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[Rec], zombie e possessione demoniaca

Il terzo capitolo amplia la contaminazione tra i filoni esorcistico e zombesco.
di Rudy Salvagnini

In foto Leticia Dolera in una scena del film Rec 3 - La genesi di Paco Plaza.
Leticia Dolera (42 anni) 23 ottobre 1981, Barcellona (Spagna) - Scorpione. Interpreta Clara nel film di Paco Plaza Rec 3 - La Genesi.

sabato 19 gennaio 2013 - Approfondimenti

Una delle tendenze distintive delle più recenti franchise orrorifiche è quella di cercare di costituire - puntata dopo puntata - un corpus narrativo coerente e interconnesso, in modo magari labile ma significativo, diversamente da quanto avveniva con le analoghe serie dei decenni finali del secolo scorso. Ricordate quegli episodi di Halloween, Venerdì 13 o Nightmare che, salvo qualche piccola foglia di fico di continuity, erano sostanzialmente delle continue repliche di se stessi? Le saghe di Saw e Paranormal Activity, invece, pur perpetuando potenzial-mente all'infinito lo schema del loro primo episodio, compiono, film dopo film, dei passi a-vanti nella narrazione complessiva con la particolarità di rivisitare sotto altra angolazione anche quanto è già successo.

La saga di [Rec], giunta adesso al fatidico e cruciale (per ogni serie) terzo episodio, [Rec] 3 - La genesi, percorre la medesima strada, condividendo con Paranormal Activity anche l'appartenenza al redditizio filone dei film horror "reali", basati sul cosiddetto found footage, rappresentato da filmati della più varia prove-nienza (riprese amatoriali o da telecamere di sorveglianza o da qualsiasi altra cosa della stessa tipologia) accomunati dall'essere di provenienza non "artefatta". Questo è un punto interessante perché aggiunge all'iterazione del nucleo narrativo anche quello della sua visualizzazione, dovuta a un format fortemente limitativo e connotato: immagini traballanti (oppure, al contrario, estrema fissità dell'inquadratura), nessun funzionale e armonioso movimento di macchina, imitazione dell'inadeguatezza delle riprese amatoriali o del mezzo di ripresa, lungaggini dovute alla conseguente mancanza di montaggio, introduzione mas-siccia di scene superflue che dovrebbero aumentare, proprio con la loro inutilità, il tasso di "veridicità" della vicenda e così via.

Ma lo stile è anche sostanza e qualifica, nel bene e nel male, quello che viene raccontato. La storia del primo [Rec] in sé è infatti abbastanza banale: una strana infezione si manifesta in un condominio cittadino. Se ne accorge una squadra di pompieri che, chiamata per una banale "emergenza", si trova invece di fronte a una sempre più popolosa torma di Zombie. Il condominio è messo in quarantena e i sopravvissuti - sempre meno - cercano in qualche modo di cavarsela. Niente di particolarmente nuovo, quindi, ma la scelta di raccontare tutto attraverso la telecamera di una ridotta troupe telegiornalistica che avrebbe dovuto seguire la normale giornata di quella squadra di vigili del fuoco aggiunge una forte carica emotiva e dà vivacità e suspense allo svolgersi concitato degli avvenimenti. Con, in più, un paio di accorgimenti non banali. Il primo è che la camera è pur sempre manovrata da un professionista (un cameraman televisivo) per cui, anche all'interno della finzione del racconto, è ragionevole che le riprese siano di buona qualità. Il secondo, corollario del primo, è che la professionalità della troupe garantisce comunque una sorta di "regia" e quindi l'uso di un'adeguata sintassi cinematografica, consentendo anche un'unitarietà di visione e sfruttando così al meglio i pregi di novità di un format allora anco-ra poco usato (ma che, in sé, risale addirittura ai tempi del Cannibal Holocaust di Deodato ed è stato glorificato commercialmente, ormai non pochi anni fa, da The Blair Witch Project - Il mistero della strega di Blair).

Il secondo episodio, [Rec] 2, parte da dove finisce il primo, senza soluzione di continuità, proprio come faceva, nel 1981, Halloween II. Ma mentre Halloween II era una sorta di sequel-remake, come poi se ne sono visti a biz-zeffe, [Rec] 2 tenta di pennellare un quadro diverso tracciando i prodromi di una spiegazione complessiva del fenomeno zombesco che, presumibilmente, troverà - incassi permettendo - compimento nel futuro (e finale?) quarto capitolo. Si approfondiscono così gli elementi di contaminazione con il filone esorcistico accennati nel capostipite e il contagio viene fatto derivare da una sorta di possessione demoniaca. La modalità narrativa resta però la stessa, quella del reality horror, ma viene in parte persa l'unità stilistica per l'assemblaggio di più fonti visive, ugualmente "reali", ma meno professionali. L'accento sull'elemento religioso-esorcistico può destare perplessità nell'appassionato di film di Zombie - abituato a spiegazioni di carattere scientifico o a non-spiegazioni - ma la nemesi biblica era un'ipotesi che lo stesso Romero (il padre di tutti gli Zombie moderni) aveva paventato (ricordate la famosa frase in Zombi? "Quando non ci sarà più posto all'inferno, i morti cammineranno sulla terra"), sviluppandola poi anche con una certa compiutezza in uno dei copioni non realizzati della sua saga sui morti viventi.

Però è il format stesso a mostrare la corda. Il proliferare del suo utilizzo e i limiti visuali in-trinseci che impone hanno da un lato annullato la sua carica di novità e dall'altro reso sempre più difficile sviluppare compiutamente delle storie: ormai non se ne può più di im-magini buie, sconnesse, traballanti, con improvvise apparizioni di mostri accompagnate da urla per svegliare i più annoiati. Forse se n'è reso conto anche lo staff creativo della serie, che in [Rec] 3 abbandona abbastanza rapidamente (dopo circa venti minuti di film) le immagini "dalla realtà" per tornare a una narrazione tradizionale. È il protagonista maschile del film a rompere la videocamera professionale del "regista di matrimoni" all'urlo simbolico di "Basta riprendere!". Sembra l'urlo dello spettatore che vuole tornare ad avere immagini di qualità o, più probabilmente, del regista che vuole tornare a essere il dominus della situazione visiva senza dover fingere che il tutto sia stato realizzato da un videoama-tore della domenica. Una rottura al contrario della cosiddetta quarta parete, quella che se-para lo spettatore dalla finzione. In questo caso, lo spettatore viene fatto fuggire dalla finta realtà, assiste alla ricostruzione della quarta parete e torna alla finzione. La stessa cosa, curiosamente, è stata fatta in Quarantena 2, il seguito del remake americano di [Rec] (che non utilizza il found footage nemmeno nei primi venti minuti). Ed è anche curioso osservare che se il primo Quarantena è la copia carbone di [Rec], Quarantena 2 si discosta totalmente da [Rec] 2, non solo per il modo in cui è raccontato, ma anche e soprattutto per la storia che racconta, del tutto diversa (un'esplosione di Zombite in un aereo di linea). È da considerare questo l'inizio della fine del format del reality horror? Difficile dirlo, nel momento in cui la saga di Paranormal Activity inanella episodio su episodio rimanendo ferma-mente ancorata all'immagine di se stessa e altri film del genere continuano a uscire. Come sempre, a decidere sarà il pubblico attraverso gli incassi. Però è un segnale che la sua fa-se propulsiva è arrivata (forse) alla fine.

In [Rec] 3 viene anche proseguito e ulteriormente ampliato il percorso di contaminazione tra i filoni esorcistico e zombesco con citazioni curiose e ironiche: come i vampiri della Hammer, gli Zombie non possono entrare in chiesa, vengono ustionati dall'acqua santa e fermati dalla simbologia religiosa. Solo che ormai - e questo è un segno del cambiamento dei tempi - solo i preti possiedono la conoscenza profonda della preghiera e la convinzione per poterla usare efficacemente come arma anti-Zombie. Peccato che non ci sia più Peter Cushing: sarebbe stato perfetto nel ruolo di un moderno Van Helsing contro gli Zombie dell'inferno.

Il fatto che per raccontare questa svolta "religiosa" il film assuma un tono più vivace, ironico e quasi leggero - rispetto all'estrema cupezza dei primi due episodi - dimostra però come Paco Plaza (qui solo al comando, mentre nei primi episodi era accompagnato dall'illustre Jaume Balagueró) non creda molto nella sua storia sul piano "drammatico" e preferisca strizzare l'occhio allo spettatore. Il che, in un film dell'orrore che voglia restare tale, è, quasi sempre, il bacio della morte.

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