iaoquinti
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domenica 5 novembre 2017
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inesorabile e realista
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Film che mette in risalto i classici problemi adolescenziali e l'eccessiva tolleranza del sistema scolastico contemporaneo.
Il suicidio di una timida studentessa anima negli studenti un eccessivo sentimentalismo che causerà una rivolta dell'intera classe, nella quale nessuno sa cosa voglia davvero.
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emanuela
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venerdì 2 dicembre 2016
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chi è class enemy?
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Un film che potremmo scambiare con superficialità per una sorta de L’attimo fuggente all’inverso ma c’è molto di più. Forse è il modo di raccontare che lo rende unico, i giochi di luce e di colore, le scene nude e crude come fosse un docufilm; magari è la durezza della realtà ad essere più forte della dolcezza del romanzo, più diretta e senza fronzoli ci parla, senza morale né consigli per l’uso, di grandi temi quali la vita e la morte, la perdita e l’assenza, il principio di azione e reazione nei rapporti umani, le paure e le necessità del singolo, le dinamiche del gruppo, l’importanza delle guide nella crescita, il peso dell’inganno dell’apparenza di cui il tema letto in classe è una specie di manifesto.
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Un film che potremmo scambiare con superficialità per una sorta de L’attimo fuggente all’inverso ma c’è molto di più. Forse è il modo di raccontare che lo rende unico, i giochi di luce e di colore, le scene nude e crude come fosse un docufilm; magari è la durezza della realtà ad essere più forte della dolcezza del romanzo, più diretta e senza fronzoli ci parla, senza morale né consigli per l’uso, di grandi temi quali la vita e la morte, la perdita e l’assenza, il principio di azione e reazione nei rapporti umani, le paure e le necessità del singolo, le dinamiche del gruppo, l’importanza delle guide nella crescita, il peso dell’inganno dell’apparenza di cui il tema letto in classe è una specie di manifesto. Uno spaccato di umanità così ampio e profondo che non riesco a trovare il nemico della classe, non dico di classe perché sarebbe limitante, implicitamente orientato verso il conflitto sociale, o meglio generazionale; inizio e fine del film suggeriscono qualcuno, ma forse le ultime immagini vogliono dirci che non c’è un nemico ma qualcosa di ineluttabile, intrinseco alla vita, come la scia d’acqua che la nave si lascia dietro.
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gabrisaltgr
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martedì 24 maggio 2016
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la classe come specchio della società
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Class Enemy è sicuramente un film da far vedere nelle scuole. Attraverso un mix di equivoci e pregiudizi, il regista ha colto nel segno le problematiche non solo scolastiche, ma anche societarie in generale. La grande bravura espressiva e teatrale del protagonista fanno il resto. Veramente eccellente tutto il cast.
Questo film insegna a non cadere nel pregiudizio condannando una persona a prescindere dalle azioni che andrà compiendo, e che in ogni individuo vi è qualcosa di positivo da cogliere e valorizzare.
Class Enemy si appresta ad essere visto in particolare nelle scuole dove si insegna scienze umane, poiché riflette il ruolo delle istituzioni e del potere.
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dario
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giovedì 18 febbraio 2016
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moralistico
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l'impegno intellettuale è notevole e la regia non lo fa pesare. Non mancano eccessi didattici, in parte salvati dal docente, notevole la sua personalità, ben dispiegata. La storia è un po' troppo lineare e scontata. Ma l'impianto regge abbastanza bene e le recitazioni valide. Apprezzabile la semplicità che rischia tuttavia di diventare semplicismo, evitato per caso e per bravura degli sceneggiatori.
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angelo umana
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mercoledì 25 novembre 2015
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att.ne: contiene tutti gli spoiler possibili
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Il professore di tedesco Robert Zupan (l’ottimo e dallo sguardo intenso 58enne Igor Samobor) avvicenda la titolare della cattedra che va in maternità: questa è un’insegnante comprensiva e affettuosa coi suoi studenti, una bella classe ne dice, laddove Robert vede dei ragazzi vivaci disobbedienti e poco concentrati il cui merito effettivo nella materia dev’essere ridotto di almeno due voti. Il supplente ha il piglio più efficiente, mira molto al rendimento nella sua materia, parla in ottimo tedesco agli studenti e pretende che loro si esprimano nella stessa lingua oltreché rispettino rituali di comportamento perché, dice, solo poche cose servono veramente a vivere.
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Il professore di tedesco Robert Zupan (l’ottimo e dallo sguardo intenso 58enne Igor Samobor) avvicenda la titolare della cattedra che va in maternità: questa è un’insegnante comprensiva e affettuosa coi suoi studenti, una bella classe ne dice, laddove Robert vede dei ragazzi vivaci disobbedienti e poco concentrati il cui merito effettivo nella materia dev’essere ridotto di almeno due voti. Il supplente ha il piglio più efficiente, mira molto al rendimento nella sua materia, parla in ottimo tedesco agli studenti e pretende che loro si esprimano nella stessa lingua oltreché rispettino rituali di comportamento perché, dice, solo poche cose servono veramente a vivere. Un’associazione di idee fa pensare al direttore-dittatore tedesco che prende il comando dei musicisti nel finale di Prova d’orchestra di Fellini, quasi che quella lingua suoni particolarmente adatta nel condurre persone (führen).
E’ rimarchevole che Rok Bicek, 30 anni, abbia saputo mettere in scena un film come Class Enemy, del 2013, suo primo lungometraggio, in modo sì emozionale ma calibrato e lineare, interpretando esattamente i punti di vista degli studenti, della scuola come istituzione, dei genitori e dei professori, punti di vista che chi vive la scuola può riscontrare giornalmente. Sua è anche la sceneggiatura che pronuncia parole così precise e afferenti agli adolescenti che crescono. C’è un suicidio nel film, di Sabina, una studentessa taciturna, sensibile pianista: pare che questa sia stata un’esperienza dal regista vissuta al liceo e che i suicidi in Slovenia siano numerosi. Gli sloveni, se non si ammazzano da soli si ammazzano l’un l’altro, dice un ragazzo asiatico nel film. C’è la faccia in bianco nella figura umana nera della locandina, parrebbe doversi riempire da parte dello spettatore con quella del “nemico” della classe, che nel prosieguo è difficile trovare, non tutto essendo bianco o nero. Quel suicidio e i metodi del professore scatenano invece un cortocircuito, un tutti contro tutti, palline impazzite, dapprima gli studenti e poi anche i loro genitori (non tutti) verso il professore: la ricerca e l’emarginazione del colpevole pare essere del resto la logica corrente nell’intera società. Nulla possono i sermoni della psicologa della scuola ai ragazzi, parole vuote e teoria verso chi, come uno di loro, ha appena perso la mamma e verso i compagni di classe di Sabina. In realtà il professore nuovo arrivato mette in luce i conflitti latenti e i punti di vista diversi dei ragazzi stessi, o la considerazione che egli acquista pian piano agli occhi di alcuni di loro.
Li vuole educare a diventare degli esseri umani, capaci di scegliere cosa fare della propria vita, anche crescere attraverso la tragedia della propria compagna, lei che una decisione l’ha presa, giusta o meno. Afferma che essere uno studente non è un diritto ma un grande privilegio (e torto non gli si può dare), che studiare non vuol dire sapere e che volere non significa potere. Una visione molto differente da quella di un suo collega d’istituto: coi ragazzi basta scherzarci un po’, gli dài i voti ed è fatta. Appare di frequente l’interesse di Zupan per la musica, ha ascoltato Sabina suonare e quel suono registrato si sente spesso nella scuola; in un’occasione egli cita Mozart, che a cinque anni aveva già deciso cosa avrebbe fatto nella vita. Il professore ha avvicinato la letteratura alle loro esperienze attuali (il modo più produttivo per apprezzarla) e mette in evidenza una frase su tutte di Thomas Mann: La morte di un uomo è meno affar suo che di chi gli sopravvive. Un’accorata lettera della migliore amica e compagna di classe di Sabina, letta ai compagni in tedesco, le rimprovera che ormai a lei non manca nessuno, di essersi salvata dal dover mai sentire la mancanza di qualcuno, di aver pensato solo a sé stessa mentre lei la penserà fino alla fine della sua vita.
Nel finale molto simbolico o di grande didattica la classe e Zupan stesso indosseranno una maschera con la faccia di Sabina, mentre il professore si commiata, annuncia loro che non parteciperà alla gita di fine anno e dà loro una specie di sveglia: non siete stati capaci di trovare una soluzione che accontentasse tutti, perché una soluzione non esiste (il giusto/sbagliato, bianco o nero). Sabina ha preso la sua decisione mentre metà di voi non sa prenderne alcuna (anche nelle cose più semplici). Come potreste capire cosa è veramente importante nella vita? Non saprete mai se avete preso la decisione giusta perché non vi siete fidati di voi stessi. Accusate il sistema, ma il sistema è freddo inesorabile matematico, solo chi è deciso a raggiungere la riva la raggiungerà. Vi auguro tutto il meglio per la vostra vita.
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marcellodangelo1979
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martedì 13 gennaio 2015
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decisamente da vedere
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Bel film, è soprendente che si tratti di un'opera prima..
Lui-il regista- è davvero bravo.
Il film è semplice, scorre bene ma ben fatto.
Bravissimo il professore,bella la morale e i collegamenti con Mann.
Uno dei migliori film dell'anno..
Da vedere...secondo me.
Non tutto è bianco o nero..
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luanaa
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venerdì 2 gennaio 2015
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nessuno è innocente
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Comincio col parlare delle riprese...semplicissime...mosse come ha detto qualcuno..ma che presentano a mio avviso una tecnica interessante ovvero quella di far sentire le voci prima dei personaggi come anche quella di mostrare un primo piano di un volto silente o parlante senza inquadrare subito la scena complessiva. Un pregio del film è quello della coralità: tanti personaggi e relative psicologie tutte molto ben delineate.La figura del professore rivela sicuramente dei lati impietosi: il premere eccessivamente su una ragazza estremamente fragile ma anche il trattamento che riserva al ragazzo(e ai suoi di lui genitori)tutto preso dai voti e dai compiti: sicuramente ingenuo viziato ed inconsapevole ma neanche meritevole di forte e sottile disprezzo.
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Comincio col parlare delle riprese...semplicissime...mosse come ha detto qualcuno..ma che presentano a mio avviso una tecnica interessante ovvero quella di far sentire le voci prima dei personaggi come anche quella di mostrare un primo piano di un volto silente o parlante senza inquadrare subito la scena complessiva. Un pregio del film è quello della coralità: tanti personaggi e relative psicologie tutte molto ben delineate.La figura del professore rivela sicuramente dei lati impietosi: il premere eccessivamente su una ragazza estremamente fragile ma anche il trattamento che riserva al ragazzo(e ai suoi di lui genitori)tutto preso dai voti e dai compiti: sicuramente ingenuo viziato ed inconsapevole ma neanche meritevole di forte e sottile disprezzo. Non vale in questo caso il motto di risvegliare le coscienze sopite (nell'attimo fuggente il docente dimostrava molta più vera umanita' nel tentare la stessa cosa).Ma forse questo film sloveno è più realista e aggiungo molto più pessimista come profondamente pessimista è il docente ( non è un caso che venga citato un autore estremamente tragico come Thomas Mann). Il film risulta in ogni caso complesso nella sua interpretazione..( ma forse il regista non aveva molto chiare le idee che voleva trasmettere) ma non in una trama prevedibile almeno ma non solo in quella parte che viene chiaramente espletata nel saggio dell'amica del cuore della ragazza suicida.Comunque coinvolgente con dei tratti emotivamente intensi; con bei passaggi e bei discorsi; una sceneggiatura interessante. A mio parere tutto risulta molto frettoloso ma cmq con notevoli sfumature. Quattro stelle perchè lo merita un film insolito...ben fatto... e sicuramente volenteroso. Luana.
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cinebura
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lunedì 17 novembre 2014
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la mentalità dei ragazzi d' oggi!
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Parto dicendo che questo film non si è aggiunto alla mia lista dei miglior capolavori. Ci sono delle accorgenze che avrebbero migliorato questa opera.
Penso che un film girato interamente dentro quattro mura (a perte il finale) sia un pò troppo monotono. Per esempio come scena di distacco dalla situazione cupa e ricca di tensione, si avrebbe potuto mettere una parte del funerale con una bella canzone di sfondo. Un altro fattore che danneggia lievemente questa pellicola è la ripresa. Vedendolo al cinema ho notato che la telecamera non era ferma ma si muoveva, traballava come se fosse tenuta in mano e non con appositi sostegni (questo può non essere vero, forse è solo un errore di visione).
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Parto dicendo che questo film non si è aggiunto alla mia lista dei miglior capolavori. Ci sono delle accorgenze che avrebbero migliorato questa opera.
Penso che un film girato interamente dentro quattro mura (a perte il finale) sia un pò troppo monotono. Per esempio come scena di distacco dalla situazione cupa e ricca di tensione, si avrebbe potuto mettere una parte del funerale con una bella canzone di sfondo. Un altro fattore che danneggia lievemente questa pellicola è la ripresa. Vedendolo al cinema ho notato che la telecamera non era ferma ma si muoveva, traballava come se fosse tenuta in mano e non con appositi sostegni (questo può non essere vero, forse è solo un errore di visione). Ora non so se questo effetto fosse voluto o meno però a parer mio rovina un pò l'intero film.
Però questo film rappresenta una grande lezione di vita, nel senso che interpreta molto bene la mentalità dei ragazzi d'oggi. Sono convinto che questo film possa insegnare tanto ma si poteva fare di meglio. Aspettatevi di vedere un film pesante ma significativo!
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mario nitti
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lunedì 17 novembre 2014
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un grande film sulla scuola e su chi siamo
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La professoressa di tedesco entra in maternità e nella classe arriva un nuovo insegnante. In una scuola tutta empatia, dove gli studenti sono coccolati ma non molto stimolati, il nuovo docente, poco emotivo e decisamente più esigente della sua collega, viene percepito sgradevolmente come un corpo estraneo. Quando nella classe una ragazza si suicida, proprio il giorno dopo che l’insegnante le ha parlato con fermezza, per i compagni è facile individuare in lui il colpevole e farne il simbolo di una scuola in cui gli studenti sono ignorati nel loro essere persone. Un gruppetto di loro scatena, in un crescendo di atti simbolici, una ribellione e entra in conflitto con l’istituzione.
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La professoressa di tedesco entra in maternità e nella classe arriva un nuovo insegnante. In una scuola tutta empatia, dove gli studenti sono coccolati ma non molto stimolati, il nuovo docente, poco emotivo e decisamente più esigente della sua collega, viene percepito sgradevolmente come un corpo estraneo. Quando nella classe una ragazza si suicida, proprio il giorno dopo che l’insegnante le ha parlato con fermezza, per i compagni è facile individuare in lui il colpevole e farne il simbolo di una scuola in cui gli studenti sono ignorati nel loro essere persone. Un gruppetto di loro scatena, in un crescendo di atti simbolici, una ribellione e entra in conflitto con l’istituzione.
Il film ci porta man mano nella “pancia” della classe, che sembra uno spaccato della società moderna, con studenti pronti a scaricare rabbiosamente la colpa del loro malessere addosso a qualcun altro; con il procedere del conflitto si scopre invece che il bianco e il nero sono meno separati di quello che si vorrebbe per tranquillizzare le coscienze e che pochi si salvano nel momento in cui la loro posizione viene messa impietosamente a fuoco.
Film duro, a tratti quasi spietato, emotivamente molto intenso ma che, evitando le soluzioni facili, è capace di stimolare più di una riflessione.
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barone di firenze
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domenica 9 novembre 2014
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opera prima buona
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Tutti sconosciuti ma bravi il che ci dice che non occorre essere star per saper recitare. Il film tratta la annosa storia della diatriba fra educatori ed educandi. Bravo Igor Somobor e i ragazzi tutti. Due piccoli appunti camera tremolante e l'immagine onirica della suicida che passa fra gli alunni che contrasta con la pragmaticità della pellicola. Film da vedere anche se un pò lento non stanca.
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