Io e te

Dopo quasi dieci anni dallo scandaloso, nudo e coraggioso The dreamers, Bernardo Bertolucci torna a parlare di giovani arrabbiati nell’ultima pellicola Io e te, tratta dall’omonimo romanzo di Nicolò Ammaniti, e uscita nelle sale italiane il 25 ottobre. Tuttavia, rispetto all'ultimo lungometraggio, il film ha ben poco. Il regista si sofferma repentinamente su due occhi: quelli di Lorenzo(Jacopo Olmo Antinori), un ragazzo affetto da un disturbo narcisistico che lo porta a sopprimere i sentimenti attraverso un paio di cuffie fissate sempre sulla testa, quasi fossero un modo di trovare la pace interiore. Il ragazzo ama trascorrere il tempo con la nonna (Veronica Lazar) e tende ad avere il controllo sulla realtà, anche sul numero di lattine di Coca Cola comprate. Una mattina, camminando scaltro tra la gente, imbroglia la madre con la scusa di una gita scolastica e, dopo i preparativi, si chiude nella propria cantina in compagnia delle sue pacifiche formiche. Un giorno, tra letture a voce alta e musica caotica, la quiete di Lorenzo viene rovesciata dalla sorellastra Olivia (Tea Falco), una fotografa eroinomane. Riuscendo a condividere gioie e dolori, i due finiranno col volersi bene e con l’aiutarsi reciprocamente. La storia ruota attorno ad un mediocre canovaccio, mentre l’unica emozione è rintracciabile nelle colonne sonore RHCP, Muse ed Arcade Fire e nella commovente scena dell’abbraccio tra Lorenzo e Olivia sulle note della malinconica Ragazzo solo, ragazza sola, cantata da D. Bowie e scritta da Mogol. Non esiste un’introspezione psicologica: attori ancora in erba, scarsa scenografia e pessima sceneggiatura (paradossalmente curata dallo stesso Ammaniti) rendono il film alquanto scadente. Una storia scontata e banalizzata, un regista che probabilmente voleva arrivare ai giovani, quel Bertolucci che oggi si trova su una sedia a rotelle e che, come egli stesso dice, “ha trovato una liberazione, come quella del protagonista del film”. Una liberazione chiamata claustrofilia, un elogio alla solitudine come ritrovo del proprio io, dimensione imprescindibile della serenità. Il maestro del cinema d’autore non è riuscito, però, a divulgare la penetrante esperienza di una solitudine purificata da un successivo incontro e si è nascosto dietro una macchina da presa, come se qualcuno gli avesse tolto la parola. «Perché sei negli occhi miei e c’è un angelo che ormai non vola più» canta Bowie, e sembra che sia proprio il regista a non volare più: un uomo che tenta di tornare bambino dietro l’emblematica immagine di un ragazzo che si aggira solo per le strade notturne versando le lacrime trattenute dentro. Attenzione ad accusarlo senza riserve, però: non dimentichiamoci del drammatico Ultimo tango a Parigi o dell’incredibile Io ballo da sola perché, grazie alle enigmatiche questioni da lui stesso poste, gli amanti del cinema continuano ad interrogarsi sugli impenetrabili volti dei suoi film, su quello che oggi Lorenzo cerca attraverso una lente d’ingrandimento, tra le braccia di Olivia.