È stato il figlio

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Un film di Daniele Ciprì. Con Toni Servillo, Giselda Volodi, Alfredo Castro, Fabrizio Falco, Aurora Quattrocchi.
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Drammatico, durata 90 min. - Italia 2012. - Fandango uscita venerdì 14 settembre 2012. MYMONETRO È stato il figlio * * * 1/2 - valutazione media: 3,65 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

'Epos e thanatos' dalle parti della Kalsa Valutazione 3 stelle su cinque

di gianleo67


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domenica 10 febbraio 2013

Un anziano signore in attesa in un ufficio postale di Palermo, racconta ogni giorno agli utenti in coda storie  stravanganti ed incredibili tra le quali quella di un figlio che uccise il padre con due colpi di pistola 'dentro al petto' a causa di una banale lite per il graffio che aveva provocato all'auto del genitore...
Storia tragicomica e grottesca, quella del geniale autore di 'Cinico TV' è in realtà una parabola surreale che attraverso una cronistoria familiare in un emblematico quartiere popolare, ci racconta delle paradossali contraddizioni di una civiltà dei consumi declinate in un contesto sociale e culturale in cui il sostentamento economico e le relazioni umane scandiscono una quotidianità di miseria e di degrado morale di cui il nucleo familiare rappresenta una sorta paravento per egoismi e meschinità personali, l'unità minima di sopravvivenza per individualità incapaci di relazionarsi con l'altro se non attraverso il sotteso calcolo di una gretta mutualità. La disgregazione dei valori etici e del concetto stesso di unità familiare è veicolata attraverso il ricorso originale e personale dell'autore ad una estetica del 'degrado' che prende spunto formalmente dalla connotazione fortemente regionalistica (meglio localistica) del contesto sociale e culturale palermitano (potremmo essere similmente a Taranto, Reggio Calabria piuttosto che nel quartiere degradato di una qualunque metropoli settentrionale) ma si estende per analogia al carattere intrinseco di una cultura nazionale in cui è totalmente assente l'idea di progresso e dove l'individuo sembra in balia di preponderanti forze esterne che ne determinano aspettative e destini, soggiogato dal pervicace fatalismo che conduce alle ineluttabili conseguenze di una vita anonima e senza prospettive (il giovane protagonista maschile è il triste e miserabile antierore di una perversa tragedia che echeggia i miti della classicità). Questo impianto da tragedia greca (con tanto di dettagli truculenti e passionali: dalla tragica morte di Serenella, alla figura di 'bello e dannato' del cugino Masino; dalle dissolutezze di un patriarca imbelle al feroce egoismo di un matriarcato degenere) è funzionale ad una rappresentazione di caratteri universali in cui è facile riconoscere la parvenza di una modernità miserabile dove la degradazione del tessuto sociale è solo l'allarmante sirena di una disgregazione delle componenti fondamentali dell'individuo: 'l'assurdo in persona che, già vecchio e cadente, racconta a tutta la gente del suo falso incidente'. La tradizione orale di questo singolare adattamento viene peraltro conservata anche nella scelta di tramandare (da nonno a nipote) il testimone di una consuetudine narrativa che trova nell'apologo e nella parabola le figure retoriche ideali di trasfigurazione della realtà nelle forme universali del mito e della leggenda (dal mito di Colapesce a quello della propria disavventura personale). Opera di indubbio rigore stilistico riesce ad integrare in una perfetta sintesi estetica temi sociali e politici (la mafia, il degrado delle periferie urbane, il dramma occupazionale meridionale, l'usura, i paradossi burocratici,le sirene del consumismo) con una visione universale intrisa di profondo e immendabile pessimismo, giocando sulla contaminazione (strabilianti gli inserti musical-pop) e su una fotografia desaturata e antirealistica (dello stesso Ciprì) pur con un gusto dell'eccesso a volte troppo compiaciuto di sè. Premio per la fotografia alla 69° Mostra del cinema di Venezia. 'Epos e thanatos' dalle parti della Kalsa.

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