paolp78
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domenica 6 marzo 2022
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angosciante ma coinvolgente
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Pellicola molto curata dal punto di vista stilistico e formale, che propone una storia particolarmente struggente ed angosciante, ambientata nella New York degli anni ’20.
La regia del bravo James Gray è di ottimo livello, sia sotto il piano tecnico che con riguardo alla capacità di realizzare un’opera intensa e coinvolgente, sebbene affetta da una eccessiva lentezza narrativa che la rende un po’ pesante ed a tratti faticosa, anche a causa dell’oggetto della narrazione che in effetti è particolarmente deprimente.
Ottima la cura dei particolari e la ricostruzione degli ambienti della New York del tempo.
Come si diceva il ritmo non è abbastanza fluido e la storia fatica ad ingranare, riuscendovi solo quando si è già superata la metà del film.
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Pellicola molto curata dal punto di vista stilistico e formale, che propone una storia particolarmente struggente ed angosciante, ambientata nella New York degli anni ’20.
La regia del bravo James Gray è di ottimo livello, sia sotto il piano tecnico che con riguardo alla capacità di realizzare un’opera intensa e coinvolgente, sebbene affetta da una eccessiva lentezza narrativa che la rende un po’ pesante ed a tratti faticosa, anche a causa dell’oggetto della narrazione che in effetti è particolarmente deprimente.
Ottima la cura dei particolari e la ricostruzione degli ambienti della New York del tempo.
Come si diceva il ritmo non è abbastanza fluido e la storia fatica ad ingranare, riuscendovi solo quando si è già superata la metà del film. In quest’ottica è risolutiva la comparsa del personaggio interpretato da Jeremy Renner che dapprima consente il crearsi di una specie di triangolo amoroso insieme coi due protagonisti e poi pone le basi per il pregevolissimo finale, carico di pathos, che riscatta l’opera.
La sceneggiatura trova il suo punto di forza nei bei personaggi, delineati in modo molto saggio: la protagonista femminile, che subito porta dalla sua parte il pubblico, spingendolo a parteggiare per lei ed a prendersi a cuore le sue sorti, riuscendo così a tenere desta l’attenzione dello spettatore anche nella parte iniziale della pellicola che funziona di meno; e poi i personaggi maschili (su tutti quello interpretato da Joaquin Phoenix, che è anche quello di maggior rilievo), accumunati da una certa ambiguità che non permette di facilmente inquadrarli o comunque classificarli come positivi o negativi.
Punto di forza della pellicola sono certamente le interpretazioni di Marion Cotillard, protagonista della storia, e di Joaquin Phoenix. L’attrice francese, che è la migliore in scena, conferma il suo grandissimo talento con una prova intensa ed al contempo misurata, che solo una grande interprete può fornire; Phoenix, già più volte diretto da James Gray, non sfigura affatto offendo l’ennesima performance istrionica e ben riuscita della sua carriera. Nel resto del cast il già citato Jeremy Renner è l’unico altro nome di richiamo.
Ottima fotografia.
Pregevoli trucco e costumi.
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francesco2
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domenica 25 marzo 2018
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un imbroglio dietro l'altro
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Quest’opera, che racconta un momento di trapasso tra un secolo e l’altro, a costo di apparire riduttivo, potrebb essere “definita” un film sull’imbroglio, dall’inizio sino al termine. Esso si annida già nella scena in cui la protagonista viene “accolta”, appena arrivata nella sua Terra dei Sogni. Man mano che la matassa si dipana – o, più probabilmente, si ingarbuglia- tutto il questo “Nuovo-mondo” che attendeva la protagonista si rivelerà un’illusione, quasi a suggerire verganiamente che chi nasca dalla povertà e cerchi la ricchezza -o comunque il benessere- è condannato a firmare la propria fine. O forse, anche che il progresso potenziale non coincide necessariamente con quello reale, se all’Est Europeo, e forse ad un’età storica prossima alla fine, contrapponiamo l’Ovest e l’avvento di un nuovo periodo.
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Quest’opera, che racconta un momento di trapasso tra un secolo e l’altro, a costo di apparire riduttivo, potrebb essere “definita” un film sull’imbroglio, dall’inizio sino al termine. Esso si annida già nella scena in cui la protagonista viene “accolta”, appena arrivata nella sua Terra dei Sogni. Man mano che la matassa si dipana – o, più probabilmente, si ingarbuglia- tutto il questo “Nuovo-mondo” che attendeva la protagonista si rivelerà un’illusione, quasi a suggerire verganiamente che chi nasca dalla povertà e cerchi la ricchezza -o comunque il benessere- è condannato a firmare la propria fine. O forse, anche che il progresso potenziale non coincide necessariamente con quello reale, se all’Est Europeo, e forse ad un’età storica prossima alla fine, contrapponiamo l’Ovest e l’avvento di un nuovo periodo. Senza svelare troppo, mi auguro, a confermare questo pessimismo nient’affatto “esistenziale” – o forse si?-si aggiungono anche le vicissitudini familiari della protagonista, le cui istanze di cambiamento vengono rifiutate persino dal proprio microcosmo ancora prima che dalla realtà “di adulta” –il mondo esterno, il paese straniero, contrapposti all’alveo familiare, pur non esente da problemi date le caratteristiche della sorella- ed al paese natio. Rispetto al citato film di Crialese, se la memoria non mi inganna, l’interesse non si focalizza cosi tanto sulle tensioni interne quanto sul ruolo che una nuova, ma non rinnovata, società gioca per la protagonista, anche se –mi ripeto- non va dimenticata la figura della sorella. Forse, ma non necessariamente, per questo il pessimismo di Grey appare ben più radicale.
La modesta accoglienza, credo, ricevuta a Cannes mi ricorda quello che avvenne a Neil LaBute col suo “Betty Love”, non un capolavoro ma non assolutamente la pataccata di cui si disse nella competizione festivaliera.
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filippo catani
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lunedì 16 maggio 2016
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melodramma pesantuccio
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Ellis Island 1921. Una giovane infermiera polacca arriva a New York in compagnia della sorella che però viene immediatamente ricoverata perchè affetta da tubercolosi. La giovane allora viene presa da un giovane impresario che in realtà è un losco individuo.
Una storia di immigrazione e disperazione quella narrata in questo film che però non riesce a scaldare le corde dello spettatore. Questo perchè la trama si perde in tanti fronzoli e perchè la sorta di triangolo amoroso in cui la Cotillard viene a trovarsi finisce per essere esasperato ed esasperante. Restano nel complesso degli ottimi costumi, un'ottima interpretazione del duo Phoenix-Cotillard e un buon finale.
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Ellis Island 1921. Una giovane infermiera polacca arriva a New York in compagnia della sorella che però viene immediatamente ricoverata perchè affetta da tubercolosi. La giovane allora viene presa da un giovane impresario che in realtà è un losco individuo.
Una storia di immigrazione e disperazione quella narrata in questo film che però non riesce a scaldare le corde dello spettatore. Questo perchè la trama si perde in tanti fronzoli e perchè la sorta di triangolo amoroso in cui la Cotillard viene a trovarsi finisce per essere esasperato ed esasperante. Restano nel complesso degli ottimi costumi, un'ottima interpretazione del duo Phoenix-Cotillard e un buon finale. Per il resto si scade veramente troppo nel melodramma e vista anche l'eccessiva durata della pellicola lo spettatore non può che uscirne con le ossa rotte
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g_andrini
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martedì 19 aprile 2016
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piacevole
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E' una pellicola di buona qualità, con un calore dell'immagine veramente accattivante. Bravi gli attori, in particolare la protagonista femminile.
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liuk!
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venerdì 27 febbraio 2015
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scontato e soporifero
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Pellicola drammatica senza acuti. La Cotillard non basta a supportare una storia prevedibile in un lavoro complessivamente modesto.
Non lo consiglio.
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luigi chierico
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lunedì 9 febbraio 2015
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e oggi a....
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L’amore ha radici profonde, imperscrutabili. Non sempre è fatto di è poesia e dolcezza;c’è spesso la violenza,l’abuso,la sopraffazione. A tenere le fila,a dettarne le regole e le scelte sono le condizioni economiche o ambientali. Circa un secolo fa una bella e giovane ragazza polacca lascia la sua terra dilaniata dall’oppressione russa. L’accompagna sua sorella in un viaggio, fatto di sogni, speranze, fiducia. La grande America è lontana, ma grandi sono i pericoli, la corruzione,i crimini, il proibizionismo, le lotte sindacali.
Ed è così che i sogni di Ewa Cybulski, la bellissima,dolce e brava Marion Cotillard, e della sorella Magda, naufragano non appena toccano terra.
L’una, Magda, è trasferita in ospedale perché dichiarata turbercolotica, Ewa, viene rimpatriata perché considerata di facili costumi.
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L’amore ha radici profonde, imperscrutabili. Non sempre è fatto di è poesia e dolcezza;c’è spesso la violenza,l’abuso,la sopraffazione. A tenere le fila,a dettarne le regole e le scelte sono le condizioni economiche o ambientali. Circa un secolo fa una bella e giovane ragazza polacca lascia la sua terra dilaniata dall’oppressione russa. L’accompagna sua sorella in un viaggio, fatto di sogni, speranze, fiducia. La grande America è lontana, ma grandi sono i pericoli, la corruzione,i crimini, il proibizionismo, le lotte sindacali.
Ed è così che i sogni di Ewa Cybulski, la bellissima,dolce e brava Marion Cotillard, e della sorella Magda, naufragano non appena toccano terra.
L’una, Magda, è trasferita in ospedale perché dichiarata turbercolotica, Ewa, viene rimpatriata perché considerata di facili costumi.
Una selezione che non mi pare storicamente accettabile.
Sta di fatto che la motivazione è un pretesto per far in modo di consentire a Bruno Weiss di disporre a suo piacimento della giovane e graziosa ed ingenua forestiera, in un paese non suo, ma anche presa dalla disperazione per la sorte della sorella. Il colpo riesce. Bruno, magistralmente ma odiosamente interpretato da Joaquin Phoenix, con la promessa di aiutare l’emigrata a trovare lavoro e di aiutarla a ricongiungersi alla sorella, la induce passo, passo verso la prostituzione.
Questo succedeva un secolo fa, oggi…in Italia arrivano ragazze nigeriane e d’ogni parte dell’Africa e del mondo: rumene, albanesi,qualche polacca come Ewa,ecc. la cui sorte non è diversa da quella di Ewa Cybulski !!!
Non ci sono più i bordelli dove era possibile vedere le ragazze ed andare, volendo, con la preferita; le lucciole sono per strada non solo di notte, ma puoi vederle, semivestite, anche di giorno e dovunque
La giovane Ewa non riesce a liberarsi di Bruno, che dichiarandosi innamorato le porta via anche i soldi presi dai suoi clienti, questo succedeva un secolo fa a New York… Incontra Orlando, interpretato da Jeremy Renner,che a modo suo dichiarandosi mago ed illusionista, da par suo prende in giro la gente,la dolce Ewa è dibattuta se accettare l’amore e la vita che lo stesso le offre ovvero se rimanere con Bruno, l’amore ha radici profonde, imperscrutabili. La strada della vita non scorre su un binario ma si interrompe di frequente, c’è da scegliere quale bivio prendere, spesso non si può tornare più indietro, ancor peggio, se è quello sbagliato, può essere fatale.
Il film è stato girato facendo uso di un filtro che rende le immagini color ocra per meglio mettere in risalto la scenografia che risulta eccellente. Gli attori si muovono sapientemente, lei fa tanta tenerezza ed il suo talento le dona, certo la rivedremo in film di ben altro spessore, la stoffa c’è e, come in questo film, non è necessario spogliarsi.
Joaquin Phoenix è bravissimo, nel monologo finale, trasformato il suo volto, recita la sua parte in maniera perfetta.
In definitiva il film, sebbene tratti una materia così scabrosa attorno al turpe mercimonio del corpo femminile, ha delle immagini e pagine pregne di poesia, di tristezza e malinconia.Ewa si guarda ad uno specchio in cui non si riconosce. Il suo volto conserva il candore di una ragazza che cerca di riscattare sé stessa e sua sorella e per questo si rifugia in chiesa il giorno della Candelora in cui si consacrano le candele, fiamme accese dalla fede per la fede, ed è proprio Bruno che le riferisce quanto ascoltato da sua madre: ”L’occhio di Dio è sempre su ogni passero”.
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enzo70
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venerdì 3 ottobre 2014
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un film dove manca l'illuminazione
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L’immigrazione negli Stati Uniti dell’inizio del secolo scorso è un buon soggetto cinematografico; il fascino degli States, la stessa statua della libertà, il bivio di Ellis Island sono fattori che da soli, uno per uno, sono in grado di affascinare lo spettatore; c’era una volta a New York è la storia di una di tante, Ewa, affascinante donna polacca che fugge dalla miseria del suo paese per arrivare alle miserie degli Stati Uniti. La violenza che subisce a bordo della nave diventa un marchio indelebile quando arriva a New York, viene considerata indesiderabile, una puttana, e la sua vita diventerà quella di una donna di strada, con un unico obiettivo, ricongiungersi con la sorella, bloccata ad Ellis Island per la tubercolosi.
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L’immigrazione negli Stati Uniti dell’inizio del secolo scorso è un buon soggetto cinematografico; il fascino degli States, la stessa statua della libertà, il bivio di Ellis Island sono fattori che da soli, uno per uno, sono in grado di affascinare lo spettatore; c’era una volta a New York è la storia di una di tante, Ewa, affascinante donna polacca che fugge dalla miseria del suo paese per arrivare alle miserie degli Stati Uniti. La violenza che subisce a bordo della nave diventa un marchio indelebile quando arriva a New York, viene considerata indesiderabile, una puttana, e la sua vita diventerà quella di una donna di strada, con un unico obiettivo, ricongiungersi con la sorella, bloccata ad Ellis Island per la tubercolosi. In mezzo l’amore per Ewa da parte di un magnaccia, che si redime proprio attraverso il sentimento quasi morboso provato per la donna, e quello di Ewa per il cugino. L’intera storia si muove nell’ambito di un quadro drammatico dove la dimensione umana e delle incongruenze dell’amore prevale su tutto. Gray, il regista si avvale di ottimi attori, Marion Cotillard, Joaquin Phoenix, all’ennesima prova con il regista, e Jeremy Renner. Ma nonostante tutto il film alla lunga appare troppo di maniera, gli manca quel qualcosa che gli avrebbe consentito di diventare un grande film.
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brian77
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domenica 22 giugno 2014
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film non facile...
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Vorrei ricordare solo che Olivier Père, uno dei grandi critici francesi delle ultime generazioni, ha definito quest'ultimo film di Gray un capolavoro, soffermandosi nell'analizzare sottigliezze di regia e di racconto. Chiunque lo può leggere perché è in rete.
Naturalmente ciascuno ha poi le proprie lecite opinioni, ci mancherebbe!
Ma ho l'impressione che chi continua a guardare i film in modo impressionistico finisca poi per scambiare film di autentico e complesso cinema come questo per banali feuilleton televisivi, proprio perché non essendo abituato a guardare dentro al film ne percepisce solo le formule esteriori.
In questo modo, si finiscono per sottovalutare grandi film (ricordo ancora chi diceva "già visto" per un film di prepotente personalità formale come "I padroni della notte"), e magari poi ci s'incanta davanti a filmetti dallo stile semipubblicitario che ostentano originalità dozzinali dall'apparenza colta.
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Vorrei ricordare solo che Olivier Père, uno dei grandi critici francesi delle ultime generazioni, ha definito quest'ultimo film di Gray un capolavoro, soffermandosi nell'analizzare sottigliezze di regia e di racconto. Chiunque lo può leggere perché è in rete.
Naturalmente ciascuno ha poi le proprie lecite opinioni, ci mancherebbe!
Ma ho l'impressione che chi continua a guardare i film in modo impressionistico finisca poi per scambiare film di autentico e complesso cinema come questo per banali feuilleton televisivi, proprio perché non essendo abituato a guardare dentro al film ne percepisce solo le formule esteriori.
In questo modo, si finiscono per sottovalutare grandi film (ricordo ancora chi diceva "già visto" per un film di prepotente personalità formale come "I padroni della notte"), e magari poi ci s'incanta davanti a filmetti dallo stile semipubblicitario che ostentano originalità dozzinali dall'apparenza colta.
E' davvero imbarazzante vedere poi elogiate sciocchezze grossolane come "Quasi amici" o incantarsi davanti alle presunte "opere morte" pittoriche che nobiliterebbero un film furbo ed esteriore (ma oh quanto sembra "poetico"...) come "Still Life" di Uberto Pasolini.
Ho anch'io qualche riserva per questo film rispetto ai tre precedenti di Gray, in quanto l'immagine mi pare meno densa.
Ma spero che rinviando a Olivier Père riesca almeno a instillare qualche dubbio.
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simone magli
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mercoledì 11 giugno 2014
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affascinante ma poco coinvolgente
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Film dalle suggestive ambientazioni che, insieme ai costumi e al trucco dei personaggi, lo rendono affascinante e vintage.
Non coinvolge abbastanza a livello emotivo.
Efficace il finale a scena doppia.
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alexander 1986
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martedì 27 maggio 2014
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una fiction televisiva da 16 milioni di dollari
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NY, anni '20. Ewa (Marion Cotillard) e la sorella Magda sbarcano nella terra delle loro speranze ma vengono fermate già alla stazione doganale di Ellis Island. La seconda viene scoperta malata, mentre si dubita della moralità della prima. A ogni modo Ewa riesce a calpestare il suolo americano grazie all'inatteso aiuto di un uomo, Bruno Weiss (Joaquin Phoenix). Si tratta di un buon samaritano o costui sarà mosso da altre ragioni?
Come interpretare la scelta di tradurre in italiano l'originale titolo 'The Immigrant' con 'C'era una volta a New York'? Goffo tentativo di richiamare leonine memorie o di sovrapporsi all'omonima pellicola di Chaplin (1917)? A ogni modo la presente avrebbe fatto decisamente meglio a evitare qualsiasi possibilità di confronto con i succitati mostri sacri, senza ingenerare così nello spettatore attese troppo alte.
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NY, anni '20. Ewa (Marion Cotillard) e la sorella Magda sbarcano nella terra delle loro speranze ma vengono fermate già alla stazione doganale di Ellis Island. La seconda viene scoperta malata, mentre si dubita della moralità della prima. A ogni modo Ewa riesce a calpestare il suolo americano grazie all'inatteso aiuto di un uomo, Bruno Weiss (Joaquin Phoenix). Si tratta di un buon samaritano o costui sarà mosso da altre ragioni?
Come interpretare la scelta di tradurre in italiano l'originale titolo 'The Immigrant' con 'C'era una volta a New York'? Goffo tentativo di richiamare leonine memorie o di sovrapporsi all'omonima pellicola di Chaplin (1917)? A ogni modo la presente avrebbe fatto decisamente meglio a evitare qualsiasi possibilità di confronto con i succitati mostri sacri, senza ingenerare così nello spettatore attese troppo alte. Questo 'The Immigrant' cerca sicuramente di rendere omaggio a quel cinema nella scelta dell'epoca e dell'ambiente, ma tale imitazione risulta vagamente buona solo per quanto concerne per l'appunto la resa scenografica. La vicenda narrata dal regista Gray (anche sceneggiatore e produttore) appare invece lineare e prevedibile come quelle degli sceneggiati d'antan. C'è la povera ragazza sfruttata dagli uomini, l'impresario/magnaccia dal cuore inquieto, il romantico possibile salvatore; il classico triangolo dalla classica conclusione. E' un vero peccato vedere interpreti del talento di Cotillard, Phoenix e Renner doversi calare in ruoli tanto piatti e poco stimolanti. Attori insigniti dell'Oscar non possono recitare in ruoli da polpettone televisivo. Tale spreco mi impedisce di consigliare questa visione, sebbene ne riconosca la discreta fattura.
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(di brian77)
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