angelo umana
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mercoledì 28 maggio 2014
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l'identità ritrovata
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“Tutti i rumori del mare” è un testo letterario più che un film, sebbene questo rappresenta bene la vicenda che descrive, un traffico di ragazze ungheresi sole da far prostituire in occidente. La rappresenta bene perché le immagini trasmettono l’atmosfera giusta del giallo, dell’ambiente criminale, oltreché dei paesaggi grigi e innevati, con un’apertura sul mare italiano solo alla fine. E’ tratto ("liberamente") dal libro scritto dallo stesso regista Federico Brugia con Anna Giordano, “La lingua del cane”.
Il testo è quello riportato dal racconto di sé del protagonista, un assorto e silenzioso Sebastiano Filocamo, grande interpretazione davvero: affidabilissimo e riservato, lui è il maturo personaggio X che s’incarica dei trasferimenti, vive da solo in un albergo abbandonato di Budapest, fuma moltissimo ed ha una moglie e una figlia da qualche parte in Italia, presenze cancellate ma che a istantanee vengono fuori nei ricordi.
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“Tutti i rumori del mare” è un testo letterario più che un film, sebbene questo rappresenta bene la vicenda che descrive, un traffico di ragazze ungheresi sole da far prostituire in occidente. La rappresenta bene perché le immagini trasmettono l’atmosfera giusta del giallo, dell’ambiente criminale, oltreché dei paesaggi grigi e innevati, con un’apertura sul mare italiano solo alla fine. E’ tratto ("liberamente") dal libro scritto dallo stesso regista Federico Brugia con Anna Giordano, “La lingua del cane”.
Il testo è quello riportato dal racconto di sé del protagonista, un assorto e silenzioso Sebastiano Filocamo, grande interpretazione davvero: affidabilissimo e riservato, lui è il maturo personaggio X che s’incarica dei trasferimenti, vive da solo in un albergo abbandonato di Budapest, fuma moltissimo ed ha una moglie e una figlia da qualche parte in Italia, presenze cancellate ma che a istantanee vengono fuori nei ricordi. I suoi passatempi sono un game-boy e tenere in vita sul web le diverse identità che si attribuisce. Metodico si prepara i pasti da solo, stira le sue camicie e si sveglia sempre un minuto prima della sveglia, alle 6:59 (non si può non ripensare all’agente HGW XX/7 di “Le vite degli altri” o al John May di “Still Life” o a “Salvo” di Fabio Grassadonia e Antonio Grasso) .
Questa volta è una ragazza meno che ventenne a essere portata all’estero, Nora, che però – si scopre nel viaggio - non è del tutto sola, un fratello la sta cercando. Fuggì di casa piccolissima, per un incendio ove perse la famiglia (la scena si macchia a volte d’inchiostro liquido nero a rievocarle quei momenti), vagò da sola finché un orfanotrofio non la raccolse e ospitò. Ha riacquistato l’uso della parola solo a 17 anni e reca nella sua borsetta la metà di un foglio strappato dove da bambina aveva disegnato l’incendio della casa.
Vale la pena riportare le parole del protagonista che in vari tratti si racconta, è nella sua vita che qualcosa accade più che nel giallo del film. “Forse non esisto, sono un fantasma, un’entità. Non è stata una fuga, parlerei di una scelta, ponderata, a un certo punto della vita, così sono sparito, ho deciso di non esistere ufficialmente, la polizia, il fisco, la previdenza sociale e l’anagrafe … Sfuggo a qualsiasi tipo d’identificazione, di questa totale assenza d’identità beneficiano i miei datori di lavoro. Loro esportano, io trasporto, cose o persone per me fa lo stesso. La mia responsabilità si limita a ciò di cui mi occupo direttamente. So come fare. Non voglio altre responsabilità, per questo ho scelto di nascere e morire quante volte serve, esserci, non esistere. Vivo altre vite, non una mia. Ho scelto di non provare più nulla ma non posso fare a meno di avvertire quando gli altri soffrono”.
L’unica persona più simile a un amico di questo signor X è Thomas, giovane appartenente alla banda esportatrice, ha studiato all’estero, avrebbe potuto fare molte altre cose ed invece è un trafficante di ragazze, si droga ed è perso per un’amica dall’aria assente che non gli concede neppure un po’ d’amore, oltre al sesso occasionale. A proposito di lui X dice: “Sento quanto è avvilito per dove lo ha portato la sua vita, da qualche parte deve fargli male. Non funzionerà con la sua amica, niente riempie quello che manca, niente ti restituisce quello che hai perso. Non sono mai riuscito a capire come sia possibile essere così disponibili a farsi travolgere dalla vita, dalle emozioni, Thomas non riesce a farne a meno. Io ho fatto di tutto per evitarle, emozioni, sentimenti, non si possono controllare. E’ un rischio che non posso permettermi”.
“La ragazza sembra guardare tutto come fosse la prima volta, ha fame di vita, Nora. Anche tu stai fuggendo, da che cosa?, chissà cosa avresti pensato di trovare alla fine di questo viaggio. Forse non ho vissuto una vita vera ma sono sempre stato capace di inventarmene una finta. Eppure ogni tanto qualcosa ritorna, sono immagini apparentemente slegate, poi sono volti. Un fiume d’immagini diventa un mare di ricordi, ma basta aspettare un attimo e poi sparisce. Io penso il meno possibile. Quando perdi l’identità perdi anche i ricordi. Tutto quello che è stato diventa solo una sequenza di fotografie, sbiadite, distinguibili nell’abisso della neutralità, se sopravvive qualche immagine è quella che più delle altre avresti voluto rimuovere. Spesso sono solo delle vaghe sensazioni. Tutte le camere d’albergo, letti sfatti abbandonati la mattina, mai più ritrovati. Improvvisamente qualcosa ritorna, un fiume d’immagini un mare di ricordi, sempre più precisi ricompongono la logica, e io dove sto andando?, ho creduto d’aver chiuso tutti i conti col passato, per sempre, invece tutto sta tornando, persone luoghi rumori emozioni, le emozioni non si possono controllare”.
X ha fatto un percorso mentale: è stata la vicinanza di questa ragazza smarrita e che dovrebbe essere consegnata alla strada a fare che “tutto stia tornando”, il ricordo del volto di sua figlia e di sua moglie che rivediamo nelle fotografie mentali di X. Cercherà di ricontattarle ma l’ultima inquadratura è nella spiaggia di fronte al mare del suo passato, che si chiude con la canzone dolce e malinconica “Grovigli” di Malika Ayane.
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zikutomo
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mercoledì 19 marzo 2014
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il lato umano del crimine
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Due stelle, una stella, due stelle e mezzo... ancora una volta mi devo confrontare con il portale MyMoviesOnline per un film poco commentato e criticato negativamente.
"Tutti i rumori del mare" sembra, a tutti gli effetti, un film francese. La malinconia intima permea tutto il paesaggio naturale e spirituale dei personaggi. La fotografia (costantemente grigia) e il montaggio (magistralmente diluito attraverso l'uso di rapide immagini oniriche fugaci e, talvolta, temporalmente legate tra loro) rendono al meglio la situazione del protagonista. Il film sembra essere un racconto soggettivo di più personaggi, ognuno chiuso nella propria glaciale solitudine (sottolineata dalle flebili colonne sonore).
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Due stelle, una stella, due stelle e mezzo... ancora una volta mi devo confrontare con il portale MyMoviesOnline per un film poco commentato e criticato negativamente.
"Tutti i rumori del mare" sembra, a tutti gli effetti, un film francese. La malinconia intima permea tutto il paesaggio naturale e spirituale dei personaggi. La fotografia (costantemente grigia) e il montaggio (magistralmente diluito attraverso l'uso di rapide immagini oniriche fugaci e, talvolta, temporalmente legate tra loro) rendono al meglio la situazione del protagonista. Il film sembra essere un racconto soggettivo di più personaggi, ognuno chiuso nella propria glaciale solitudine (sottolineata dalle flebili colonne sonore). Volontà decisamente difficile da riprodurre per un regista. L'uso della voce narrante fa scivolare il genere Thriller verso il meno contemporaneo Noir e, al contempo, sottolinea la volontà di un racconto internamente soggettivo.
Perché "il lato umano del crimine" allora? Ogni personaggio manifesta i profondi, prettamente umani, disagi nei confronti delle proprie scelte. In primo luogo il protagonista: colui che ha abbandonato le sicurezze e gli affetti di una famiglia (una figlia che si confonde con un perduto amore dell'adoloscenza, alla luce dei ricordi) per una vita raminga all'ombra della sicurezza di alcuni rituali (lo svegliarsi appena prima delle 7:00 e i bicchieri d'acqua). Thomas, che ha fatto delle scelte (errate, forse) della propria gioventù la propria ragione di vita, legato emotivamente a chi lo rifiuta. Nora, succube e muta vittima innocente di un mondo che la ingloba e sembra non lasciarle alcuna scelta se non una reazione dettata dal panico. Tutti gli altri personaggi, di contorno, non fanno altro che sottolineare la loro condizione inadeguata rispetto ad una vita che sembrano non essersi realmente scelta, tutti vittima di eventi più grandi di loro, eventi che li hanno trascinati nel vortice della criminalità (più o meno) organizzata.
In conclusione, una citazione interna (sintetizzata): "Di tutti i ricordi che vorresti seppellire, sopravvivono proprio quelli che vorresti realmente dimenticare".
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renato volpone
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mercoledì 29 agosto 2012
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si colora di nero
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Federico Brugia ci offre un film in perfetto stile "Commissario Derrick", ma che si tinge di noir, di gotico e gioca in un mondo di "miserabili". Personaggi loschi si occupano di un traffico di "umani". Il narratore è il trasportatore: un uomo che ha cancellato le tracce della sua vita precedente e ora si ritrovare a cambiare identità ogni volta che lo vuole, senza sentimento, senza emozioni. Emozioni che a volte affiorano e lo aggrediscono, ma non aggrediscono mai lo spettatore. Neanche la ragazza orfana, oggetto del traffico e che non può essere venduta perchè all'improvviso compare un fratello che la cerca, riesce ad emozionare.
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Federico Brugia ci offre un film in perfetto stile "Commissario Derrick", ma che si tinge di noir, di gotico e gioca in un mondo di "miserabili". Personaggi loschi si occupano di un traffico di "umani". Il narratore è il trasportatore: un uomo che ha cancellato le tracce della sua vita precedente e ora si ritrovare a cambiare identità ogni volta che lo vuole, senza sentimento, senza emozioni. Emozioni che a volte affiorano e lo aggrediscono, ma non aggrediscono mai lo spettatore. Neanche la ragazza orfana, oggetto del traffico e che non può essere venduta perchè all'improvviso compare un fratello che la cerca, riesce ad emozionare. Il film, lentissimo, ogni tanto si colora di nero, nel vero senso della parola, e questo forse è l'unico spunto interessante di tutta la proiezione. I personaggi hanno delle storie da raccontare, ma la sceneggiatura le accenna solamente e lascia lo spettatore smarrito ad aspettare che accada qualcosa.... Le riprese sono troppo ravvicinate...solo alcuni scorci di paesaggio lasciano sorpresi in questo deserto di idee. L'idea c'era, ma è sfumata.
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riccardo tavani
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domenica 26 agosto 2012
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la foschia di un'esistenza e di un film
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La vicenda è una esplicita ripresa della situazione rappresentata in “Le conseguenze dell'amore” di Paolo Sorrentino, interpretato da Toni Servillo. Qui, però, e tutto più radicalizzato, “esasperato”. A partire dalla solitudine esistenziale del protagonista e del suo alloggio sì in un albergo come nel film di Sorrentino, ma disabitato, mai finito di costruire e in via di sfacelo. Un albergo fantasma con un ospite fantasma che si chiama soltanto “X”. La camorra nostrana è sostituita da quella magiara, le lingue parlate dai personaggi non il napoletano ma l'inglese e l'ungherese.
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La vicenda è una esplicita ripresa della situazione rappresentata in “Le conseguenze dell'amore” di Paolo Sorrentino, interpretato da Toni Servillo. Qui, però, e tutto più radicalizzato, “esasperato”. A partire dalla solitudine esistenziale del protagonista e del suo alloggio sì in un albergo come nel film di Sorrentino, ma disabitato, mai finito di costruire e in via di sfacelo. Un albergo fantasma con un ospite fantasma che si chiama soltanto “X”. La camorra nostrana è sostituita da quella magiara, le lingue parlate dai personaggi non il napoletano ma l'inglese e l'ungherese. Il traffico non è quello della valuta ma degli esseri umani. La radicalizzazione pare, però, una variante debole sul tema, in chiave più calligrafica che veramente stilistica e formale. “X” riceve l'ordine dall'organizzazione magiara che gli commissiona da anni i “lavori” di prelevare una persona in Ungheria e di portarla clandestinamente in Italia. Lui esegue tutto perfettamente, nitidamente, senza mai la minima sbavatura di errore. Per questo si fidano di lui, lo rispettano e lo compensano lautamente. Sono per lo più giovani ragazze da avviare presumibilmente alla prostituzione, senza radici familiari o legami che possano un domani far scattare una ricerca dell'Interpol sulla loro scomparsa. Ragazze, come nel caso qui messo in scena, prelevate anche dall'orfanotrofio, senza più alcun retroterra alle spalle e persino nella memoria. La vicenda questa volta, però, si aggroviglia subito e la situazione si complica maledettamente. L'azione sia del il ministro di polizia magiaro che quella di una banda rivale convergono per far saltare il solito perfetto trasporto di “X” e sollevare un polverone. Ora “X” deve abbandonare per strada, di notte la sua merce, ma per una serie di circostanze e di impercettibili tentennamenti non ci riesce. Da qui le “conseguenze”... ma possiamo dire dell'amore? Non sembrerebbe proprio. Il personaggio interpretato da Toni Servillo nel film di Sorrentino mette la sua vita coscientemente, sul piatto dello spietato gioco camorristico, come conseguenza ineluttabile di una scelta, di un tirare amaramente le somme esistenziali, che si esprime anche come una sfida ai suoi padroni malavitosi. Il film di Sorrentino ha davvero una più profonda e tragica eco che riverbera in tutti i gangli del presente. “X”, invece, si trova incastrato dentro un meccanismo non voluto da lui, dal quale si adopera anche per uscire nel migliore dei modi. Servillo non scappa, “irrompe” con la sua maschera mortale nel covo prima amico che diventa il peggior nemico, creando una situazione freudianamente “perturbante”. Nel film di Brugia tutti questa tessitura di riferimenti e invisibili evocazioni manca, e d'altronde non si può prendere un modello precedente senza esserne all'altezza in un inevitabile confronto. C'è da dire, però, che la regia sa rendere, con tratto discreto ma incisivo, certe atmosfere di sospensione e rarefazione però, lo abbiamo detto, prevalentemente, anche se non sempre, in una chiave calligrafica, con una cura dei dettagli e dei primi piani da film pubblicitario. La leggera foschia che pervade tutta l'ambientazione stradale della pellicola è anche la nebbia della sua cifra stilistica, la quale, purtroppo, toglie delle possibilità di espressione in più che poteva avere la pur ottima interpretazione di Sebastiano Filocamo nei panni di “X”.
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