All Is Lost - Tutto è perduto

All is lost Tutto è perduto la descrizione ed il luogo della tragedia, senza rimbazi di alcuna presenza.umana, ti muove e ti suscita delle note nascoste Due soli protagonisti, Robert Redford e il Mare. Anche lo spettatore più smaliziato, arrivato a metà film, non può non ammettere che quella del personaggio è una parte oltremodo impegnativa da assumersi e recitare per un attore. Sullo schermo è l’unica presenza umana. Tutto deve far leva sull’espressione del viso,dello sguardo, del modo di muoversi e di porsi e di atteggiarsi sulla scena solitaria. E Redford, devo dire, che è stato veramente all’altezza, ha svolto il ruolo con grande bravura descrittiva ed emotiva del protagonista Di là della forza cupa della vicenda drammatica, quello che ti avvolge in crescendo è il climax angosciante della descrizione ed il luogo della tragedia, senza ‘rimbalzi’ di nessuna altra presenza umana, solo lui, Redford, il personaggio che già di per sé è una persona dal carattere chiuso e solitario (il suo andar solitario per i mari). Il vuoto della solitudine nell’immensità dell’oceano, muto ed indifferente, che si solleva di là dalla trama per insinuarsi nella tua persona, che, ad un certo punto di saturazione, improvviso ti scava dentro emotivamente e ti muove e ti suscita delle note nascoste, cose nascoste sul ‘fondo’, ti fa affiorare e concatenare pensieri, nostalgie, suggestioni, di cose fatte, di cose oramai non più possibili. Meravigliosamente complice il tema musicale di fondo (quando si leva nel silenzio della pellicola) che si fonde, si ‘commistiona’ in un unico armonico con il film e fa da cassa di risonanza al vagare dei pensieri dello spettatore. La colonna sonora è di Alexander Erbert (‘nominato’ per il Golden Globe). Mi ricorda quella meravigliosa di Vangelis per ‘Blade Runner’ (chi se ne ricorda, capisce cosa intendo). Film metafora ? L'oceano, il coraggio, il non darsi per vinti nel ‘mare della vita’ ? Direi di vedere il film in modo semplice e lineare, per quello che racconta. Al giorno d’oggi siamo fin troppo pieni di metafore, allegorie, doppi sensi, referenzialità dei contenuti, altrimenti di per sé ‘muti’. (paolo patrone)