Accordi e disaccordi in Rock of Ages. Dal 20 giugno al cinema.
di Roy Menarini
Il rimprovero che la maggior parte della critica indirizza verso Rock of Ages – come si può leggere sul sito di Rotten Tomatoes, che raccoglie le reazioni della stampa e del web statunitensi – ha a che fare con il difficile equilibrio tra eccesso e normalità, sfregio e leziosaggine, grottesco e romanticismo. Sempre indeciso su dove pigiare il piede dell’acceleratore, Adam Shankman non ha saputo trovare il filtro che aveva permesso a Mamma Mia di sfondare presso il grande pubblico, compreso quello che degli Abba conosceva giusto qualche cover da discoteca.
Detto questo, bisogna però andare oltre. Il vero equivoco è lo scarso peso che i registi danno alla cultura musicale. Persino in un musical, per paradosso. Saper filmare la musica è l’ossessione di tanti autori abituati a riflettere sulla messa in scena, sia che ci si trovi di fronte a una commedia musicale, come in questo caso, sia che ci si trovi di fronte a un concerto. In buona sostanza: non puoi filmare l’hard rock come si filmano gli Abba. Pur ignorando l’impietosa superficialità dei numeri musicali e di ballo presenti nel film, comunque il repertorio è diverso, il pubblico è differente, le sensibilità non sono – nel caso presente – né camp, né pop. Quello degli anni Ottanta è un rock duro addolcito e ammantato di sonorità radiofoniche, un rock in pieno riflusso e privo di reale interesse musicologico, nato e cresciuto come antidoto al punk, e importante solo perché ha accompagnato con una certa qual rozza sincerità l’adolescenza di una generazione (compreso chi scrive).
Non è un caso che Europe, Extreme, Poison, Foreigner, Lita Ford, e altri gruppi omaggiati dal film siano stati spazzati via dalla storia, persino quella del genere, e che ben pochi gruppi vengano tuttora considerati degni di rispetto, come i Twisted Sister (di più) o Def Leppard (di meno). Tutto ciò non fa parte della grande riconfigurazione sessuale operata dal glam nel decennio precedente (e su questo Velvet Goldmine ha detto tutto quel che c’era da dire), né una figura come lo Stacee Staxx del pur bravo Tom Cruise ha realmente a che fare con quella cultura. La tendenziosità con cui Rock of Ages confonde le acque del rock e del metal melodico anni Ottanta, mescolandole a gruppi anni Settanta e ad altre influenze hard&heavy (come se ogni cosa derivasse da ogni altra) appare come il primo, vero tradimento verso il genere musicale di riferimento, e dunque verso il pubblico. Chi ha vissuto quella stagione sentirà puzza di falso lontano mille miglia, gli altri si chiederanno se valeva la pena amplificare un omaggio teatrale cui bastava serenamente la piazza di Broadway. Meglio allora ricordarsi del bellissimo dialogo tra Mickey Rourke e Marisa Tomei in The Wrestler, quando davanti al bancone di un bar si scoprono entrambi appassionati di quel rock pomposo e stradaiolo; o di Mark Wahlberg in The Fighter, mentre entra sul ring al suono di Here I Go Again dei Whitesnake.