Ha poco a che fare con il cinema italiano. Spettacolare l’atmosfera onirica, le ambientazioni, i costumi, la storia che è una favola magica e nera. Non è un film per chi è passivo di fronte allo schermo o per chi si è assuefatto ai cliché. In bilico tra realtà e illusione, ricorda le tende di velluto rosso, i nani danzanti, le allucinazioni dei film di Lynch. Non è solo un noir è anche una drammatica storia d'amore sado-maso, dove Lia abortisce perché completamente succube di Viktor, il suo fidanzato, un grottesco pagliaccio, infantile e artefatto nei modi. Un uomo che come tanti bamboccioni odierni indossa una maschera per potersi muovere nel mondo e che si nutre dell'energia vitale della sua donna. ”Viktor non è cattivo, è solo un bambino” esclama Lia prima del gran finale a sorpresa. “Lia, Lia, Lia” chiama incessantemente Viktor, è dipendente da lei. Crede di essere un duro, un maschio vincente tutto d’un pezzo ma non è altro che un meschino, dipendente e bisognoso, e per questo suscita, alla fine, la pietà dello spettatore. Straordinaria l’interpretazione della zia Agata, psicologa del villaggio che tenterà di curare con un rito jodoroskiano il profondo senso di colpa della nipote dovuto all’aborto. Coraggiosi gli autori che toccano con delicatezza un argomento ancora tabù. Bellissima la poesia che Jodorosky recita alla vecchia zia, sua moglie. Ma il film non è solo questo, è molto di più. Profondamente intelligente, non per tutti, per chi ama riflettere.
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