha conosciuto María Fux attraverso la moglie Martina Serban, danzatrice, che è andata in Argentina a seguire un seminario di questo mito della danza e gli ha chiesto di accompagnarla. Wenders, però, ha realizzato il suo famoso film “Pina 3D” quando la Bausch era già morta. Gergolet, invece, realizza il suo “Dancing with Maria”, quando la Maestra ha 93 anni, ma è più viva che mai, tanto da fare ancora piegamenti alla sbarra nella sala della sua scuola ad Avenida Callao 289, secondo piano, in pieno centro di Buenos Aires. María Fux è un mito della danza contemporanea argentina. Si è esibita sui palcoscenici di tutto il mondo, riuscendo a interpretare persino il jazz funambolico di Dizzy Gillespie, mentre lui suonava dal vivo accanto a lei. Quello che però l’ha elevata sopra ogni immaginazione è il balletto “L’ultima foglia”, nel quale ha danzato senza alcuna nota musicale, nel silenzio più assoluto, lo staccarsi dell’estrema foglia rimasta su un albero in autunno. Per essersi esibita con enorme successo anche nei paesi dell’allora cortina di ferro ha subito dal governo argentino un ostracismo che le ha stroncato la carriera. La madre di María arriva in Argentina dalla Russia con un ginocchio spappolato. Subisce un’operazione chirurgica ma rimane zoppa per tutta la vita. Il non aver mai potuto ballare della madre diventava ora la stessa condanna a non poter più danzare cui il regime costringeva María. Lei fa allora diventare il limite fisico e quello politico la grande forza artistica e sociale del suo insegnamento. Prende nel suo studio persone con menomazioni fisiche, psichiche o socialmente svantaggiate e le avvia alla danza, alla riappropriazione della propria sensibilità ed espressione corporea. Il motto di Pina Bausch era “Danziamo, danziamo altrimenti siamo perduti”. In questo documentario su María Fux capiamo il vero significato di questa frase, perché la vediamo messa in atto con persone che sarebbero letteralmente perdute, sconfitte dalle spietate condizioni di avversità che la vita ha loro riservato. María Fux riapre una possibilità che è stata loro negata e che sembrava loro ormai completamente preclusa. In quei corpi offesi dal male, noi possiamo vedere le deformazioni, le sevizie stesse che sono state inflitte all’intera Argentina dai regimi dittatoriali e militari. Attraverso la sua scuola e i suoi allievi, è come se María Fux riaprisse questa inaudita possibilità per tutto il suo Paese. Le inquadrature, i movimenti della macchina da presa, il montaggio di Ivan Gergolet cercano di mettersi non solo all’altezza ma anche a completa disposizione del tema narrato. Ci riescono e con piena maestria, tanto che la trasparenza dello stile e la non invasività dell’autore sono uno dei pregi migliori della pellicola. La scena finale del film è qualcosa di veramente coinvolgente, perché profondamente espressivo di questa qualità. Un’inquadratura dall’alto, noi vediamo uscire lentamente corpi danzanti sull’Avenida Callao, e aumentare sempre di più, fino a riempire tutto lo schermo. Centinaia di persone sono partite da tutto il Paese, per essere lì durante le riprese e inserirsi in quel poetico brulicare danzante senza fine.
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zarar
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domenica 15 marzo 2015
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danzare come respirare e respirare come danzare
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Piccolo prezioso documentario, coinvolgente e liberatorio.
Quando esci dal cinema, senti con una consapevolezza nuova ogni parte del tuo corpo muoversi in sintonia con lo spazio che ti circonda e con il tempo che scandisce il tuo passo. Avverti il tuo ritmo interiore accordarsi misteriosamente con il ritmo della vita esterna. Capisci che la musica si può sentire con ogni fibra, ma anche vedere, mangiare, respirare. Non ti metti a danzare anche tu, giusto perché sei in mezzo alla strada, e qualcuno potrebbe guardarti stranito (stupidamente), ma il tuo muoversi nell’aria assume una segreta dimensione di danza, che potresti esprimere in ogni momento. Con meravigliosa semplicità, fanciullesca teatralità, e intima affettuosità, Maria Fux, la novantatreenne danzatrice protagonista, ti procura con questo docufilm una session di armonia e di empowerment che ti restituisce l’onnipotenza dell’infanzia.
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Piccolo prezioso documentario, coinvolgente e liberatorio.
Quando esci dal cinema, senti con una consapevolezza nuova ogni parte del tuo corpo muoversi in sintonia con lo spazio che ti circonda e con il tempo che scandisce il tuo passo. Avverti il tuo ritmo interiore accordarsi misteriosamente con il ritmo della vita esterna. Capisci che la musica si può sentire con ogni fibra, ma anche vedere, mangiare, respirare. Non ti metti a danzare anche tu, giusto perché sei in mezzo alla strada, e qualcuno potrebbe guardarti stranito (stupidamente), ma il tuo muoversi nell’aria assume una segreta dimensione di danza, che potresti esprimere in ogni momento. Con meravigliosa semplicità, fanciullesca teatralità, e intima affettuosità, Maria Fux, la novantatreenne danzatrice protagonista, ti procura con questo docufilm una session di armonia e di empowerment che ti restituisce l’onnipotenza dell’infanzia. Il regista/documentarista sceglie saggiamente di stare in un angolo, registrando impassibile il miracolo di un’armonia che si libera districandosi dal quotidiano, dal banale, dal disordine, dal brutto, da tutto ciò che normalmente appare negazione di armonia e espansione del sé. Esperienza da non mancare.
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luci benni
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lunedì 2 marzo 2015
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splendido
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Corpo e spazio, musica e silenzio. Un grandissimo film che ammalia. Splendide le musiche di Ciut e la regia che ci fa scoprire poco a poco il mondo suggestivo e denso di Maria. Occhi che trafiggono con dolcezza, gesti che esprimono una corporeità squisitamente femminile: tantissime le donne nelle classi di Maria. Il corpo come un tutto che si esprime, indipendentemente dalla perfezione o dalla malattia. Consapevolezza che si fa movimento. "Sento solo io il ritmo dentro?"
Da vedere. Assolutamente
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