I segreti di Osage County

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Un film di John Wells. Con Meryl Streep, Julia Roberts, Ewan McGregor, Chris Cooper, Abigail Breslin.
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Titolo originale August: Osage County. Drammatico, durata 119 min. - USA 2013. - Bim Distribuzione uscita giovedì 30 gennaio 2014. MYMONETRO I segreti di Osage County * * * - - valutazione media: 3,41 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Ritratto di famiglia espansivo, tirato e ipnotico. Valutazione 3 stelle su cinque

di GreatSteven


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domenica 25 giugno 2017

 I SEGRETI DI OSAGE COUNTY (USA, 2013) diretto da JOHN WELLS. Interpretato da MERYL STREEP, JULIA ROBERTS, EWAN MCGREGOR, CHRIS COOPER, ABIGAIL BRESLIN, BENEDICT CUMBERBATCH, JULIETTE LEWIS, MARGO MARTINDALE, JULIANNE NICHOLSON, DELMOT MULRONEY, SAM SHEPARD, MISTY UPHAM
Beverly e Violet Weston sono sposati. Lui è un poeta senza più ispirazione, lei una donna paranoica e aggressiva ammalata di un tumore alla bocca e preda di un’infinità di farmaci. Un giorno Bev sparisce dopo aver assunto Johnna, nativa americana che gli funge da donna delle pulizie, e viene ritrovato cadavere poco tempo dopo in un lago di Osage County, Oklahoma, dove i coniugi hanno la residenza. Viene convocata tutta la famiglia al completo: le tre figlie di Violet (dalla maggiore alla minore: Barbara, Ivy e Karen); la sorella di Violet, Mattie Fae, col marito Charles e il figlio "Little"Charles; Steve, il fidanzato di Karen; Bill, il marito di Barbara, con la di loro figlia Jean. Si scopre che Bev si è suicidato. In un concitato pranzo con l’intero parentado, emergono i lati più inquietanti e deplorevoli della storia della famiglia Weston: Little Charles non è in realtà figlio di Charlie, ma è nato da una relazione clandestina fra Beverly e Mattie Fae, con la silenziosa complicità di Violet; Karen, civettuola e vanitosa, ha deciso di stabilirsi a Miami col suo uomo pomposo e arrogante, che tenta un approccio sessuale con l’ingenua Jean; i contrasti di coppia fra Barb e Bill esplodono per via del modo scelto per educare una figlia troppo ribelle; Mattie Fae si lamenta col consorte del figlio illegittimo che, ai suoi occhi, è un’enorme delusione; e Barb non sopporta che Ivy e Karen l’abbiano lasciata sempre sola nell’accudire una madre divenuta ormai un opprimente peso per tutte le figlie, compresa la maggiore che, da sempre, disapprova i suoi modi di fare. Le rimembranze di violenze e incesti passati riaffiorano con tanta forza che Violet si ritrova di nuovo abbandonata a sé stessa, vedova, senza più nessuno a colmare la sua purchessia volontaria solitudine forzata. La stessa Johnna, esterna al legame di sangue, interverrà più di una volta per mediare i conflitti. Tratto da una pièce teatrale di Tracy Letts, che con essa si portò a casa il premio Pulitzer. La sceneggiatura su cui il film si basa l’ha scritta lui. Il titolo originale del testo teatrale è Agosto, foto di famiglia. In un assolato Midwest dominato da pale eoliche attive, balle di fieno raccolto, macchine che sfrecciano su strade povere di autoveicoli, case di campagna sonnacchiose e vegetazione arborea che sfrigola al vento, ha luogo una saga famigliare di quasi due ore che riassume in questo tempo i vizi e le virtù della struttura umana alla base di tutti i fabbricati umani più complessi e ad essa superiori. Una famiglia sbandata, ritratta con un occhio quasi totalmente critico e negativo, che analizza molto in profondità i motivi di scontro in quella che, a tutti gli effetti, viene a diventare una casta impenetrabile connessa ad uno spietato gioco al massacro, una lotta senza quartiere e senza esclusione di colpi. Tutto si fa, tutto si destabilizza, ogni cosa assume un significato ambiguo, i segreti vengono mantenuti nascosti troppo a lungo e solamente il tempo che trascorre inesorabile porta un seppur lieve palliativo alle sofferenze di queste donne e questi uomini. Impagabili i duetti fra Streep, molto a suo agio nelle vesti della madre farmaco-dipendente, isterica ed egoista, e Roberts, figlia indipendente ed emancipata che combatte per il suo posto nel nucleo famigliare: le esplosioni di rabbia che combinano e dirigono danno l’acqua della vita ad una commedia esilarante che dimostra di saper conoscere perfettamente i tempi comici e, quel ch’è meglio, di dire numerose verità senza spiattellarle, ma utilizzando bensì un registro intermedio, che ciononostante non risparmia la volgarità né il cinismo, va dritto al cuore dei problemi mettendo a nudo debolezze e fragilità come se i personaggi della sua vicenda se ne spogliassero, illudendosi di una libertà fatua. Le lodi principali vanno al reparto femminile, maggioritario di numero (sette contro cinque) e specialmente imperniato alle radici nella sovrastruttura famigliare, con una J. Lewis più antipatica e streghetta che mai e una J. Nicholson sotto le righe ma ugualmente di meravigliosa intensità, senza dimenticare la figlia tossicodipendente di A. Breslin, la grassa, abulica e brontolona zia di M. Martindale e la governante pacata, ma in realtà assai gatta-morta, di M. Upham. Un cast maschile che tiene testa a quello corrispettivo, però, è di tutto pregio e rispetto, e sfodera un bravissimo E. McGregor nel ruolo di un rampollo occhialuto determinato e presente, un B. Cumberbatch che, malgrado la timidezza e l’imbranataggine, crede nei sentimenti autentici e un C. Cooper che gioca a prendersi in giro con leziosità e spavalderia. Quanto a Mulroney e Shepard, il primo è un ottimo giocherellone con la presunzione dell’uomo di mondo fintamente navigato, e il secondo sorprende per la pacatezza con cui dipinge un ex autore di poesie che va incontro alla morte con una serenità da cui non ci si aspetterebbe mai e poi mai il raggiungimento spasmodico e fatidico di una fine. Punto di forza inequivocabile di questa allegra e scoppiettante vicenda è appunto un cast che merita ogni applauso e apprezzamento, ma l’adattamento eseguito dallo stesso drammaturgo non cela la vena di amarezza e pessimismo di fondo che lo rendono un prodotto abbordabile alle interpretazioni letterarie che cercano l’angoscia, l’insicurezza e la tristezza tipiche dell’animo umano le quali, da che mondo è mondo, fanno la differenza nella scrittura dei drammi. Evitarle o mascherarle è un male e porta di sicuro al fallimento. Enfatizzarle, dar loro importanza e incentivarne la rappresentazione costituisce invece una leva su cui adagiare un tuffo nell’importanza che molto difficilmente non andrà a segno. Fra i produttori esecutivi, figura anche George Clooney.          
 

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