0342silviabr
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venerdì 23 novembre 2012
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alì mette le lenti azzurre
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Alì mette le lenti azzurre, un modo per mediare con il mondo e provarlo a vedere con più colori (non sono nero, come la sua famiglia). E' un film d'attualità che descrivere la realtà di oggi, con ragazzi lasciati da soli, non capiti, e non aiutati (nessuno li viene incontro).
Parte con una scena di mare, con lui e il suo amico, assieme..si chiuderà con una scena sempre al mare, ma separati..Nader (il nome di Alì) tradito da un'amicizia. Questo perchè comunque, la sua origine e "tradizione" resta (non vuole assolutamente che qualcuno tocchi sua sorella).
Si vede chiaramente l'unione tra compagni e anche l'intelligenza del ragazzo. Il film si chiude con lui che "esplode", cerca conforto sotto casa della ragazza ed è a libera interpretazione (il mezzo sorriso misto alle lacrime fa pensare ad una situazione positiva).
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Alì mette le lenti azzurre, un modo per mediare con il mondo e provarlo a vedere con più colori (non sono nero, come la sua famiglia). E' un film d'attualità che descrivere la realtà di oggi, con ragazzi lasciati da soli, non capiti, e non aiutati (nessuno li viene incontro).
Parte con una scena di mare, con lui e il suo amico, assieme..si chiuderà con una scena sempre al mare, ma separati..Nader (il nome di Alì) tradito da un'amicizia. Questo perchè comunque, la sua origine e "tradizione" resta (non vuole assolutamente che qualcuno tocchi sua sorella).
Si vede chiaramente l'unione tra compagni e anche l'intelligenza del ragazzo. Il film si chiude con lui che "esplode", cerca conforto sotto casa della ragazza ed è a libera interpretazione (il mezzo sorriso misto alle lacrime fa pensare ad una situazione positiva). Ed il finale c'è eccome: dalla prospettiva sua, si vede la sua famiglia a tavola, con il solito ritualismo e abitudini, mentre il ragazzo è fuori da solo.
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pepito1948
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martedì 27 novembre 2012
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le due anime dei nuovi immigrati
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Alì dagli occhi azzurri /uno dei tanti figli dei figli/scenderà da Algeri/su navi a vela e a remi/Saranno con lui migliaia di uomini/coi corpicini e gli occhi/di poveri cani dei padri/…Sbarcheranno a Crotone o a Palmi/a milioni, vestiti di stracci asiatici/ e di camicie americane..”/. Sembra incredibile come, a distanza di 50 anni, la profezia di Pasolini, a parte qualche dettaglio irrilevante, si sia puntualmente avverata. Specie se si pensa che allora l’Italia era un Paese di emigrati, non di immigrati. Giovannesi, che ha alle spalle un’esperienza poliennale di film, short e documentari, riprende il titolo del poeta ed il tema di sottofondo, la descrizione del sottoproletariato di periferia, che adatta alla realtà multietnica della società di oggi, in particolare quella romana (anzi di Ostia), preconizzata nella Profezia.
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Alì dagli occhi azzurri /uno dei tanti figli dei figli/scenderà da Algeri/su navi a vela e a remi/Saranno con lui migliaia di uomini/coi corpicini e gli occhi/di poveri cani dei padri/…Sbarcheranno a Crotone o a Palmi/a milioni, vestiti di stracci asiatici/ e di camicie americane..”/. Sembra incredibile come, a distanza di 50 anni, la profezia di Pasolini, a parte qualche dettaglio irrilevante, si sia puntualmente avverata. Specie se si pensa che allora l’Italia era un Paese di emigrati, non di immigrati. Giovannesi, che ha alle spalle un’esperienza poliennale di film, short e documentari, riprende il titolo del poeta ed il tema di sottofondo, la descrizione del sottoproletariato di periferia, che adatta alla realtà multietnica della società di oggi, in particolare quella romana (anzi di Ostia), preconizzata nella Profezia. Nader è uno dei figli dei figli, nato ed abitante ad Ostia con i genitori egiziani di prima generazione. Nel contesto di povertà e degrado in cui è cresciuto la mancanza di punti di riferimento lo spinge a vivere di espedienti; ruba, usa in modo “improprio” il coltello, si mette nei guai con una banda di rumeni vendicativi. Nader si sente occidentale, contesta i genitori islamici che vorrebbero impedirgli di stare con la ragazza che ama, va in discoteca, latita spesso dalla scuola, scappa da casa, maneggia una pistola, vive insomma come tanti altri coetanei sbandati del suo ambiente. Ma la sua anima originaria (cioè islamica) emerge prepotentemente quando il suo migliore amico si intromette nella famiglia violando le regole ataviche che lui stesso ha già trasgredito (non fare l’arabo, lo ammonisce Stefano); da quel momento si fa rivedere in moschea, i suoi rapporti, d’amore e di amicizia, s’incrinano, finchè il precipitare degli eventi non gli impone di scegliere tra il campare alla giornata e l’impostare una nuova vita che guardi oltre i suoi 16 anni gravidi di sregolatezza e di errori.
Giovannesi, nel rappresentare uno spaccato della società suburbana marginalizzata e “meticcia”, concentra l’attenzione non tanto sui contrasti tra diverse componenti culturali, ma sulle contraddizioni al limite della schizofrenia dei nuovi giovani immigrati nati e cresciuti sul nostro suolo, spesso combattuti tra l’impronta formativa d’origine che tendono a rifiutare ed il terreno rigoglioso di libertà (anche di trasgredire) su cui camminano ogni giorno. Conflitti interiori e conflitti familiari, che, come è noto, anche in Italia spesso sfociano in tragedie (ma non è il caso del film). Il regista si addentra in questo mondo complesso senza facili giustificazionismi ma anche senza infierire, mettendo a nudo la difficile adattabilità dei nuovi post-immigrati ma anche le condizioni ostative di una periferia che non è molto più umana di quella a suo tempo descritta da Pasolini. Il finale intelligentemente resta aperto: la famiglia di Nader, in pensoso silenzio, sfonda la quarta parete, quasi a volerci interrogare su ciò che potrà succedere in futuro e non solo al loro irrequieto figlio, lanciando tra le righe un grido di dolore contro la latitanza delle istituzioni, il degrado sociale, la mancanza di lavoro, la colpevole resistenza generale verso l’integrazione culturale. Bravissimi gli interpreti e superba la fotografia di Ciprì che, nel mostrare tutte le pieghe del degrado, non manca di infondere poesia in alcune splendide immagini, come il distacco dei due ex amici su un lungomare desolato ed incolore.
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adrisan
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sabato 2 febbraio 2013
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quanta fatica per trovarti ali!
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Finalmente sono riuscito a vedere questo film dopo averlo cercato per tanto tempo, quasi un mese, visto come è stato malamente trattato dalla distribuzione. Scrivo questo perchè è l'aspetto più irritante e ingiusto: i film italiani di giovani autori meritano molto più rispetto diamine! Il film è come me lo aspettavo, meno bello di un sentito documentario di qualche anno fa ma incoraggiante e incoraggiato in molte sequenze dal talento registico di Giovannesi. Come molti ho trovato alcune scene ( una in particolare di un rapporto orale) abbastanza inutile e di cattivo gusto e poi il fatto che come in un epopea verghiana al giorno d'oggi esistano ancora i "vinti", coloro che non cambiano il loro infausto destino.
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Finalmente sono riuscito a vedere questo film dopo averlo cercato per tanto tempo, quasi un mese, visto come è stato malamente trattato dalla distribuzione. Scrivo questo perchè è l'aspetto più irritante e ingiusto: i film italiani di giovani autori meritano molto più rispetto diamine! Il film è come me lo aspettavo, meno bello di un sentito documentario di qualche anno fa ma incoraggiante e incoraggiato in molte sequenze dal talento registico di Giovannesi. Come molti ho trovato alcune scene ( una in particolare di un rapporto orale) abbastanza inutile e di cattivo gusto e poi il fatto che come in un epopea verghiana al giorno d'oggi esistano ancora i "vinti", coloro che non cambiano il loro infausto destino. C'è qualcosa di sbagliato in questo e che aleggia sul film e sulla trama e lo rende melanconicamente manierista, forse un po' fascista a volte nella parabola poco riuscita del protagonista. Ma è un attimo, una riflessione come una nuovola sul cielo terso dell'uscita dal film. Forse Ali aveva bisogno di ali di finzione più grandi e leggere.
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flyanto
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giovedì 22 novembre 2012
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la quotidianità di coloro che sono divisi tra due
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Film in cui viene raccontata la settimana di vicende di due amici, uno italiano ed uno egiziano ma nato ad Ostia, divisa tra furti, relazioni sentimentali, discussioni familiari e fughe da casa. Questa pellicola, raccontando in maniera assai realistica ed asciutta appunto la vita giornaliera dei due protagonisti, si presenta un pò come un documentario o, per lo meno, come un' inchiesta sullo stile di vita e sul periodo della giovinezza in un ambiente di periferia, i relativi problemi legati sia alla crescita che, soprattutto qui, anche di inserimento in una società in cui si è nati ma a cui non si appartiene ancora completamente in quanto le tradizioni e le origini del proprrio paese fortemente ne condizionano, appunto, l'inserimento, la comprensione e l' accettazione.
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Film in cui viene raccontata la settimana di vicende di due amici, uno italiano ed uno egiziano ma nato ad Ostia, divisa tra furti, relazioni sentimentali, discussioni familiari e fughe da casa. Questa pellicola, raccontando in maniera assai realistica ed asciutta appunto la vita giornaliera dei due protagonisti, si presenta un pò come un documentario o, per lo meno, come un' inchiesta sullo stile di vita e sul periodo della giovinezza in un ambiente di periferia, i relativi problemi legati sia alla crescita che, soprattutto qui, anche di inserimento in una società in cui si è nati ma a cui non si appartiene ancora completamente in quanto le tradizioni e le origini del proprrio paese fortemente ne condizionano, appunto, l'inserimento, la comprensione e l' accettazione. Insomma, il film si risolve essere molto interessante da un punto di vista strettamente sociologico e del resto i temi, gli spunti e le riflessioni sono quelle di sempre care a Giovannesi e già più o meno espresse da lui nel suo precedente "Fratelli d'Italia".
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rita branca
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giovedì 21 novembre 2013
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due pesi e due misure
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Alì ha gli occhi azzurri, film (2012) di Claudio Giovannesi con Nader Sarhan, Stefano Rabatti, Brigitte Apruzzesi, Marian Valenti Adrian
Bellissimo film che narra con notevole sensibilità il complesso processo di adattamento di una famiglia di cultura araba residente in Italia ai giorni nostri. Insieme al tema principale vengono anche toccati quello della solidarietà, della fedeltà al proprio credo religioso, della coerenza e della lealtà.
Il giovane Nader è affascinato dalla cultura e dallo stile di vita italiano, sentendosi tale a tutti gli effetti ed esprimendo in perfetto accento romanesco, con la veemenza della sua età, il suo dissenso rispetto alle tradizioni familiari che lo vincolerebbero ad una vita casta in rispetto dell’Islam, la religione professata dai suoi e difesa strenuamente dalla madre.
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Alì ha gli occhi azzurri, film (2012) di Claudio Giovannesi con Nader Sarhan, Stefano Rabatti, Brigitte Apruzzesi, Marian Valenti Adrian
Bellissimo film che narra con notevole sensibilità il complesso processo di adattamento di una famiglia di cultura araba residente in Italia ai giorni nostri. Insieme al tema principale vengono anche toccati quello della solidarietà, della fedeltà al proprio credo religioso, della coerenza e della lealtà.
Il giovane Nader è affascinato dalla cultura e dallo stile di vita italiano, sentendosi tale a tutti gli effetti ed esprimendo in perfetto accento romanesco, con la veemenza della sua età, il suo dissenso rispetto alle tradizioni familiari che lo vincolerebbero ad una vita casta in rispetto dell’Islam, la religione professata dai suoi e difesa strenuamente dalla madre. Coerentemente, poiché la sua relazione con una ragazza italiana, non è ben accetta, marina la scuola e decide di non rientrare a casa, pur consapevole dell’immenso dolore che ciò provoca e, nei suoi vagabondaggi in compagnia di un amico italiano, è coinvolto in un incidente con dei rumeni disposti a fargliela pagare.
Quando lo spettatore è totalmente dalla parte di Nader è colto di sorpresa dalla sua reazione poco occidentale sul corteggiamento della sorella da parte dell’amico: emergono in maniera prepotente le sue ataviche tradizioni, che suonano per noi assurde, esagerate, inaccettabili.
Un film educativo e ben recitato che incoraggia alla riflessione e all’accettazione dell’altro da noi, attraverso un bel ritmo dialogico, forte tensione narrativa, splendida fotografia e eccellente colonna sonora.
Perfetto per stimolare la formazione interculturale nelle scuole.
Rita Branca
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gianleo67
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giovedì 11 luglio 2013
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alì insossa lentine colorate
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Nader è un ragazzo di origini egiziane ma nato e cresciuto a Roma, che trascorre le sue giornate insieme all'amico e compagno di scuola Stefano tra scorribande in motorino sul lungomare di Ostia, la relazione con una ragazza italiana osteggiata dalla propria famiglia di fervente credo islamico e la ribelle insofferenza di un'età di passaggio tra l'attaccamento alle proprie radici e la profonda esigenza di emancipazione culturale.
A causa di un litigio fugge di casa cercando ospitalità presso il dormitorio dove alloggia un connazionale fino a quando, a causa di una zuffa in discoteca, accoltella un ragazzo rumeno e si vede costretto a scampare insieme all'amico ai propositi vendicativi dei parenti della vittima.
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Nader è un ragazzo di origini egiziane ma nato e cresciuto a Roma, che trascorre le sue giornate insieme all'amico e compagno di scuola Stefano tra scorribande in motorino sul lungomare di Ostia, la relazione con una ragazza italiana osteggiata dalla propria famiglia di fervente credo islamico e la ribelle insofferenza di un'età di passaggio tra l'attaccamento alle proprie radici e la profonda esigenza di emancipazione culturale.
A causa di un litigio fugge di casa cercando ospitalità presso il dormitorio dove alloggia un connazionale fino a quando, a causa di una zuffa in discoteca, accoltella un ragazzo rumeno e si vede costretto a scampare insieme all'amico ai propositi vendicativi dei parenti della vittima. Finale a sorpresa.
Scritto dall'autore insieme a Filippo Gravino da un loro soggetto, è un racconto che modella attorno all'estetica 'neorealistica' di un litorale romano fotografato nelle sfumature plumbee da Daniele Ciprì, gli echi di una gioventù pasoliniana aggiornata al contesto di una modernità interraziale di una seconda generazione di immigrati che, non ostante lo slang romanesco e i costumi disinvolti, rimane fortemente ancorata ad una cultura familiare (familista) di sacro rispetto per i valori religiosi e ad allo strenuo pregiudizio di subordinazione della figura femminile alle logiche di una concezione patriarcale.
Cercando di governare con asciutto naturalismo la facile tentazione di una deriva melodrammatica, Giovannesi si muove bene nel contesto di un disagio suburbano (perfiferico) dove questi novelli ragazzi di vita passano dalla rapina a mano armata a una rissa in discoteca (diurna), dalla ribellione familiare alle prime esperienze sessuali, dall'acquisto di un'arma da fuoco al tentativo di una livorosa vendetta personale, mantenendo sempre una certa credibilità psicologica dei personaggi e una coerente verosimiglianza delle situazioni secondo la logica di una narrazione che segue la moda recente di una cronaca spicciola con i giorni di una settimana (nella vita del protagonista) sovraimpressi in doppia lingua (italiano ed arabo) sullo schermo, a scandire l'attesa di un finale che precipita verso la prevedibile avventatezza di un gesto inconsulto, di una tragica ribellione giovanile, di una frustrazione culturale che sembra ritrovare alfine la giusta misura di un lacrimevole ravvedimento. Peccati veniali comunque di un'opera coraggiosa che mostra con ostinazione una realtà difficile, la scomoda verità di una contraddizione sociale vista da una prospettiva non banale e che forse si estinguerà al prossimo giro di giostra (generazionale) quando i figli di questa mescolanza etnica e culturale avranno solo una lontana memoria del piccolo scontro di civiltà di cui sono stati testimoni e vittime i loro genitori. Nei succedanei di questa banalità sociologica risiede la cifra di un film che ricerca consapevolmente una sua morale, il significato didascalico di uno sguardo ostinato sulla realtà contemporanea. Alì insossa lentine colorate.
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andrea lade
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domenica 25 novembre 2012
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sapore ostiense al festival
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Sullo sfondo del Lungomare di Ostia e sui binari della Ferrovia Roma- Lido (la futura Liena E??) il disagio di un ragazzo musulmano e dei suoi amici di sangue tra emarginazione, povertà e malavita. Film pieno di stereotipi sul bullismo romano e sull'immigrazione, ma recitato in modo egregio. Ma parliamo un po’ della trama.
Nader , un sedicenne musulmano , residente con la sua famiglia ad Ostia è fidanzato con una ragazza romana e questo rapporto non viene accettato dalla famiglia di lui,che per ribellarsi decide di scappare di casa , vagando assieme al suo amico fraterno Stefano in cerca di un riparo migliore.
I due ragazzi , pur non essendo dei delinquenti professionisti, vivono di espedienti e se la rapina al mercato può essere un evento occasionale, la lite in discoteca o il furto alla prostituta sono effettuati con estrema disinvoltura; sullo sfondo troviamo una fredda ed insolitamente inospitale periferia romana popolata da bande di rumeni, prostitute , trans ed immigrati ben al di sotto della soglia di povertà.
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Sullo sfondo del Lungomare di Ostia e sui binari della Ferrovia Roma- Lido (la futura Liena E??) il disagio di un ragazzo musulmano e dei suoi amici di sangue tra emarginazione, povertà e malavita. Film pieno di stereotipi sul bullismo romano e sull'immigrazione, ma recitato in modo egregio. Ma parliamo un po’ della trama.
Nader , un sedicenne musulmano , residente con la sua famiglia ad Ostia è fidanzato con una ragazza romana e questo rapporto non viene accettato dalla famiglia di lui,che per ribellarsi decide di scappare di casa , vagando assieme al suo amico fraterno Stefano in cerca di un riparo migliore.
I due ragazzi , pur non essendo dei delinquenti professionisti, vivono di espedienti e se la rapina al mercato può essere un evento occasionale, la lite in discoteca o il furto alla prostituta sono effettuati con estrema disinvoltura; sullo sfondo troviamo una fredda ed insolitamente inospitale periferia romana popolata da bande di rumeni, prostitute , trans ed immigrati ben al di sotto della soglia di povertà.
Anche le frequentazioni più ortodosse , quelle non malavitose , sono di stampo corposamente periferico ; la classe scolastica conserva come tratto identificativo un linguaggio fortemente dialettale, e nella famiglia di Stefano e perfino in quella della fidanzatina Brigitte si ritrovano i valori del sottoproletariato: rispetto assoluto del pater familias, espressioni primitive, rapporti padre-figlio di natura marziale, gerarchie interne ben costituite.
Il protagonista pur indossando spesso le lenti azzurre, simbolo un po' forzato della ricerca di una identità differente non ha nessuna ambizione borghese e nessuna voglia di riscatto , ma solo il desiderio di non omologarsi al dettame della sua religione che non gli permette di frequentare la sua Brigitte.
Il film odora molto di documentario pasoliniano: saranno le immagini dell'idroscalo e del lungomare ostiense, la presenza di attori non professionisti , forse le sequenze in movimento o i riferimenti sessuali , ma Stefano e Nader , il cui rapporto fraterno ricorda vagamente quello di Marco e Ciro in Gomorra, non riescono ad essere inseriti in una vera storia. Pur essendo la recitazione molto comunicativa , il film manca di una sua struttura compatta e si ha la sensazione di un laboratorio, perdonatemi il termine, neo- neo realista , dove una cinepresa segue e pedina le vicende domestiche di famiglie nella realtà quotidiana. La grana della fotografia , più simile alla resa di una videocamera non professionale annulla l’effetto cinema e ci fa vedere alcune scene come se si trattasse un documentario postbellico, piuttosto che un lungometraggio da Festival.
Belli però alcuni momenti: mi sono piaciute le scene dirette nella scuola , dove la spontaneità degli studenti (studenti è veramente un eufemismo) e il freddo trasmesso da un litorale invernale mi hanno fatto entrare nel vivo della storia
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renato volpone
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lunedì 3 dicembre 2012
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alì ha gli occhi neri
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Claudio Giovannesi allontanandosi dal documentario perde di grinta e cade nei luoghi comuni. Molto bravo nel girare "Fratelli d'Italia", un film coraggioso che raccontava di tre ragazzi immigrati di "seconda generazione", con Alì si allontana dalla realtà e, costruendo la sceneggiatura, nella storia ci mette tutto, ma davvero tutto ciò che riguarda il mondo degli immigrati e il loro rapporto con la società. Così facendo non fa altro che sgranare un rosario che si alterna in verità e preconcetti, disegnando un mondo che è l'esatto contrario di quello raccontato nel documentario del 2009. Le premesse sono le stesse, ma qui è tutto finto e, se anche l'intenzione è buona, il desiderio che cresce nello spettatore "attento" è quello, dopo le prime scene, di lasciare la sala.
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Claudio Giovannesi allontanandosi dal documentario perde di grinta e cade nei luoghi comuni. Molto bravo nel girare "Fratelli d'Italia", un film coraggioso che raccontava di tre ragazzi immigrati di "seconda generazione", con Alì si allontana dalla realtà e, costruendo la sceneggiatura, nella storia ci mette tutto, ma davvero tutto ciò che riguarda il mondo degli immigrati e il loro rapporto con la società. Così facendo non fa altro che sgranare un rosario che si alterna in verità e preconcetti, disegnando un mondo che è l'esatto contrario di quello raccontato nel documentario del 2009. Le premesse sono le stesse, ma qui è tutto finto e, se anche l'intenzione è buona, il desiderio che cresce nello spettatore "attento" è quello, dopo le prime scene, di lasciare la sala. Certo per un neofita dell'argomento anche questa storia può andare bene, ma non fa altro che allontanare la persona comune da un mondo che non è fatto solo di disadattamento, violenza e delinquenza, ma anche di armonia, buona volontà e integrazione. La scena iniziale del "crocifisso" in aula ne è un esempio, mette in bocca al ragazzo parole non sue, così come la società in genere cerca di far ricadere il gioco dei simboli e delle religioni sulla semplicità e innocenza dei giovani. Quella sedia vuota alla fine del film, invece, non è quello che ci si aspetta da un mondo diverso e che può offrirci molto: vorremmo sederci noi a quella sedia, essere noi Alì, e in fondo lo siamo un po' tutti in questa società che ci cataloga solo per lo status, l'abbigliamento o la macchina, ma si dimentica che dentro ognuno di noi, a qualunque razza apparteniamo, c'è un 'anima e un cuore, elementi che in questo film non emergono se non come pennellata di facciata. L'impegno sociale nel cinema non deve essere di cassetta.
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alfo_ramos
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lunedì 26 novembre 2012
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pasolini??? ma da dove?!?
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Film decisamente scadente. Scontata la trama, poco incisive le scene, assolutamente non coinvolgente. Gli “occhi azzurri” del titolo sono assolutamente poco significativi nel contesto. Mezzo di occidentalizzazione per il protagonista sì, l’idea poteva essere anche carina ma così esposta poco chiara e poco incisiva. Bravino il protagonista.
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