angelo umana
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sabato 26 maggio 2012
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l'enfant d'en haut
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In fondo è bello rubare con Simon, non sembra un misfatto e nemmeno va
a colpire poveracci: ruba attrezzatura da sci, firmata, moderna o
anche no, tanto "se ne fregano lassù, ne comprano subito un
altro". Opera a modo suo una redistribuzione della ricchezza: i
derubati di una località sciistica alla moda andranno subito in
negozio a comprarsi qualcosa di nuovo in sostituzione del maltolto
(il piacere di spendere cui in parte accenna il recente "Tutti i nostri
desideri" di Lioret), i ragazzi della valle compreranno da Simon a prezzi
"di stock" e lui si procurerà carta igienica, cibo,
l'occorrente elementare per vivere. Così Simon, 12 anni, mantiene
quella che chiama "sister", con cui vive, una ragazza che si stima abbia
25 anni, ma difficili, complicati, alla ricerca di un
compagno adulto con cui stare, la quale ricerca certo le fa visitare
letti e ambienti diversi, sempre poco affidabili.
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In fondo è bello rubare con Simon, non sembra un misfatto e nemmeno va
a colpire poveracci: ruba attrezzatura da sci, firmata, moderna o
anche no, tanto "se ne fregano lassù, ne comprano subito un
altro". Opera a modo suo una redistribuzione della ricchezza: i
derubati di una località sciistica alla moda andranno subito in
negozio a comprarsi qualcosa di nuovo in sostituzione del maltolto
(il piacere di spendere cui in parte accenna il recente "Tutti i nostri
desideri" di Lioret), i ragazzi della valle compreranno da Simon a prezzi
"di stock" e lui si procurerà carta igienica, cibo,
l'occorrente elementare per vivere. Così Simon, 12 anni, mantiene
quella che chiama "sister", con cui vive, una ragazza che si stima abbia
25 anni, ma difficili, complicati, alla ricerca di un
compagno adulto con cui stare, la quale ricerca certo le fa visitare
letti e ambienti diversi, sempre poco affidabili. Entrambi non hanno
affetti, genitori, quelli di Simon sappiamo fino a un certo punto del
film che sono morti in un incidente; lui è "l'enfant
d'en haut" del titolo originale, lassù in alto porta
avanti i suoi commerci come un'onesta attività.
Gli manca la mamma e l'amicizia, sono affetti che non sa come
procurarsi, tenta pure di comprarli: così fa con una signora,
turista inglese che villeggia a lungo nella località, madre di due
bambini, così fa in qualche modo col ragazzo di un ristorante che
acquisisce come partner della sua "attività", offre
perfino 200€ a Louise per poter dormire nel letto di lei. Si
tratta sempre della ricerca di un affetto, costantemente delusa da questa
"sister" con cui vive, lei a sua volta lei non lo ha
mai avuto da nessuno. In un ennesimo litigio la vuole scacciar via,
"Più lontano, più lontano", le ripete tante volte con la
disperazione di un bambino lasciato da parte. Si ritrovano
rivedendosi attraverso i vetri della funivia dopo che Simon ha
passato una notte là "en haut", triste e ramingo, quando al mattino ridiscende, mentre lei sale e lo sta cercando. La stagione sciistica è finita, la neve se ne va e la valle deserta, e forse il futuro, ridiventano loro, ci viene fatto sperare che insieme
hanno deciso di crescere.
Una cara amica di cinema ha sottotitolato questo film "Piccoli
Dardenne crescono" e pare una definizione appropriata; i piccoli
Dardenne sono in realtà la regista Ursula Meier, che ha colto
sommessamente ogni recondito aspetto della relazione tra
"sorella e fratello" e del disagio di esistere dei due, che
vivono nella "torre, laggiù" delle case popolari,
lontanissimo dai turisti che sciano. Magnifico, a parte qualche piccolo indugio di troppo.
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dario85
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domenica 13 maggio 2012
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skipass per sopravvivere, ma nessuna pietà
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Nell'opulenta Svizzera c'è gente che per sopravvivere deve arrangiarsi come può e Simon, il dodicenne protagonista di questo film, per farlo va a rubare di tutto sulle vicine piste da sci e rivende la refurtiva spacciandola per merce di stoccaggio. I soldi gli servono per comprare il necessario per mangiare e per gestire la casa che condivide con una sorella più grande che, abbandonata tra le braccia di ragazzi un po' loschi, non è in grado di badare a se stessa. L'argomento è difficile, quasi indigeribile, come la bella e ricca signora che non vuole capire e non ha nessuna pietà per Simon, come il ricco e violento sciatore che aggredisce il piccolo ladro e lo pesta a sangue sotto gli occhi di una folla incuriosita, ma incurante, quasi infastidita, come il piccolo complice che vuole forse solo giocare.
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Nell'opulenta Svizzera c'è gente che per sopravvivere deve arrangiarsi come può e Simon, il dodicenne protagonista di questo film, per farlo va a rubare di tutto sulle vicine piste da sci e rivende la refurtiva spacciandola per merce di stoccaggio. I soldi gli servono per comprare il necessario per mangiare e per gestire la casa che condivide con una sorella più grande che, abbandonata tra le braccia di ragazzi un po' loschi, non è in grado di badare a se stessa. L'argomento è difficile, quasi indigeribile, come la bella e ricca signora che non vuole capire e non ha nessuna pietà per Simon, come il ricco e violento sciatore che aggredisce il piccolo ladro e lo pesta a sangue sotto gli occhi di una folla incuriosita, ma incurante, quasi infastidita, come il piccolo complice che vuole forse solo giocare. Nessuna pietà nemmeno quando si scopre il vero rapporto che il bambino ha con la sorella. Nessuna pietà per una società che getta nei rifiuti un bambino disadattato invece di aiutarlo. È faticoso guardare questo film, ma va visto per capire e la Teodora Film è ancora una volta dalla parte dei bambini.
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zoom e controzoom
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martedì 22 maggio 2012
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diffile contemporaneità della mater dolorosa
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L'inserimento in ampi spazi panoramici dello svolgersi della vita per Simon e la presunta sorella, non solleva dalla realtà pnubea nella quale i due vivono. Il cromatismo coerente e reale amplifica l'ineluttabilità del procedere comunque della vita che se per qualcuno e fatta di benessere che trasuda e spiega se stesso nella brillantezza della vita nella stazione sciistica, per altri è fatta di una miseria inimmaginabile visibile solo all'interno di un palazzone popolare. La dominante sonora è il silenzio, interrotto da qualche brano con modulazione dolce, spesso chitarra, che smorza la crudezza che via via si concretizza nella conoscenza di come vivono i due giovani.
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L'inserimento in ampi spazi panoramici dello svolgersi della vita per Simon e la presunta sorella, non solleva dalla realtà pnubea nella quale i due vivono. Il cromatismo coerente e reale amplifica l'ineluttabilità del procedere comunque della vita che se per qualcuno e fatta di benessere che trasuda e spiega se stesso nella brillantezza della vita nella stazione sciistica, per altri è fatta di una miseria inimmaginabile visibile solo all'interno di un palazzone popolare. La dominante sonora è il silenzio, interrotto da qualche brano con modulazione dolce, spesso chitarra, che smorza la crudezza che via via si concretizza nella conoscenza di come vivono i due giovani. Molto si può intuire, moltissimo si apprende nel corso del film e sorprende. Se pesantezza e indolenza sono le dominanti di Louise, ineluttabilità e perseveranza sono quelle di Simon. Nessuno dei due ha in sè un briciolo di allegrezza, di speranza, di slancio giovanile: gli unici sprazzi di risa scaturiscono da situazioni casuali, da momenti giocosi infantili, non per situazioni che dovrebbero appartenere all'età dei due. Situazione difficile che si spiega pian piano e sorprende dopo che un trailer sapientemente ambiguo, aveva lasciato pensare a ben altre situazioni tra Simon e Louise. La violenza che la situazione contiene in sè, qui non esplode come classicamente si potrebbe pensare esploda la violenza, ma è sottomissione all'incapacità di uscire dalla mota, alla coscienza di non avere altre possibilità. Così Simon continua caparbiamente a rubare come caparbiamente Louise cerca di risolvere la sua situazione sociale con un amore peraltro sempre disgraziato come lei. Non c'è neppure spavalderia ne nell'uno ne nell'altra e nemmeno rabbia solo dolore: quello di Louise per una situazione che non sa come risolvere - pur non essendo lei come donna, tanto marcia da approvare o spingere verso sistemi sporchi - e quello di Simon che con i suoi furti vuol comprare più che il pane, l'amore, l'essere accettato in un mondo dove si trova senza capire, per chi lui è. I primi piani sono intensi, i dialoghi sono plausibili, le figure di contorno non scadono mai nel banale - ed è in questo che consiste una delle sorprese: sono reali persone inaspettate, non soluzioni da rotocalco. Una contemporanea Mater Dolorosa che non sostiene, ma si rispecchia muta in ragazzino dodicenne immerso anzitempo nella condanna alla solitudine del mondo, condanna sublimata nella drammatica staticità della scena della notte che Simon passa alla stazione sciistica ormai smobilitata, nel buio totale, nel silenzio della montagna, al freddo, lontano da tutto ciò che dà senso all'esistenza. In questo quadro di ineluttabile negatività, un guizza di vita: Simon è pur sempre ancora un bambino che sente e risponde alla natura e dimentico di ogni cosa, corre, salta, gioca da solo nel grande spazio della montagna ora tutta per lui anche se è un poveraccio. Ma questa vaga risorsa non è la fine e non è un preludio all'ottimismo, la possibilità positiva o negativa di un futuro, si riapre - e rimane insoluta - con l'incrociarsi di due cabine della teleferica, cabine che corrono in due sensi opposti e s'incrociano: in una c'è Simon e in una c'è la Louise che potrebbe per età essere proprio sua sorella. Grande recitazione sia di Luoise, corrucciata, dura e fragile e di Simon, testardo, infantile dal grande cuore bambino. Scelte calibrate nello scorrere del ritmo senza sobbalzi, nella piattezza della condizione che non cede ad altri che alla sua piattezza sottolineando così la mancanza di alternative reali: ne dramma, ne commedia, non c'è posto nelleno per una barzelletta. Così è per alcuni, senza soluzione di continuità.
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olgadik
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martedì 5 giugno 2012
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basterebbe l'ultima scena...
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Una linea di frontiera come In terra di nessuno di Alain Tanner, concreta e metaforica insieme, caratterizza da subito questo bel film, opera seconda della franco-svizzera Ursula Meier. Con una sensibilità a tutto campo verso i problemi di relazione, familiari e non, simile alla limpidezza gelida dei fratelli Dardenne, l’autrice disegna fin dalle prime sequenze un confine indicato dal percorso di una teleferica. Essa trasporta dal basso verso l’alto e viceversa due campioni di umanità agli antipodi, eppure parte di una unica Svizzera. Questa volta però l’attenzione della regista si concentra sulla zona squallida di quel paese, quella bassa, abitata da proletari, da cui si sale verso i campi da sci del turismo ricco e sazio, ove i protagonisti si spostano dalle piste innevate ai confortevoli hotel o chalet in legno.
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Una linea di frontiera come In terra di nessuno di Alain Tanner, concreta e metaforica insieme, caratterizza da subito questo bel film, opera seconda della franco-svizzera Ursula Meier. Con una sensibilità a tutto campo verso i problemi di relazione, familiari e non, simile alla limpidezza gelida dei fratelli Dardenne, l’autrice disegna fin dalle prime sequenze un confine indicato dal percorso di una teleferica. Essa trasporta dal basso verso l’alto e viceversa due campioni di umanità agli antipodi, eppure parte di una unica Svizzera. Questa volta però l’attenzione della regista si concentra sulla zona squallida di quel paese, quella bassa, abitata da proletari, da cui si sale verso i campi da sci del turismo ricco e sazio, ove i protagonisti si spostano dalle piste innevate ai confortevoli hotel o chalet in legno. Ma c’è anche chi, poverissimo e solo in un deserto di affetti, sale su quella teleferica per andare a rubare ai ricchi le loro attrezzature sciistiche e persino i panini dagli zainetti dei più piccoli. Con la massima indifferenza, il ladruncolo riparte alla fine della giornata di “lavoro” verso il suo squallido abitato che condivide con una sorella molto più grande di lui; una cantina sottostante è piena della mercanzia trafugata e da lì il dodicenne si muove per smerciare ad altri del quartiere o ai passanti il frutto del suo “lavoro”. Freddo e attento nei suoi traffici, tende solo ad assicurare a se stesso e all’unica persona che ama al mondo (the sister, appunto) la sopravvivenza. La sua vita perciò non è altro che quel triste andirivieni tra il basso della sua condizione e l’alto degli altri. La sorella intanto si intrattiene con qualche amante occasionale o si prostituisce, cercando tristemente, senza osare sognarlo, un affetto diverso. I due diseredati si puntellano a vicenda fino a un certo punto della narrazione. Poi la rivelazione, l’elemento che rimescola i giochi, che li fa ancora più dolenti ma sempre scevri da retoriche consolatorie. La macchina da presa che fino a quel momento pedinava i protagonisti si fa meno mobile, ma più attenta ad illuminare i contorni di un quadro esistenziale più cupo e senza speranze, se non fosse per l’ultima scena, bellissima. In essa i due personaggi principali, il ragazzino Simon e la sorella Louise si sorridono e si salutano incrociandosi mentre una sale e l’altro discende dalla montagna su due teleferiche. Tale sequenza è l’unico spiraglio a cui appigliarsi per non disperare. Non sarebbe corretto chiudere questo scritto su uno dei film più belli di quest’anno, avaro di frutti, senza accennare al terzo personaggio di rilievo del racconto: il paesaggio. Esso appare innevato, casto, brillante in alto, punteggiato come è dai colori in movimento degli sciatori; si presenta invece di un marrone amorfo, fatto di neve stropicciata e terriccio, in basso dove si somma al grigio dell’asfalto e delle fabbriche e ai muri scrostati degli intonaci color ocra. Il tutto colto con una raffinatezza di sfumature e una fotografia da gustare, legata a un dialogo senza sbavature, di rara efficacia perché uno sguardo pesa più di cento parole. Già un fuoriclasse il piccolo Simon (Kacey Mottet Klein) affiancato dalla nuova musa del cinema francese Léa Seydoux, vista di recente nell’ultimo film di Woody Allen. Concludendo, direi che lo spessore di quest’opera è tale da costringerti a guardare attorno e dentro in maniera commossa e con un desiderio di giustizia che diventa quasi ansioso.
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[+] tende solo ad assicurare a se stesso sopravvivenza
(di angelo umana)
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niks00
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venerdì 9 settembre 2016
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riflessione sulla società e sull'infanzia negata
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Un film profondo, dal ritmo lento per mettere in scena una storia che può essere riassunta in poche parole; la vita del dodicenne Simon, che trascorre le giornate facendo la spola della sua umile abitazione agli impianti sciistici di una località montana della Svizzera per rubare scii e accessori sciistici da rivendere. I suoi affetti si limitano alla relazione con la sorella, unica parente in vita, con la quale coabita, ma che spesso si assenta da casa con uomini improbabili senza dargli spiegazioni. E' senza dubbio un film crudo che lo spettatore segue fino all'ultima scena sperando che intervenga qualcuno o sopraggiunga qualche evento in aiuto di queste anime, fratello e sorella, completamente abbandonate al loro misero destino.
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Un film profondo, dal ritmo lento per mettere in scena una storia che può essere riassunta in poche parole; la vita del dodicenne Simon, che trascorre le giornate facendo la spola della sua umile abitazione agli impianti sciistici di una località montana della Svizzera per rubare scii e accessori sciistici da rivendere. I suoi affetti si limitano alla relazione con la sorella, unica parente in vita, con la quale coabita, ma che spesso si assenta da casa con uomini improbabili senza dargli spiegazioni. E' senza dubbio un film crudo che lo spettatore segue fino all'ultima scena sperando che intervenga qualcuno o sopraggiunga qualche evento in aiuto di queste anime, fratello e sorella, completamente abbandonate al loro misero destino. Tutti i personaggi in cui i due fratelli si abbattono si rivelano presto impietosi e incapaci di comprendere, ascoltare o salvarli dalla situazione. Simon è come un piccolo Robin Hood che ruba ai benestanti, cioè a coloro che si possono permettere delle vacanze o di praticare uno sport costoso come lo scii, per dare ai poveri; ma in questo caso è lo stesso Simon il povero. Sorprende la sua scaltrezza, l'intraprendenza, il coraggio, l'abilita e le sue "doti" di ladro, ma anche la sua gentilezza d'animo che si scontrano con l'inettitudine e la rassegnazione della sorella. Commuove il bisogno di affetto che il ragazzino esterna, e per il quale è anche disposto a pagare. Nell'ambientazione dominano il fango e la neve, forse rispettivamente simbolo del peccato e della purezza; più volte i due protagonisti, per gioco, per disperazione o rabbia, ruzzolano e si imbrattano nel fango. Ma, se ci fermiamo a riflettere: chi sono veramente i peccatori, i colpevoli, i responsabili di questa triste vicenda?
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francesco2
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giovedì 24 maggio 2012
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interessante. però.....
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"Giusti" o "sbagliati" che siano gli accostamenti coi Dardenne, per (cercare di) capire meglio questo film, bisognerebbe forse partire dal rapporto che lega i due giovanissimi protagonisti. Che tra loro esista un amore-odio è palese, magari sin troppo, in scene anche apparentemente anodine, come quella in cui la "Sister" viene chiusa fuori dalla finestra, forse per scherzo, o forse per "punirla" di qualcosa, o chissà. Ma anche lei, forse ancora prima del colpo di scena (quasi) finale, fa capire che non vuole legarsi al ragazzino, quasi provasse nei suoi confronti una segreta(?) antipatia accanto all'affetto.
Né è questa la sola contraddizione: se da un lato Louise appare la consueta ragazza tosta, la testa al sesso,alle sigarette ed al lavoro (Sic!) che riesce a trovare, un'analisi più "attenta" ci fa percepire come viva(cchi) di espedienti, spesso opera del fratello.
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"Giusti" o "sbagliati" che siano gli accostamenti coi Dardenne, per (cercare di) capire meglio questo film, bisognerebbe forse partire dal rapporto che lega i due giovanissimi protagonisti. Che tra loro esista un amore-odio è palese, magari sin troppo, in scene anche apparentemente anodine, come quella in cui la "Sister" viene chiusa fuori dalla finestra, forse per scherzo, o forse per "punirla" di qualcosa, o chissà. Ma anche lei, forse ancora prima del colpo di scena (quasi) finale, fa capire che non vuole legarsi al ragazzino, quasi provasse nei suoi confronti una segreta(?) antipatia accanto all'affetto.
Né è questa la sola contraddizione: se da un lato Louise appare la consueta ragazza tosta, la testa al sesso,alle sigarette ed al lavoro (Sic!) che riesce a trovare, un'analisi più "attenta" ci fa percepire come viva(cchi) di espedienti, spesso opera del fratello. Ne è allora un pò dipendente, anche se per altri versi gli fa giustamentenotare come rappresenti una sorta di palla al piede, che rende ancora più complicata una vita già irta di ostacoli.
Dunque, ancora prima del citato colpo di scena i due ragazzi rappresentano un mondo a parte, che li assimila -Parzialmente- ad un film della scorsa stagione, "A ghost winter ", almeno quanto al "Matrimonio di Lorna", con cui qualcuno, sicuramente non necessariamente a torto, ha notato accostamenti. Come il personaggio di Jennifer Lawrence, rappresentano un sottoproletariato dei nostri giorni o qualcosa di peggio, che qui si contrappone ancora di più, ma senza manicheismi o moralismi di sorta, al mondo dei ricchi che frequenta quelle stazioni sciistiche, rappresentato dal personaggio di Gillian Anderson. Avendo citato Lorna, mi piace ricordare il protagonista del dardenniano (Ancora!) "Ragazzo in bicicletta" per cercare di capire la morale del protagonista: non scorge nulla di sbagliato in ciò che fa, purtuttavia si sente in diritto di rimproverare la scorrettezza delle persone a cui cerca di vendere gli sci, sentendosi rispondere -A torto?A ragione?- che è lui il primo ladro, e non può parlare a loro di etica.
Se però sto sciorinando tutte queste considerazioni, spero interessanti, senza trovare sempre un nesso che le leghi, è perché -Come ha osservato più di una persona- il film sembra fermarsi, a osservare, senza andare oltre. O forse, perché, chisà, se esiste un messaggio, va ricercato nella morale tutta "Sui generis" che i due ragazzi (ap?)portano; magari preferibile, tra l'altro, all'ipocrisia borghese dei complici di Simon.
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achab50
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martedì 9 giugno 2015
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la vera ricerca di simon
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Nella ricchissima Svizzera che si crogiola nel proprio ottuso perbenismo si svolge la vicenda di due ragazzi che non potrebbero essere diversi: lui dodicenne sveglio e concreto sbarca il lunario con furtarelli effettuati sui campi da sci; lei più matura ma totalmente vuota di sentimenti e di prospettive, vive alla giornata, non disdegnando nemmeno l'esercizio della prostituzione da cui non ricava per altro nulla. Ecco il film è tutto qui. La vicenda procede con grande linearità senza flash back, senza effetti speciali, così, quasi sottotraccia rispetto ad un mondo estremamente esclusivo ed anche violento.
A metà della vicenda una "spiegazione" capovolge e devasta la visione che ci eravamo costruiti e ci costringe e rivedere sotto questa luce gli avvenimenti già trascorsi e quelli che stanno per succedere.
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Nella ricchissima Svizzera che si crogiola nel proprio ottuso perbenismo si svolge la vicenda di due ragazzi che non potrebbero essere diversi: lui dodicenne sveglio e concreto sbarca il lunario con furtarelli effettuati sui campi da sci; lei più matura ma totalmente vuota di sentimenti e di prospettive, vive alla giornata, non disdegnando nemmeno l'esercizio della prostituzione da cui non ricava per altro nulla. Ecco il film è tutto qui. La vicenda procede con grande linearità senza flash back, senza effetti speciali, così, quasi sottotraccia rispetto ad un mondo estremamente esclusivo ed anche violento.
A metà della vicenda una "spiegazione" capovolge e devasta la visione che ci eravamo costruiti e ci costringe e rivedere sotto questa luce gli avvenimenti già trascorsi e quelli che stanno per succedere. Con straordinarie capacità recitative il giovanissimo Kacey Mottet Klein risulta perfettamente immerso nella parte e gli si prospetta un promettentissimo futuro d'attore. Léa Seydoux si dimostra duttile nella sua parte dolente, inconsapevole e perdente senza speranza.
Molto buona la regìa; raffinata la sceneggiatura che ci immerge nella vicenda passo dopo passo.... persino il finale aperto non lascia adito a speranze. La vera ricerca di Simon è un po' d'amore, in tutto il film in tutti i personaggi il grande assente è l'amore, o la sua pur dignitosa sottospecie che è l'affetto.
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stefano capasso
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sabato 29 gennaio 2022
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dramma famigliare inaspettato
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Simon ha 12 anni, vive in un paese svizzero ai piedi delle montagne dove ricchi turisti trascorrono le loro vacanze invernali. Vive con la sorella, senza genitori, e mentre lui provvede a sbarcare il lunario rubando e rivendendo ogni giorni attrezzattura da sci rubata in montagna, la sorella passa da un lavoro all’altro e da una delusione amorosa all’altra.
Il film di Ursula Meier coinvolge piano piano lo spettatore con i suoi piccoli grandi colpi di scena che fanno compiere alla narrazione, apparentemente monotona, scatti in avanti. E’ una storia piena di contrasti, a cominciare dalla possibilità stessa di essere credibile: società ricca e borghese che vive in alto tra nevi e resort, e quella più povera che vive in basso, dove non c’è nemmeno quel po' di neve che potrebbe rappresentare un diversivo; il contrasto famigliare stesso, tra i due protagonisti, che assume forme diverse lungo la durata del film; il contrasto tra la manovalanza, sia essa in montagna che ai suoi piedi che si litiga le briciole per poter vivere meglio.
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Simon ha 12 anni, vive in un paese svizzero ai piedi delle montagne dove ricchi turisti trascorrono le loro vacanze invernali. Vive con la sorella, senza genitori, e mentre lui provvede a sbarcare il lunario rubando e rivendendo ogni giorni attrezzattura da sci rubata in montagna, la sorella passa da un lavoro all’altro e da una delusione amorosa all’altra.
Il film di Ursula Meier coinvolge piano piano lo spettatore con i suoi piccoli grandi colpi di scena che fanno compiere alla narrazione, apparentemente monotona, scatti in avanti. E’ una storia piena di contrasti, a cominciare dalla possibilità stessa di essere credibile: società ricca e borghese che vive in alto tra nevi e resort, e quella più povera che vive in basso, dove non c’è nemmeno quel po' di neve che potrebbe rappresentare un diversivo; il contrasto famigliare stesso, tra i due protagonisti, che assume forme diverse lungo la durata del film; il contrasto tra la manovalanza, sia essa in montagna che ai suoi piedi che si litiga le briciole per poter vivere meglio. Alla base di tutto c’è però il dramma famigliare che viene continuamente alimentato da episodi che possono sembrare irreali solo a prima apparenza; un dramma che ad un certo punto diventa una vera e propria colluttazione, nel quale però, e ancora inaspettatamente, proprio sul finire della stagione invernale, si apre uno spiraglio di possibilità diverso.
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pepito1948
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martedì 22 maggio 2012
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quando la svizzera è anche qualcos'altro
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Anche nella opulenta Svizzera (questa l’idea portante del film) esiste l’inferno. Lassù, in un eden imbiancato e solcato da sciatori danarosi e imbottiti di abiti ed oggetti griffati, ferve il divertimento spensierato della “bella gente”. Laggiù, alle falde della montagna, palazzoni anonimi, squallore, povertà dilagante connotano un paesaggio di emarginazione, costellato da persone costrette a vivere di espedienti. Tra inferno e paradiso solo un esile collegamento: una cabinovia, tramite la quale Simon, privo di mezzi ed esclusivamente proteso verso la sopravvivenza, ogni giorno ascende al mondo dei ricchi e si procaccia di che vivere rubando loro di tutto, sci, occhiali, caschi e quant’altro possa rivendere al miglior offerente.
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Anche nella opulenta Svizzera (questa l’idea portante del film) esiste l’inferno. Lassù, in un eden imbiancato e solcato da sciatori danarosi e imbottiti di abiti ed oggetti griffati, ferve il divertimento spensierato della “bella gente”. Laggiù, alle falde della montagna, palazzoni anonimi, squallore, povertà dilagante connotano un paesaggio di emarginazione, costellato da persone costrette a vivere di espedienti. Tra inferno e paradiso solo un esile collegamento: una cabinovia, tramite la quale Simon, privo di mezzi ed esclusivamente proteso verso la sopravvivenza, ogni giorno ascende al mondo dei ricchi e si procaccia di che vivere rubando loro di tutto, sci, occhiali, caschi e quant’altro possa rivendere al miglior offerente. Così, tra furti, raggiri e qualche complicità, passa la sua grama vita per poter comprare pasta e altri viveri per sé e la sorella, donna fragile e sbandata più grande di lui e dedita a compagnie che la portano ad allontanarsi spesso ed a tornare quasi sempre carica di delusioni. Simon ha perso ogni sostegno sociale, genitori, amici, affettività, tranne quel rapporto viscerale con una sorella con cui condivide un segreto che i due preferiscono non divulgare. Simon è una macchina per racimolare soldi, apatica, fredda, spoglia di valori; a lui non sono stati sottratti beni materiali ma il fondamento stesso dell’essere umano: la dimensione dei sentimenti, l’amore, la vicinanza, la solidarietà, un sorriso, un bacio, un abbraccio. Per questo per avere qualche attimo di calore deve rivolgersi alla sorella, pagandola profumatamente. Ma il suo è un “lavoro” pericoloso, e quando viene scoperto e picchiato ed umiliato, decide di ritirarsi per una notte sulla montagna silenziosa, immobile e per una volta per lui ospitale, e finalmente, solo con se stesso, si scongela spogliandosi della sua aridità: piange come fanno tutti i dodicenni, si appropria per qualche ora dell’adolescenza negata, ha paura. L’uomo precoce si fa il bambino rubato. Ma le luci dell’alba lo richiamano alla dura realtà da cui può evadere momentaneamente ma non può fuggire, e mestamente ritorna all’inferno ed alla sua pendolarità quotidiana, forse consapevole dell’ineluttabilità della propria vita di reietto, attenuata dagli incontri sporadici –come le cabine di una funivia che s’incrociano a metà strada- con l’unica persona che, nel suo irregolare apparire, non lo abbandonerà mai. Alla sua seconda opera la franco-svizzera Ursula Meier si stacca dallo stereotipo del Paese ricco per antonomasia per ambientarvi una storia di emarginazione e di stenti, in cui alla povertà del contesto corrisponde la scarsezza emotiva dei due personaggi, legati da un segreto che, rivelato a metà film, non imprime alcuna reale svolta né al racconto né al rapporto emotivo con lo spettatore. La narrazione è asciutta, essenziale, senza fronzoli alla maniera del cinema dei fratelli Dardenne, senza tuttavia saperne cogliere le sfumature connotative dei personaggi e la poetica del loro “realismo umanistico”. Il distacco della regista dai suoi personaggi, mai dipinti con partecipazione affettiva forse per evitare indulgenze pietistiche, finisce per bloccare ogni tentativo di chi assiste in sala di appassionarsi ad una storia pur ricca di spunti di umanità. Un’opera interessante soprattutto per la particolarità del rapporto tra tematica e contesto, ma solo parzialmente riuscita almeno sul piano comunicativo.
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ralphscott
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mercoledì 16 maggio 2012
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freddo sulle piste,freddo in fondo al cuore
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Quasi ad autocompiacersi della sua narrazione sobria,la regista scansa i tranelli del patetico tenendosene lontano. Le scene di forte impatto non si contano,e i tentativi di Simon di ottenere affetto,comprandolo dalla sorella o strappandolo ad una ricca turista già mamma, sono le più dure. Quando il gelo sembra sciogliersi,il furto dell'orologio da polso ci ricorda che la pancia da riempire era e rimane la priorità del ragazzino. E lo spettatore torna bruscamente coi piedi per terra. A volerla dire tutta,il finale ha ben poco di originale:la corsa di Simon giù dalla montagna che verdeggia,commentata da un'incalzante musica rock,sa di film ruffiano.
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Quasi ad autocompiacersi della sua narrazione sobria,la regista scansa i tranelli del patetico tenendosene lontano. Le scene di forte impatto non si contano,e i tentativi di Simon di ottenere affetto,comprandolo dalla sorella o strappandolo ad una ricca turista già mamma, sono le più dure. Quando il gelo sembra sciogliersi,il furto dell'orologio da polso ci ricorda che la pancia da riempire era e rimane la priorità del ragazzino. E lo spettatore torna bruscamente coi piedi per terra. A volerla dire tutta,il finale ha ben poco di originale:la corsa di Simon giù dalla montagna che verdeggia,commentata da un'incalzante musica rock,sa di film ruffiano. E Sister è tutt'altro.
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[+] non è quello il finale
(di zoom e controzoom)
[ - ] non è quello il finale
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