francesco2
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domenica 26 aprile 2020
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non tra i loro migliori film
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Ho visto finalmente questo film, per quanto in televisione e dopo molti anni.
Nonostante i numerosi elogi che ha ricevuto, non mi ha colpito come altre opere dei Coen.
Come in altre occasioni, i fratelli del Minesota si dedicano a presunti perdenti, o
quantomeno a personaggi bistrattati. Si pensi al Grande Lebowski, apologo in cui si
mettevano alla prova, oltre che come registi, come teorici del cinema quali erano, ricordando
un -non abbastanza compianto- critico cinematografico. O ancora all Uomo
che non c era, riflessione in bianco e nero su un malcapitato,
disperata dietro un ironia sottilissima.
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Ho visto finalmente questo film, per quanto in televisione e dopo molti anni.
Nonostante i numerosi elogi che ha ricevuto, non mi ha colpito come altre opere dei Coen.
Come in altre occasioni, i fratelli del Minesota si dedicano a presunti perdenti, o
quantomeno a personaggi bistrattati. Si pensi al Grande Lebowski, apologo in cui si
mettevano alla prova, oltre che come registi, come teorici del cinema quali erano, ricordando
un -non abbastanza compianto- critico cinematografico. O ancora all Uomo
che non c era, riflessione in bianco e nero su un malcapitato,
disperata dietro un ironia sottilissima. E rischio di dimenticare Barton Fink, opera forse non
totalmente compresa da chi scrive, a suo tempo. Proprio una delle figure qui presenti
ricorda l impresario -sic- di questo film, ma senza la medesima efficacia. I Coen, questo va
loro riconosciuto, prestano grande attenzione a costruire una figura credibile, vittima del
caso come della sfortuna -si veda l espediente del gatto, non necessariamente tanto efficace
visto come viene ripetitivamente riproposto, quasi ad indicare una negativita ossessiva di cui
il protagonista non riesce a liberarsi, ma che contribuisce egli stesso ad alimentare, per
esempio quando rifiuta la proposta -non irresistibile- di un discografico.
A mio parere, solo quel personaggio - a dir poco- bizzarro, che -intra-vediamo all inizio ed alla
fine del film, meriterebbe , a pieno titolo, di fare parte dell immaginario coeniano. Un ibrido
tra il Grilo Parlante pinocchiesco, che lo inchioda di fronte alle sue responsabilita, e quell
ossessione che non lo lascia mai, simboleggiata dal gatto. E che, forse, gli impedisce di
compiere quel passo decisivo che lo farebbe uscire dal limbo.
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antonio
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lunedì 4 settembre 2017
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inside llewyn davis
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Davvero un bellissimo film (Candidato a 2 premi Oscar, come miglior fotografia e miglior sonoro e a 3 Golden Globe, come miglior film commedia o musicale, come miglior allo straordinario Oscar Isaac e come miglior canzone PLEASE MR KENNEDY canzone divertente e carina cantata durante il film), un'altro capolavoro nella lunga lista dei film dei Fratelli Coen, un'altro colpo messo a segno. Anche in questo caso i due fratelli si dimostrano grandiosi registi e sceneggiatori che caratterizzano con il loro stile registico tutto il film. Infatti è costituito da una storia e da una regia fredda, distaccata e appassionante in tipico stile Coen, narrata con grande accuratezza nella caratterizzazione dei vari personaggi, storia non ci sono buoni o cattivi ma solo un uomo, il centro di tutti gli eventi e infatti proprio da questo il titolo "Inside Llewyn Davis" perché durante tutto il film il pubblico è Llewyn Davis.
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Davvero un bellissimo film (Candidato a 2 premi Oscar, come miglior fotografia e miglior sonoro e a 3 Golden Globe, come miglior film commedia o musicale, come miglior allo straordinario Oscar Isaac e come miglior canzone PLEASE MR KENNEDY canzone divertente e carina cantata durante il film), un'altro capolavoro nella lunga lista dei film dei Fratelli Coen, un'altro colpo messo a segno. Anche in questo caso i due fratelli si dimostrano grandiosi registi e sceneggiatori che caratterizzano con il loro stile registico tutto il film. Infatti è costituito da una storia e da una regia fredda, distaccata e appassionante in tipico stile Coen, narrata con grande accuratezza nella caratterizzazione dei vari personaggi, storia non ci sono buoni o cattivi ma solo un uomo, il centro di tutti gli eventi e infatti proprio da questo il titolo "Inside Llewyn Davis" perché durante tutto il film il pubblico è Llewyn Davis. Un' altro punto a favore del film è la straordinaria bravura di ogni interprete a partire dal protagonista Oscar Isaac che mai come in questo film mostra tutte le sue qualità attoriali. Non da meno è un altro attore, in questo caso attrice, ovvero Carrey Mulligan, che avevamo già visto in "Orgoglio e pregiudizio" o ne "Il grande Gatsby", in questo film davvero molto brava e convincente tanto da dare maggior spessore al personaggio che non esce molto durante il film. Molto ben curati anche la scenografia (della New York anni '60), la fotografia, il sonoro e la colonna sonora, la cui grandezza è dovuta alle canzoni interpretate in modo egregio da Oscar Isaac, che sorprende per le sue doti canore. Molto bello e significativo il finale del film. In poche parole un grande film, un grande prodotto Coeniano su un uomo, un "perdente" comune accompagnato in alcuni momenti da un meraviglioso gatto arancione nella New York anni '60.
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no_data
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venerdì 13 gennaio 2017
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la storia semplice di un personaggio complesso.
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Il film è essenziale quanto basta per trasmettere la determinazione e la passione di Llewyn, che tutto è fuorchè un perdente.
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great steven
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venerdì 19 agosto 2016
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uno sconfitto armato solo di voce e chitarra.
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A PROPOSITO DI DAVIS (USA, 2013) diretto da JOEL & ETHAN COEN. Interpretato da OSCAR ISAAC, CAREY MULLIGAN, JOHN GOODMAN, JUSTIN TIMBERLAKE, GARRETT HEDLUND, F. MURRAY ABRAHAM
Una settimana nella vita di Llewyn Davis, chitarrista folk che, nel 1961, presso Greenwich Village, propone con scarso successo le sue canzoni che parlano di impiccagioni, derelitti e situazioni disastrate, vivendo nelle case che gli amici generosi gli mettono a disposizione, dormendo sui divani, viaggiando per gli USA portando con sé la chitarra gelosamente incustodita e un gatto infedele, collezionando insulti e sberleffi da parte sia di donne che di uomini e distribuendone egli stesso alle esibizioni di altri artisti, incidendo saltuariamente con qualche collega e sperando sempre e comunque che il futuro gli riservi sorprese incoraggianti.
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A PROPOSITO DI DAVIS (USA, 2013) diretto da JOEL & ETHAN COEN. Interpretato da OSCAR ISAAC, CAREY MULLIGAN, JOHN GOODMAN, JUSTIN TIMBERLAKE, GARRETT HEDLUND, F. MURRAY ABRAHAM
Una settimana nella vita di Llewyn Davis, chitarrista folk che, nel 1961, presso Greenwich Village, propone con scarso successo le sue canzoni che parlano di impiccagioni, derelitti e situazioni disastrate, vivendo nelle case che gli amici generosi gli mettono a disposizione, dormendo sui divani, viaggiando per gli USA portando con sé la chitarra gelosamente incustodita e un gatto infedele, collezionando insulti e sberleffi da parte sia di donne che di uomini e distribuendone egli stesso alle esibizioni di altri artisti, incidendo saltuariamente con qualche collega e sperando sempre e comunque che il futuro gli riservi sorprese incoraggianti. Ex arruolato nella marina mercantile, nel sottofinale tenta di rientrarvi, ma l’amore per la musica prevale, e la sua missione di artista incompreso, vilipeso e vagabondo prosegue. L’universo musicale era stato esplorato in precedenza, dai fratelli Coen, soltanto nelle magnifiche colonne sonore dei loro capolavori, o addirittura in base alla loro assenza (com’è avvenuto in No Country For Old Men, 2007), ma un personaggio principale che fa il musicista, non gli era mai successo di sviscerarlo a fondo, mettendone a nudo le aspirazioni prontamente deluse, i desideri inappagati ma sempre sognati, la forza di volontà sempre incrollabile, la tenacia con cui crede nelle sue idee e la mordace aggressività latente da individuo debole e violento con cui si rivolta contro la boria e lo spudorato arrivismo di colleghi, impresari musicali, discografici, soggetti ospitanti e semplici astanti. L’esperimento, per un eccezionale 95%, riesce: quel 5% di imperfezione risiede semplicemente in un’atmosfera ovattata in modo permanente, che commette l’errore di cullare troppo la storia, in sé e per sé efficace, attraverso un alone di nostalgia che scivola talvolta nell’autocommiserazione, senza però adottare mai un tono compassionevole, bensì cercando con costanza di restituire dignità alla personalità di un combattente d’altri tempi che ha la chitarra come spada, la voce come urlo di battaglia e una flebile arroganza come armatura. Per il resto, questa commedia drammatica dai risvolti amari e graffianti assolve appieno il suo ruolo chiarificatore ed esplicativo di un’epoca, gli anni 1960, che i Coen vissero da bambini e che ripercorrono con una vivida memoria che esplora i ricordi fin nelle più intime profondità, traendone il succo delle lotte, delle contestazioni, delle aspettative e delle fatiche che finirono troppo spesso sprecate e disingannarono chi le veicolava, convinto che il proprio impegno portasse ad un porto non buono, eccellente. E Llewyn Davis (cui giova enormemente il volto malinconico, lo sguardo disincantato e la recitazione sotto le righe del bravissimo O. Isaac) è, a suo modo, un protestatario ante litteram che porta avanti una solitaria guerra contro il perbenismo, la bigotteria, il malaffare, il carrierismo e anche l’egoismo dilagante in una società che sembra non considerare più gli artisti e li relega ormai nel dimenticatoio delle inutilità. Non al livello dei capolavori indiscutibili dei Coen, come possono essere ritenuti Fargo, il già menzionato No Country For Old Men e A Serious Man, ma ha dalla sua una semplicità di linguaggio e una capacità comunicativa straordinariamente diretta che lo rendono apprezzabile per come insegue la strada del sogno senza introdursi nell’illusione e per come la storia (la trama denota un pre-lavoro di sceneggiatura davvero ottimale) si affeziona al personaggio evitando di esserne succuba e seguendo passo dopo passo l’evoluzione sentimentale, morale e civile di un antieroe metropolitano il cui unico scopo è quello di essere valutato (o meglio, rivalutato) per la sua arte e per quello che sa fare bene (malgrado una gigantesca moltitudine cerchi di screditarlo in questo senso): suonare. Contributi tecnici di inappuntabile qualità, comprese ovviamente le canzoni che O. Isaac, insieme a J. Timberlake, C. Mulligan e G. Hedlund cantano dal vivo, brani musicali che riportano indietro nel tempo e non possono non eludere il collegamento con un gigante della musica made in USA che, proprio in quel tempo, muoveva i primi passi e riscuoteva un discreto successo ancora agli albori: il mitico, insuperato Robert Allen Zimmermann, in arte Bob Dylan. Il protagonista della commedia dei Coen ha numerosi punti in comune con lui, ma un analogo riferimento, non eccessivamente forzato, può essere mosso pure nei confronti di Woody Guthrie o perfino di Elvis Presley, allora già celebre e citato una volta nei dialoghi. Fotografia che privilegia il grigio come colore predominante per le vie bigie e tristi del Greenwich Village, che seguono molto da vicino i sentimenti di Llewyn, mentre il montaggio tranquillo e la scenografia ridotta all’osso creano un palcoscenico ideale e magnifico per far muovere il carattere principale in un ambiente ostile e duro ma non per questo privo di occasioni per farsi notare, in modo positivo o negativo.
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aabbaa
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mercoledì 6 aprile 2016
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capolavoro
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aabbaa
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mercoledì 6 aprile 2016
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capolavoro assoluto
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Si ride e si piange in quello che è il massimo capolavoro firmato Coen.
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fabio57
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lunedì 7 settembre 2015
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non il migliore dei coen
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Per quanto siano efficaci nel loro cinema iperrealistico, i fratelli Coen con questo film, non danno a mio parere il meglio di se.Il film è prolisso,scontato e a tratti addirittura noioso.Le storie dei perdenti spesso campeggiano nelle sale cinematografiche,raccogliendo consensi nel gradimento del pubblico,forse per una qualche forma di immedesimazione catartica,questa non è una delle migliori.
Comunque si può vedere
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trinkone
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lunedì 10 agosto 2015
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vedere poesia dove c'è solo noia.
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Dopo parecchio tempo torno a scrivere perché leggendo recensioni che parlano di poesia di grande film ecc. Incuriosito vedo quest'opera priva di passione priva di una qualsiasi cosa renda un film scadente e lento guardabile. Non ho potuto fare a meno di leggere commenti che sono sicuramente frutto da fans dei fratelli tutto fumo e niente arrosto.storia banale film lentissimo attori irritanti insomma nulla che possa giustificare un voto così alto della redazione, se questa è la metrica i film del passato e parlo di capolavori senza citare i sarebbe inutile, i voti dovrebbe essere sull'ordine del 9 10. Insomma le recensioni non vanno fatte da chi da occhi foderati anche il pubblico non è credito e il film non ha praticamente incassato nulla.
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Dopo parecchio tempo torno a scrivere perché leggendo recensioni che parlano di poesia di grande film ecc. Incuriosito vedo quest'opera priva di passione priva di una qualsiasi cosa renda un film scadente e lento guardabile. Non ho potuto fare a meno di leggere commenti che sono sicuramente frutto da fans dei fratelli tutto fumo e niente arrosto.storia banale film lentissimo attori irritanti insomma nulla che possa giustificare un voto così alto della redazione, se questa è la metrica i film del passato e parlo di capolavori senza citare i sarebbe inutile, i voti dovrebbe essere sull'ordine del 9 10. Insomma le recensioni non vanno fatte da chi da occhi foderati anche il pubblico non è credito e il film non ha praticamente incassato nulla.la sensazione è quella che i fratelli hanno tentato di far un film d'autore ma senza una sceneggiatura decente un accozzaglia di situazioni irritanti ed inutili. Forse la vena artistica e finita anche se restano dei registi molto sopravvalutati....
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