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I dittatori e il cinema

Il dittatore in uscita nelle sale evoca un vero e proprio genere.
di Pino Farinotti

Sacha Baron Cohen nei panni de Il dittatore.
Sacha Baron Cohen (52 anni) 13 ottobre 1971, Londra (Gran Bretagna) - Bilancia. Interpreta Il dittatore nel film di Larry Charles Il dittatore.

martedì 12 giugno 2012 - Approfondimenti

È indispensabile dare un'identità al termine "dittatore". Non tutte le correnti di giudizio collimano: un nome clamorosamente esemplare, Stalin. La tendenza prevalente è quella di considerarlo un dittatore, magari dei peggiori, ma una frangia di pensiero, seppure esigua e sorpassata, continua a ritenerlo un leader eroe, che ha cambiato il mondo. Definiamo dittatori quei capi non liberamente eletti, o di discendenza non reale. Un altro nome esemplare Riccardo III che fu re di Inghilterra dal 1403 al 1405, ultimo del casato York. Era corrotto e assassino, peggiore di tanti dittatori, come ha ben raccontato Shakespeare, ma era un re, legittimo.
Nella Storia i dittatori sono centinaia, il cinema ne ha visitati molti.

Col suo film Il dittatore, in distribuzione in questi giorni, il regista Larry Charles, con Sacha Baron Cohen propone la figura comica di Aladeen, dittatore di un immaginario Wadiya, stato africano. Un dittatore reale è spesso grottesco di suo. Trattasi di un leader che si trova a gestire un potere al quale non è preparato, e perde tutte le misure. L'Aladeen di Charles esaspera questa figura, tocca gente malamente grottesca come Saddam e Gheddafi, così come è nelle possibilità, e nelle licenze del cinema. Un dittatore è dunque una vera manna per il cinema, che naturalmente non si è lasciato sfuggire l'occasione. E le occasioni, come detto, sono molte, moltissime. Ci sono dittatori che presentano filmografie infinite. Napoleone, per esempio, o Hitler, Mussolini, Castro, e altri. Ne uscirebbero dei veri e propri saggi di cinema, per ciascun personaggio. In questa sede partiamo dai film per arrivare alle vite, e dai modelli per arrivare ai personaggi. Ci sono attori che hanno avuto quel destino. Un Richard Burton per esempio, che ha dato corpo e volto ad Alessandro, Antonio e… Tito. Bè, un grande attore sa fare personaggi e dittatori molto diversi. Dunque si procede non per saggi ma per "schede". Un promemoria veloce. Tanti titoli e nomi. Un titolo potrebbe essere "dittatori per divismo".

Primo
Il primo nome è richiamato dallo stesso titolo, Il dittatore. E non può che essere Charles Chaplin. Quando Hitler, all'inizio della carriera assunse quell'immagine coi famosi baffetti commise un errore letale, perché erano gli stessi adottati da Charlot molti anni prima. E Charlot era più popolare di Hitler. E quando nel 1940 Chaplin fece il "Dittatore", l'America non era neppure in guerra. Ma Chaplin non era uno qualunque, aveva talento e coraggio superiori. Nel film letteralmente distrusse, agli occhi del mondo libero, l'immagine di Hitler. Ma non si fermò al Führer, già che c'era creò anche Bonito Napoloni (Jack Oakie), semplicemente Mussolini. Rese il nazismo e il fascismo tragicamente comici. Fu un'arma di propaganda, e anche di guerra, davvero efficace, al fianco degli Alleati che avrebbero sconfitto i due totalitarismi.

Il Duce è stato, naturalmente, un soggetto stimolante. Per la fiction prevale Rod Steiger, davvero credibile in Mussolini ultimo atto di Lizzani. Anche Mario Adorf è un dittatore corretto ne Il delitto Matteotti, con Franco Nero. Zeffirelli ha portato la sua testimonianza nel suo Tè con Mussolini, dove Claudio Spadaro era un duce persino troppo grottesco.
Il Napoloni-Mussolini di Chaplin, per analogia richiama un dittatore davvero importante, forse "il" dittatore. Napoleone ha avuto centinaia di citazioni, e ispirazioni. In gioco grandi nomi davvero, attori e registi. I puristi privilegiano ancora il Napoleon di Abel Gance, ma è un titolo davvero troppo lontano, del '27, c'era ancora il muto. E poi i divi, appunto. Abbiamo il Napoleone amoroso di Charles Boyer di Maria Walewska, e quello di Marlon Brando, a sua volta amoroso, di Désirée. E poi il generale sconfitto a Waterloo nell'omonimo film, cui dava corpo e volto Rod Steiger. E perché ignorare il nipote di Bonaparte, Napoleone III, a sua volta imperatore dei francesi, seppure con… minori qualità dello zio. Il "nipote" appare in almeno due titoli importanti, in Suez, dove si oppone al progetto di Ferdinand di Lesseps (Tyrone Power) di costruire il famoso canale. Crediamo tutti che il Napoleone vero avrebbe certo incoraggiato l'immane scavo. La bellissima Jeanette McDonalds canta alla corte di Napoleone III, che apprezza molto, nel film Primavera, accompagnata da John Barrymore.

Antica
E poi la Roma antica. L'eroe è Cesare. Prevalgono due attori, Rex Harrison di Cleopatra, che conquista l'Egitto e la sua regina, Liz Taylor. Cesare vittorioso dunque, e poi il dittatore assassinato dal complotto organizzato dal figliastro Bruto. L'attore era Louis Calhern, il film Giulio Cesare di Mankiewicz. Stewart Granger è ancora l'imperatore in Cesare e Cleopatra, la regina conquistata non ha nulla di meno di Liz, trattasi di Vivien Leigh. Tiberio lo troviamo in Ben Hur e ne La Tunica. Quest'ultimo film è un vero contenitore di imperatori: c'è Caligola, nella suggestiva performance dell'ambiguo Jay Robinson. Ucciso dai suoi stessi pretoriani a Caligola succede Claudio, marito tradito della bella Messalina (Susan Hayward). Ma il divo eroe imperatore è Peter Ustinov che fa Nerone in Quo Vadis? Il dittatore pazzo che canta accompagnandosi con la lira davanti a Roma che brucia fa parte del più alto spettacolo del cinema. Un richiamo recente della Roma antica è Il gladiatore di Ridley Scott, gli imperatori sono l'ottimo Marco Aurelio (Richard Harris) e il pessimo Commodo (Joaquin Phoenix).

Ci sono figure interessanti di dittatori in Messico, magari acquisiti, privilegiati dal cinema. Una di queste è Massimiliano d'Austria che, sostenuto da Napoleone III, divenne imperatore del Messico nel 1864. Regno breve e sfortunato. I messicani, quelli legittimi, lo fucilarono tre anni dopo. Nel film Vera Cruz Massimiliano (George MacReady) assolda Gary Cooper e Burt Lancaster per scortare l'oro che servirà a finanziare l'esercito mercenario. Da quelle parti, circa quattro secoli prima, agiva il leggendario Hernán Cortés, il "conquistador", il condottiero spagnolo che sottrasse il Messico all'ingenuo re Montezuma e governò preoccupato soprattutto di appropriarsi delle ricchezze degli Aztechi. Un modello suggestivo e pieno di fascino lo consegna al cinema il regista Henry King col suo Capitano di Castiglia. Alle dipendenze di Cortés (Cesar Romero), c'è Tyrone Power, nientemeno.
Figure mitologiche di mondi lontani, rilevate dal cinema, sono Attila e Gengis Khan. Il primo (V° secolo) unì i popoli barbari dell'Eurasia e terrorizzò l'impero romano, il secondo (XII° XIII° secolo) unì i mongoli e di fatto conquistò quasi tutta l'Asia. Attila è Anthony Quinn nel film di Francisci, John Wayne è Gengis Khan nel Conquistatore, di Dick Powell.

Logica
Se la Storia avesse una logica, se fosse maestra come si dice, il Novecento, secolo della modernità e delle evoluzioni, e delle emancipazioni e delle conquiste sociali, di un miglioramento generale dell'essere umano, dovrebbe essere povero di dittatori, ma non è così, è il contrario. Del Führer e del Duce è stato detto. Stalin è uno degli uomini più filmati di tutti i tempi, documento, propaganda naturalmente. E certo anche molta fiction, anche italiana. Ma il film che forse va privilegiato è Stalin, del 1992 di Ivan Passer con Robert Duvall. La vicenda del dittatore è raccontata dalla figlia Svetlana, che cerca di essere imparziale, per quanto le sia possibile.
Nel film La lunga ombra gialla lo scienziato premio Nobel Gregory Peck, ospite in Cina, dopo aver discusso di ideologie con Mao Tse-tung lo batte a ping pong. Certo è riduttiva la citazione riferita a un personaggio che ha fatto la storia del Novecento come Mao, ma il cinema ha regole sue, spesso improprie.
Franco, il dittatore spagnolo e certo personaggio importante del suo secolo, non è particolarmente cinematografico, niente di ricordabile. Lo stesso discorso può valere per Nicolae Ceausescu.
Richard Burton è Tito nel film La quinta offensiva, di Stipe Delic. Dopo trent'anni la Jugoslavia celebrava l'offensiva dell'esercito popolare, che riusciva a spezzare l'accerchiamento tedesco. Il comandante era il futuro leader. Visto come un eroe, completo.
Castro è filmato in chiavi opposte, naturalmente. Amato oppure odiato secondo gli schieramenti. Ma più amato che odiato. E fa testo qualcuno che non dovrebbe provare grande trasporto per il "lider maximo" cubano. Parlo di Oliver Stone, americano.
Col suo Comandante descriveva Castro come un politico furbo e geniale, certo lontano dal modello della cultura americana che vede il "lider" come un principe del male. Nel suo Dittatore dello stato libero di Bananas Woody Allen è meno generoso di Stone: sfotte il comunista secondo il suo, riconosciuto, stile.

Antico
Concluderei col primo, il più antico, il più nobile dittatore. Andando dunque a ritroso nel tempo, un paio di secoli prima di Cesare, in Macedonia nasceva uno degli uomini più illuminati della Storia. Condottiero, fondatore di città, amante dell'arte, amministratore, intelligenza assoluta, capace di immaginare una sorta di mondo unito (da lui). Arrivò in India. Eroe e morto giovane, come è corretto che muoiano gli eroi. Alessandro. Nel 1956 Richard Burton fece un eroe con passione ed efficacia, il titolo era Alessandro il grande, il regista Robert Rossen. Naturalmente nella memoria popolare si fa spazio l'Alexander di Oliver Stone, con Colin Farrell nella parte del semidio.

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