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venerdì 23 febbraio 2024
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troppe parole
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Troppe parole per definire un film brutto brutto brutto, confuso non scorrevole che ti lascia il senso di aver buttato ore della tua vita per un film senza nessun significato. Se il tentativo era quello di imitare blade runner... è andato fallito su tutti i fronti. Brutto, brutto brutto.......
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lizzy
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sabato 9 dicembre 2023
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il virus della vita...
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Lo ammetto: pur apprezzando da sempre io moltissimo Mister Gilliam mi era sfuggito questo film.
L'ho visto, colpevolmente, solo ieri notte.
Già dalle prime scene sono rimasta colpita (come sempre con i film del regista succitato) e, come sempre, ho trovato sia diverse citazioni che raccordi con altri lavori.
Appunto dalle atmosfere nonsense di "Brazil" ai riferimenti spasmodici al Grande Fratello (ma in versione burtetta) di "1984", così come la evidentissima citazione di Matrix (Il Prescelto annunciato dall'Oracolo).
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Lo ammetto: pur apprezzando da sempre io moltissimo Mister Gilliam mi era sfuggito questo film.
L'ho visto, colpevolmente, solo ieri notte.
Già dalle prime scene sono rimasta colpita (come sempre con i film del regista succitato) e, come sempre, ho trovato sia diverse citazioni che raccordi con altri lavori.
Appunto dalle atmosfere nonsense di "Brazil" ai riferimenti spasmodici al Grande Fratello (ma in versione burtetta) di "1984", così come la evidentissima citazione di Matrix (Il Prescelto annunciato dall'Oracolo).
Eccetera.
Invero ho anche trovato parallelismi col film "Mute", del figlio di Bowie.
Ma tutto, dai colori alle situazioni, dai discorsi alle "filosofie" del film è stato entusiasmante.
Ho letto anche di noia, di cose già viste, addirittura di fesseria...
Beh: sicuramente cose scritte da persone che dalla Vita chissà cosa si aspettano e che non hanno idea di cosa sia un "film" e del lavoro che ci sta dietro.
Le varie considerazioni sulla Vita (che effettivamente non porta a nulla se non alla banale "conservazione della specie") sono realmente azzeccate, ma, di base, resta preponderante l'amore che, alla fine, come sempre, vincerà su tutto. Anche sulla IA.
Insomma..."The Zero Theorem" è un ottimo filmone, anche avviato, come altri di Gilliam, a diventare un bel "pezzo di culto" per i prossimi decenni.
Anatema a me che non ho potuto vederlo prima!
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paolp78
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sabato 20 maggio 2023
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fantascienza strampalata e immaginifica
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Il talentuoso regista Terry Gilliam, unico membro americano dei mitici Monty Python, per l’ennesima volta con questa pellicola ascrivibile al genere fantascientifico, propone il suo cinema eccentrico, carico di fervida immaginazione e riflessioni profonde.
Le tematiche che vengono trattate sono, tra le altre, quelle della vita virtuale trascorsa davanti allo schermo di un computer, che genera solitudine, alienazione sociale e in definitiva infelicità. A questa si contrappone l’esistenza più classica e naturale, che contempla necessariamente contatti corporei e relazioni sociali e che quindi risulta essere maggiormente complicata e faticosa.
L’opera di Gilliam prevede anche un piano spirituale e riflessivo della narrazione, tramite il quale l’autore compie una specie di ricerca ontologica del senso della vita.
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Il talentuoso regista Terry Gilliam, unico membro americano dei mitici Monty Python, per l’ennesima volta con questa pellicola ascrivibile al genere fantascientifico, propone il suo cinema eccentrico, carico di fervida immaginazione e riflessioni profonde.
Le tematiche che vengono trattate sono, tra le altre, quelle della vita virtuale trascorsa davanti allo schermo di un computer, che genera solitudine, alienazione sociale e in definitiva infelicità. A questa si contrappone l’esistenza più classica e naturale, che contempla necessariamente contatti corporei e relazioni sociali e che quindi risulta essere maggiormente complicata e faticosa.
L’opera di Gilliam prevede anche un piano spirituale e riflessivo della narrazione, tramite il quale l’autore compie una specie di ricerca ontologica del senso della vita.
Il ritmo della narrazione è molto scorrevole, come sempre nei film del regista statunitense naturalizzato britannico, tuttavia la complessità di alcune tematiche e la loro eccessiva astrattezza ed imperscrutabilità allontana lo spettatore, che non riesce a godersi a pieno la pellicola.
Il ruolo del protagonista è affidato al bravo Christoph Waltz che presenta un insolito look con il capo completamente rasato a zero. Attorno all’attore austriaco, costantemente in scena, Gilliam riunisce un eccellente cast in cui spiccano nei tre ruoli in maggior evidenza la sensuale Mélanie Thierry, l’ottimo David Thewlis e il giovane Lucas Hedges, tutti molto convincenti e bene in parte.
Si segnalano poi le partecipazioni in ruoli minori di due attori di nome grande come Matt Damon e Tilda Swinton.
Come tutte le opere di Gillian anche questa ha un eccellente impatto visivo, anche grazie alle solite scenografie eccentriche ed ai vistosi arredi.
Il finale ricorda un po’ quello di “Brazil”, pellicola che Gilliam diresse a metà anni ’80 ed opera di riuscita senz’altro ben superiore a questa.
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figliounico
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sabato 15 aprile 2023
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l'unico modo per essere liberi
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Ideale continuazione di Brazil del 1985, dello stesso Gilliam, non per la trama, che è diversa, ma per la visione del mondo estremamente pessimista e soggettivista del suo autore, che è la medesima, The zero Theorem del 2013 è ugualmente ambientato in un mondo distopico governato da una opprimente e pervasiva burocrazia orwelliana ipertecnologica contro cui sono destinate ad infrangersi le illusioni libertarie dell’individuo moderno e non a caso l’ultimo film di Gilliam del 2018, impegnato sullo stesso tema, si ispira al Don Chisciotte di Cervantes. L’unica fuga possibile dal dominio totale del potere è nel mondo fantastico creato dall’immaginazione ed è per questo motivo che il protagonista, Qohen Leth, interpretato magnificamente da Christoph Waltz, rinuncia a scappare con la giovane entraineuse digitale consapevole che non esiste un luogo reale nel mondo che non sia dominato e controllato dall’onnipotente tecnologia che ha preso il posto di Dio nell’immaginario collettivo.
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Ideale continuazione di Brazil del 1985, dello stesso Gilliam, non per la trama, che è diversa, ma per la visione del mondo estremamente pessimista e soggettivista del suo autore, che è la medesima, The zero Theorem del 2013 è ugualmente ambientato in un mondo distopico governato da una opprimente e pervasiva burocrazia orwelliana ipertecnologica contro cui sono destinate ad infrangersi le illusioni libertarie dell’individuo moderno e non a caso l’ultimo film di Gilliam del 2018, impegnato sullo stesso tema, si ispira al Don Chisciotte di Cervantes. L’unica fuga possibile dal dominio totale del potere è nel mondo fantastico creato dall’immaginazione ed è per questo motivo che il protagonista, Qohen Leth, interpretato magnificamente da Christoph Waltz, rinuncia a scappare con la giovane entraineuse digitale consapevole che non esiste un luogo reale nel mondo che non sia dominato e controllato dall’onnipotente tecnologia che ha preso il posto di Dio nell’immaginario collettivo. Nella chiesa che Waltz abita, insieme a topi e colombi, la statua lignea del cristo crocefisso sull’altare ha al posto della testa una telecamera collegata ai nuovi padroni del mondo. La distruzione della macchina neuronale del suo padrone, il direttore, Matt Damon, incarnazione camaleontica di un potere astratto, che prende la forma ed il colore dello sfondo, e la creazione del suo paradiso personale avverrà nella sua mente laddove finalmente ed esclusivamente è consentito all’individuo di essere veramente libero. L’opera di Gilliam è anche una metafora della sua arte di cineasta che gli permette di inventare con il cinema mondi paralleli e personali che sfuggono alle logiche di mercato dei produttori in cui proiettare la propria anima e l’ultima sequenza, difatti, è ambientata su una spiaggetta di un’isola tropicale che richiama alla mente un set cinematografico con un sole finto con il quale il protagonista, attore del suo stesso film mentale, gioca come fosse una palla in attesa della sua compagna ideale, una nuova Eva per un nuovo Adamo per ricominciare l'avventura della creazione.
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marcoricci
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mercoledì 8 giugno 2022
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penoso
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Considerando il cast a disposizione, vediamo un film che nn ha ne capo né coda. Un film che ci scorderemo di aver visto 10 secondi dopo. Imbarazzante!! Dato da un immagine futuristica assolutamente ridicola!! Uno dei peggiori film mai visti
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ennio
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lunedì 31 agosto 2020
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coloratissimo guazzabuglio poco coerente
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Questo film lo ricorderò per l'uso smodato di colori vivacissimi in stile Burano, e la clownesca fantasia dei costumi e dei trucchi scenici, anche tecnologici. Per il resto, "the zero theorem" propone una storia leggermente distopica (30 anni fa sarebbe invece stata pura fantascienza), ma poco intelligibile al comune mortale. Si vorrebbe far filtrare l'ennesimo messaggio sul condizionamento mentale indotto dai massmedia, ma lo si fa in modo caotico, inventando una storia anche godibile da vedere ma senza capo nè coda. La quasi-storia d'amore infilata nel mezzo tra il protagonista e la misteriosa giovane risponde proprio alla necessità di buttare dentro alla storia qualcosa di tipico, di comprensibile allo spettatore medio, per indorare la pillola del non-detto su tutto il resto.
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inesperto
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sabato 11 aprile 2020
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può essere dimostrata l'assenza di significato?
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In quest'opera si narra della storia triste di un uomo emarginato, ambientata in un futuro caotico ed eccentrico e girata alla Terry Gilliam's way. Quest'ultima caratteristica fa intuire per quali strade possa svilupparsi la trama, pur senza aver ancora visto il film. Un programmatore molto produttivo, Qohen, vive nell'eterna attesa di una fantomatica chiamata telefonica che possa definire finalmente il senso della sua vita. Pur di non mancarla, si autoemargina dal resto del mondo, disumanizzandosi psicologicamente tanto da arrivare ad usare il plurale maiestatis parlando di se stesso con altri. Domanda ai suoi superiori il permesso di poter continuare a lavorare da casa e così gli viene assegnato il compito di dimostrare un teorema essenzialmente indimostrabile: il teorema zero.
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In quest'opera si narra della storia triste di un uomo emarginato, ambientata in un futuro caotico ed eccentrico e girata alla Terry Gilliam's way. Quest'ultima caratteristica fa intuire per quali strade possa svilupparsi la trama, pur senza aver ancora visto il film. Un programmatore molto produttivo, Qohen, vive nell'eterna attesa di una fantomatica chiamata telefonica che possa definire finalmente il senso della sua vita. Pur di non mancarla, si autoemargina dal resto del mondo, disumanizzandosi psicologicamente tanto da arrivare ad usare il plurale maiestatis parlando di se stesso con altri. Domanda ai suoi superiori il permesso di poter continuare a lavorare da casa e così gli viene assegnato il compito di dimostrare un teorema essenzialmente indimostrabile: il teorema zero. Col passar del tempo, penetrano nella sua quotidianità delle persone che riescono a far breccia nel suo cuore, rivitalizzando la sua umanità: il giovane Bob e la dolce Bainsley. Soprattutto la fanciulla lo destabilizzerà parecchio, portandolo alla rivelazione finale, tanto violenta quanto liberatoria. In questa pellicola si assiste ad una magistrale recitazione del sempre grande Christoph Waltz, ma si viene anche storditi da una sorprendente ed adorabile Mélanie Thierry: eccellente la sua prova.
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steffa
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venerdì 19 aprile 2019
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il feticismo del nulla
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c'è poco da lamentarsi, il titolo prepara ad assistere a 107 minuti di nulla assoluto, unica pecca la mancanza di genuinità lascia intravedere dietro le quinte escusivamente un mediocre baraccone commerciale, noiosissimo, consigliato NO !
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sellerone
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domenica 14 aprile 2019
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non raggiunto il 100% di zero
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Onirico, con bellissimi colori e carico di ironia malinconica.
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alexlaby
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domenica 19 febbraio 2017
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più bello di quello che sembra
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Interessante allegoria dei tempi moderni e speranza in futuro possibile. Spaccare ogni arnese elettronico e in rete, reagire al Sistema e riprendersi in extremis la propria fantasia.
Messaggio salvifico, messaggio fantastico.
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