Omar

   
   
   

resistenza come sopravvivenza Valutazione 4 stelle su cinque

di mggagliardi


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venerdì 13 gennaio 2017

Nel film “Omar” il regista approfondisce il tema della sua più celebre pellicola “Paradise now” - 2005. 
Il  soggetto della frustrazione dei giovani palestinesi nati e cresciuti sotto occupazione è sviluppato ora in una chiave più sfumata e complessa, che evidenzia le conseguenze irreversibili del contesto degradato dal quale a nessuno è concesso prescindere. 
Il film inizia con  i teneri sentimenti d'amore di Omar e della sua ragazza, le loro speranza di una vita diversa. Piccoli dettagli e brevi dialoghi costruiscono un quadro delicato e fresco, nel quale la giovinezza sembra poter vincere ogni difficoltà e orrore. Omar ha il suo lavoro e la sua casa, risparmia per poter chiedere in sposa la ragazza che lo ama, scavalca agilmente il Muro per andare ad incontrarla.
Ma la realtà inclemente, violenta, ingiusta dell'occupazione non sta a guardare. Tra fughe, umiliazioni, arresti, torture, uccisioni e tradimenti, passo dopo passo il registra filma l' abbattimento  di ogni valore civile e umano. E' questo il pregio del film: srotola il meccanismo binario dell'azione e reazione, una partita dove ogni mossa conduce ad un'altra, che anche se non è l'unica possibile,  è quella che scegliamo e che determinerà il prossimo bivio e le prossime scelte, e così via fino all'irreversibile. 
Omar non agisce per un crollo psicologico o per disperazione. Si comporta e decide in base ai suoi principi morali. A volte sembra che Omar sia un irrecuperabile ingenuo che non comprende la situazione che gli si stringe addosso,  in verità è la figura più salda e coerente tra tutti i personaggi del film. E' l'unico che non tradisce, è l'unico che si assume la responsabilità dei suoi atti  fino a quello estremo e inaspettato che conclude il film.
Si dice che il cinema palestinese non prescinde mai dal contesto politico del suo paese, che è sempre un cinema di resistenza:, quando l'occupazione permea ogni momento dell'esistenza dei singoli e della comunità, sarebbe difficile il contrario. Però “Omar” non è solo una pellicola sui disastri prodotti dall’occupazione o sulla lotta politica ad essa,  è un film che ci parla di resistenza nel significato più profondo, come sopravvivenza della coscienza della umanità propria e altrui.

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