Carmen Sandiego

Azione e taglio moderno per un riuscito reboot, in chiave teen, del cartone culto anni Novanta

Recensione di Ilaria Ravarino
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Orfana argentina adottata da una "famiglia" di supercriminali, Carmen Sandiego viene cresciuta in campus isolato dal resto del mondo e allevata per diventare una ladra. Ribelle per natura, la ragazza non riesce a stare alle regole e presto si rende conto di non voler aderire al progetto criminale dei suoi colleghi. Fuggita dal campus, e braccata tanto dalla polizia quanto dai suoi stessi ex amici, il suo unico scopo diventa quello di mettere i bastoni fra le ruote all'organizzazione criminale per riportare la giustizia nel mondo.

La memoria gioca brutti scherzi, quando di mezzo c'è il cuore.

Capita così che nei ricordi dei ragazzi degli anni Novanta - quelli cresciuti con "Solletico" di Mauro Serio, per intenderci - si sia ritagliata un posto speciale una serie, Dov'è finita Carmen Sandiego?, diventata un cult nonostante la natura nonsense dell'operazione: un cartoon con finalità didattiche, tratto da un videogioco, con protagonisti una misteriosa ladra vestita di rosso, due avatar, un nerd dei computer e una testa fluttuante.

Nato sull'onda dell'effetto nostalgia, ma inserito in una solida filiera di rilancio (un libro e presto un film), il reboot targato Netflix riprende la maggior parte degli elementi della serie anni Novanta ricomponendoli in una chiave moderna e più razionale. Il punto di vista è quello di Carmen, più vicina per età - in questa versione - al target preadolescenziale del suo pubblico, scaltra quanto l'originale e definitivamente meno votata al male. Ce lo spiegano i primi due episodi della serie (Becoming Carmen Sandiego), vera e propria origin story che permette all'inconsistente personalità della prima Carmen di lievitare, fino ad assumere il rango di una piccola eroina tradita dalle stesse persone da cui pensava di essere amata. "Pecora nera" del gruppo dei cattivissimi della V.I.L.E. (oscuro acronimo per Venerabili Importazioni Lussuose Esportazioni), Carmen fugge dall'isola-campus in cui è stata allevata portandosi dietro il celebre cappotto e cappello rosso, di cui finalmente scopriremo - in uno dei migliori flashback dei primi episodi - la provenienza.

Molto ben tratteggiati, nei caratteri e nell'aspetto, i "cattivi" della nuova Carmen sono i suoi ex compagni di campus - il misterioso Shadowsan, la brutale Coach Brunt, El Topo, Le Chèvre Tigress - determinati a riportare "al nido" la fuggitiva ma soprattutto a nasconderle un segreto, rivelato solo nell'ultimo episodio, a chiudere con giusta precisione l'impeccabile arco della sua storia orizzontale. Al suo fianco gli alleati della serie originale, rivisti e corretti a misura del gusto contemporaneo: l'esperto informatico Player, di cui viene fornita una pur vaga backstory, e i due fratelli Ivy e Zack, il cui spazio è notevolmente ridimensionato rispetto alla prima versione del cartone.

Ricco di azione (ogni episodio inizia in medias res), il nuovo Carmen Sandiego non perde il suo approccio didattico, quasi didascalico, alla geografia del mondo. Ogni puntata racconta un paese, ogni paese viene presentato con una scheda, e le qualità caratteristiche di una città o una nazione diventano il pretesto per ambientarvi un "colpo" della ladra dal cappello Fedora.

Azzeccata anche la scelta estetica, che consegna grande personalità all'animazione: disegni dal tratto spigoloso e molto colore, grande attenzione ai particolari, soprattutto tecnologici, e una capacita di sintesi nell'insieme che si rivela perfetta per raccontare - con pochi elementi - la specificità dei luoghi attraversati. Menzione speciale per la sigla dal sapore noir, composta da Jared Lee Gosselin e realizzata da Raquel Castro, che riesce a non far rimpiangere il celebre motivo originale.