Shift

Quezon City, Metro Manila. Estela, una ribelle dal look mascolino, è stanca di lavorare a un call center ed è costantemente sul punto di mollare il lavoro per tentare la strada dell'arte. Il suo capo, resosene conto, affianca ad Estela Trevor, brillante nel suo lavoro e positivo nella vita. Trevor riuscirà a infondere un nuovo entusiasmo in Estela, che finirà per innamorarsi di lui, nonostante Trevor sia gay.
Con una sensibilità fuori dal comune e una capacità registica che, considerata l'età, ha del prodigioso, Siege Ledesma consegna ai posteri con Shift un prezioso ritratto della contemporaneità, un'opera sorprendentemente vicina al mumblecore da Sundance, a dispetto delle differenti latitudini di provenienza. Un titolo programmatico, Shift, di un cambiamento che presenta i segni della costrizione più che della spontaneità, dello smottamento più che della svolta, dell'instabilità di una patina di ghiaccio troppo sottile o di un tapis roulant fuori controllo, anziché di un ottovolante su cui si sia saliti consapevolmente. A Metro Manila come a New York lavoro, relazioni e moda sono investiti da un tourbillon confuso e ottundente di precarietà sovrapposte. La ricerca del lavoro "giusto" e quella della relazione "giusta" si intrecciano con la crescita individuale e con l'abisso che separa i sogni dalla realtà. Tutto il bombardamento di informazioni e la nascita e morte di tendenze estetiche da seguire o abbandonare non fa che aumentare il desiderio di vivere una vita che non sia qualsiasi, in un'epoca in cui risulta difficile anche quest'ultima, rassicurante benché ordinaria, ipotesi. La situazione ideale per alimentare l'inconsapevole masochismo di Estela, insoddisfatta del proprio aspetto - che nasconde sotto il look da tomboy - come del proprio lavoro ("dove ti vedi tra cinque anni?") e che finisce per innamorarsi del più impossibile tra gli oggetti d'amore, un gay, aggravando la propria situazione. La forza di Shift è quella di dosare alla perfezione tempi e modi di questi frammenti di vita di Estela, ma il talento della Ledesma non si limita a un personaggio ben costruito o a dei dialoghi accattivanti, va molto oltre. Giocando sui cromatismi tra il rosso scarlatto della chioma di Estela e i suoi occhi di un gelido nero bluastro, Ledesma non gira mai un'inquadratura a caso, padroneggia il linguaggio dei social network ricorrendo alla visualizzazione dei messaggi di testo senza farsi trascinare da eccessi modaioli. Le attese e le non risposte, topoi del gioco di seduzione contemporaneo, sono aggiornate all'epoca della mancanza di privacy dei messaggi visualizzati senza risposta dal destinatario, funzionali alla narrazione e mai gratuiti. Aiutando a costruire una gabbia-incubo di incertezza e di circolarità senza scampo (tra incipit ed epilogo), lasciando alle ellissi e al fuori campo spiegazioni superflue. Un debutto destinato a non passare inosservato e ad attirare ancora di più l'attenzione su una cinematografia in crescita e dallo stimolante avvenire. 