Noi, Zagor

Un film di Riccardo Jacopino. Documentario, durata 70 min. - Italia 2013. - Microcinema uscita martedì 22 ottobre 2013.
   
   
   

Zagor, uno splendido cinquantenne Valutazione 4 stelle su cinque

di felix silvestri


Feedback: 110
venerdì 25 ottobre 2013

Qualcuno ha detto che l’infanzia è l’unico luogo che non riusciamo mai ad abbandonare. Forse la pensa così anche Riccardo Jacopino, regista del documentario Noi Zagor, che celebra i cinquanta anni dello “Spirito con la scure” con una minuziosa indagine sulle origini, sul periodo aureo e sull’attuale splendida maturità del fumetto ideato da Guido Nolitta e disegnato da Gallieno Ferri. Proprio da Ferri, ottuagenario che vive in nel suo buon ritiro ligure, comincia il racconto: la conquista di una fisionomia sia grafica che psicologica, l’evoluzione di un personaggio che è meno piatto di altri eroi della Bonelli (sarebbe troppo definirlo “eroe problematico”, secondo la celebre definizione di Lukàcs?); l’arrivo di Cico, ‘spalla’ comica, ‘doppio’, complemento indissolubile come Leporello per Don Giovanni, Sancio Panza per Don Chisciotte, Ollio per Stanlio etc.; e quindi il successo italiano e internazionale in paesi sorprendenti (vedi il telefilm turco degli anni settanta); infine la creazione di una factory organizzata con ritmi produttivi quasi fordisti, ma dove tutti, disegnatori e sceneggiatori, sembrano accomunati dalla consapevolezza di aver trovato nel lavoro l’appagamento di un sogno infantile: vivere per sempre dentro Darkwood, ad onta dei capelli grigi e dei figli grandi, ma non più come lettori incantati, bensì come creatori di incanti per i lettori di oggi. Da questo punto di vista la sequenza più emozionante del film è il ritorno di Moreno Burattini, erede del mitico Bonelli-Nolitta, nei boschi della natia Gavinana, dove da piccolo si rifugiava a leggere gli adorati ‘giornalini’, prima di scambiarli o giocarseli con i compagni: nelle immagini (quasi alla Mallick) di Jacopino (e negli occhi del piccolo Burattini) i faggi e i castagni della montagna pistoiese sembrano trasformarsi nella prodigiosa e disinvolta vegetazione darkwoodiana, moderna riproposizione della selva nella quale si perdevano i cavalieri erranti ariosteschi, luogo eternamente disponibile a ogni avventura. E come capita ai grandi fenomeni popolari, Zagor è interclassista e scavalca le generazioni e quindi può mettere d’accordo un diciassettenne e un ultra cinquantenne, un operaio e un filosofo della scienza (si veda la testimonianza del devotissimo zagoriano prof. Giulio Giorrello) I pochi fortunati che abbiano visto 40%, il precedente lungometraggio di Jacopino, una commedia corale abientata a Torino e recitata benissimo da attori non professionisti, non faticheranno a trovare un filo rosso tra l’esordio e l’opera seconda: in entrambi emerge l’interesse, la curiosità dell’autore per delle comunità ‘marginali’ (una cooperativa sociale, una casa editrice di fumetti), per individui capaci di inseguire anche tra molte contraddizioni un sogno collettivo, un’idea di positiva di socialità, fuori dalla monocultura narcisistica dei nostri tempi, a cui spesso pare non ci sia verso di sfuggire. Inoltre c’è l’amore per il cinema in tutte le sue declinazioni, incluse quelle minori (i b-movies, di cui Zagor sembra essere una sorta di catalogo ragionato, le commedie brillanti, il noir); infine la musica, che scandisce molto modernamente (ma senza essere invasiva e petulante) il ritmo dei due film, e in particolare in questo Noi, Zagor si avvale di un brano del cantautore Graziano Romani, nei cui echi spreengstiniani Darkwood si avvicina curiosamente al Nebraska.

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ricca62 martedì 29 ottobre 2013
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antonio montefalcone mercoledì 30 ottobre 2013
complimenti, ottima recensione!
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Mi congratulo con te, veramente un'ottima recensione: ricca, colta, precisa. E' stato un piacere leggerla! Molto interessante e curata. Complimenti. P.S: L'infanzia è veramente l'unico luogo che non riusciamo ad abbandonare...o meglio, forse è essa che non ci abbandona mai... A presto Felix silvestri.

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