Big Eyes

E’ la storia vera di una delle più grandi frodi nel mondo dell’arte contemporanea, è una commedia divertente ed una presa in giro sarcastica del mondo dell’arte che,  così come qualsiasi altro mercato, è soggetto alle ferree regole della promozione mediatica, del profitto e del marketing.
Siamo a cavallo tra gli anni 50 e 60, è il periodo di Wharol, delle serigrafie, dei prodotti  di massa e della cultura POP-olare. E’ il periodo di Walter Keane “pittore” di grande successo ma soprattutto abile promotore e bugiardo compulsivo. Walter vittima del suo narcisismo costringe la moglie Margaret a dipingere per lui, impossessandosi di tutti i suoi quadri ed arrivando alla notorietà attraverso una serie ripetuta di menzogne e  con una strategia tanto improvvisata quanto efficace.
Chiaramente nell’egocentrico e vulcanico mondo di Walter Keane  non c’è spazio per le esigenze di nessun altro, tanto meno quelle della moglie  Amy Adams (nel fim Margaret Ulbrich), che è la ragione della sua fortuna ma allo stesso tempo con i suoi principi e le sue aspirazioni un possibile ostacolo  alla via della consacrazione definitiva.
Si tratta di un film che manca totalmente dell’ispirazione visiva  a cui ci ha abituato Tim Burton che  sostituisce alle atmosfere cupe, grottesche, talvolta barocche tipiche del suo lavoro, lunghe giornate assolate ed una fotografia colori pastello su cui non tramonta mai il sole e non  scendono le meravigliosi notti o gli incubi onirici marchio di fabbrica del regista americano.
Le uniche ombre sopravvivono nei caratteri della personalità, nei desideri e nella megalomania  di Christoph Waltz (Walter Keane) che fin dall’inizio della pellicola è sempre fuori dalle righe, istrionico, magistrale.
Senza nessun colpo di scena, con una sceneggiatura che dall’inizio del film scorre tranquilla senza ostacoli ne sorprese, il film comunque ha il grande merito di divertire e parecchio.
I personaggi sono tutti caricaturali ma funzionali al registro di una pellicola in cui la fervida immaginazione di Tim Burton compare solo per brevi tratti e senza la tridimensionalità dei suoi paesaggi visionari.
Mi chiedo però se questo sia necessariamente un limite, a mio parere no, a mio parere si tratta di un  film bello, allegro e divertente.