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Sally Field: Lincoln e una lungimiranza che oggi non c'è più

L'attrice racconta l'esperienza nel film di Spielberg.
di Marianna Cappi

In foto Sally Field.
Sally Field (77 anni) 6 novembre 1946, Pasadena (California - USA) - Scorpione. Interpreta Mary Todd Lincoln nel film di Steven Spielberg Lincoln.

giovedì 17 gennaio 2013 - Incontri

Quello di Sally Field è forse uno di quei casi in cui il volto è più noto del nome. Due volte premio Oscar, compagna di Burt Reynolds, mamma di Forrest Gump, oggi concorre per la terza possibile statuetta, per il ruolo di Mary Todd Lincoln, nel film di Steven Spielberg su uno dei presidenti americani più amati e ricordati, passato alla storia anche e soprattutto per aver abolito il flagello della schiavitù.
Presente a Roma per incontrare la stampa, la Field ha raccontato della lunga relazione che la lega al personaggio di Mary Lincoln e ha lamentato l'esistenza di una discriminazione che è ancora lungi dal trovare una fine: quella che relega ad una minoranza le creative donne nell'industria dello spettacolo hollywoodiano.

Quale ritiene che sia l'aspetto centrale del personaggio della moglie di Lincoln da lei impersonato?
Ritengo che la straordinaria sceneggiatura sviluppata da Tony Kushner offra un quadro assolutamente completo del personaggio. Non c'è un aspetto preponderante sugli altri. Il personaggio è costruito nella sua relazione con il marito presidente e ogni scena in cui Mary è presente mostra un differente aspetto di questo rapporto. Dal principio fino alla scena finale, in carrozza, in cui discute con lui di come verrà ricordata.

Avete pensato che, fuori dai confini americani, l'importanza della figura di Lincoln potrebbe non essere la stessa e, nel caso, avete lavorato per rendere il film in qualche modo più esportabile?
Non è certo a me che spettano le riflessioni commerciali, quella è materia per il regista. Sono però convinta che il film contenga dei temi universali. Sono tanti al giorno d'oggi i governi che non guardano al di là del loro orticello e del loro mandato e i popoli sono a rischio a causa di questa scarsa lungimiranza, l'economia è fragile, ma nessuno sembra riuscire a smuovere le cose. Per questo, anche se debole e imperfetta, la democrazia è importantissima, oggi come allora. Che gli esseri umani abbiano il diritto di governarsi, è fondamentale. Nel film, il peso che il Presidente si porta sulle spalle è messo molto in evidenza e così il conflitto interiore tra la sua morale personale e il bene del popolo. Ed è un discorso che vale per il Presidente degli Stati Uniti d'America così come per ogni padre di famiglia: è universale, ed è di questo che tratta il film.

Partecipando a questo film, avevate coscienza che, se non ci fosse stato Lincoln, non ci sarebbe mai stato Obama, il primo presidente di colore?
Non solo non ci sarebbe stato Obama, ma probabilmente nemmeno gli Stati Uniti d'America. Forse ora ci sarebbero solo un mucchietto di nazioni separate tra loro. Il perdurare della schiavitù, infine, avrebbe distrutto il sogno democratico stesso.

Avevate l'impressione di stare lavorando per un film importante, che parlava non solo del passato ma anche al presente? Per l'attore la responsabilità è un peso, una difficoltà?
Il mio lavoro mi obbliga a lasciare le mie idee e la mia agenda quotidiana fuori dalla porta. Per tutto il tempo delle riprese io sono stata Mary al 100%, Sally non esisteva. Non ho sentito il peso del film ma quello della storia: il dolore di vivere un periodo di guerra, la preoccupazione per i tanti uomini che non davano ascolto a mio marito e lo ostacolavano. Lincoln è un film di grandi attori, perciò il clima era di immersione totale nella storia.

Come si è preparata a questo ruolo?
Steven mi ha chiesto per la prima volta di interpretare Mary nel 2005. Sapevo che non avrei girato subito ma ho cominciato a lavorarci, leggendo tutti i vari script che sono stati redatti. Conoscevo il personaggio da quando avevo vent'anni e sentivo cje prima o poi io e lei ci saremmo dovute incontrare. Forse anche per la somiglianza fisica che ci lega. Ho studiato la sua storia, la sua famiglia e quando ho letto il copione di Tony Kushner mi sono tremate le mani: era così appassionante che toglieva il respiro. Quando è giunta l'ora, per interpretare Mary ho anche lavorato sul fisico, aumentando di circa dodici chili.

Altrove, ha lamentato la discriminazione femminile che impera ad Hollywood. Conferma?
Sì. È così da sempre. Dall'ideazione di un film, alla scrittura, alla regia, alla produzione, l'intero processo è sempre stato dominato numericamente dalla presenza maschile. E gli uomini portano sullo schermo le storie nelle quali si riconoscono o che li riguardano. Le donne tratterebbero altri temi, ma sono in schiacciante minoranza.

Concorda con la visione della politica come compromesso?
Il compromesso in politica è inevitabile, perché fa sì che nessuna delle due parti, in disaccordo tra loro, perda o vinca del tutto, premiando una soluzione mediana. Io credo soprattutto che sia importante governare con fair-play, altrimenti non è democrazia ma autocrazia.

Lei è anche regista, di un lungometraggio e diversi episodi televisivi. Cosa ha preso dai registi uomini con cui ha lavorato e cosa possiede che loro non hanno?
Non mi definisco una regista. Ho diretto dei film ma non mi ritengo tale. Tutto quello che mi sento di dire è che le scelte che ho fatto sono diverse dalle scelte dei miei colleghi uomini con carriere simili alla mia.

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