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La fine del mondo? Tutta colpa del buco dell'ozono

Abel Ferrara presenta in concorso il suo 4:44 Last Day on Earth.
di Ilaria Ravarino

Il regista Abel Ferrara insieme al cast del suo film in occasione del photocall.
Abel Ferrara (72 anni) 19 luglio 1951, New York City (New York - USA) - Cancro. Regista del film 4:44 Last Day On Earth.

mercoledì 7 settembre 2011 - Incontri

Tutta colpa del buco nell'ozono. E stavolta, a dar retta ad Abel Ferrara, è proprio vero. In concorso con l'apocalittico 4:44 Last Day on Earth, proiettato ieri notte con oltre un'ora di ritardo e salutato da un misto di applausi e fischi, l'eccentrico regista ha partecipato stamattina a un animato incontro con la stampa. Accanto a lui gli attori Willem Dafoe e Shanine Leigh, ex di Ferrara, insieme a un nutrito gruppo di amici e collaboratori seduti in platea e salutati uno per uno dal regista, particolarmente bendisposto e piuttosto incline alla risata: «E poi... poi ci dovrebbero essere anche i miei finanziatori – ha aperto l'incontro indicando la platea - ci sono i miei finanziatori? Li vedete? Ok, evidentemente sono scappati». In concorso con un film sulla fine del mondo, e noto per il carattere indomito che più volte ha dato scandalo, in una mattina particolarmente serena il regista ha scongiurato il rischio più grande: diventare, suo malgrado, il Von Trier di Venezia.
«Quando sei un poeta sei sempre maledetto – ha detto di lui il produttore - la maledizione di Abel è il suo essere eccessivamente sensibile, e la sua fortuna è nella capacità di fare film così personali. È un vero autore, nel senso pieno della parola».

Questa non è la prima volta che l'Apocalisse si affaccia nei suoi film. Ma qui lei prende il tema di petto: com'è nata l'idea?
Ferrara: Adesso non vorrei ficcarmi in una battaglia legale con Al Gore, però ricordo che lui qualche anno fa pagò dei registi per lavorare a un film sul tema del riscaldamento globale. Ecco, quando un'idea diventa pubblica tende a diffondersi: direi che c'era nell'aria questa idea di possibile catastrofe, e io l'ho colta. Però la prima volta che ho pensato di fare questo film è stata due anni fa, quando durante un viaggio per venire al Festival di Venezia il mio aereo incontrò in volo delle turbolenze. Dal soffitto si staccarono le maschere per l'ossigeno, e io pensai che non volevo morire. E soprattutto non volevo sapere di dover morire.

Eppure nel suo film si respira una certa serenità nei confronti della fine del mondo...
Leigh: Il punto è che nel film tutti i personaggi sanno già che il mondo sta per finire. E alcuni di loro sono convinti che avere un forte credo spirituale possa essere d'aiuto.
Dafoe: Io tutta questa serenità non la vedo. La fine del mondo, semmai, in questo film non è che una scusa che permette ai personaggi di affrontare i quesiti più elementari sul loro passato, sui rapporti reciproci, sulle loro responsabilità. Tutto dipende da una scelta: quanto si vuole essere svegli nella vita? Perché lo sappiamo che la vita può essere molto dolorosa, e allora si può anche scegliere di non affrontarle, certe cose. Avevo la sensazione che il mio personaggio fosse come un tossicomane: voi vorreste essere svegli o sedati quando arriverà la fine?
Ferrara: Avrò risposto centinaia di volte a questa domanda. Non siamo partiti dall'idea di fare un film in cui c'è della gente che dice "Oddio, sta per finire il mondo". No. Ci siamo detti: ok, il mondo finirà. E allora? Allora abbiamo pensato che i nostri personaggi avrebbero immediatamente trovato la motivazione giusta per affrontare i loro problemi. Due cose sono sicure nella vita: le tasse e la morte. Il fisco si occupa delle tasse, ma della morte non si sa chi se ne debba occupare. Sappiamo che dobbiamo morire, e intanto viviamo cercando di mettere da parte quell'idea. Non mi pare una prospettiva poi così serena.

Perché si è immaginato la fine del mondo sotto forma di una nube verde?
Ferrara: Ottima domanda. Abbiamo consultato degli esperti e parlato con loro del problema dell'ozono. Non è un effetto al computer, l'aurora boreale è stata filmata per davvero.

Il film è autobiografico?
Ferrara: Me lo chiedono spesso, se i miei film sono autobiografici. Ma insomma, il film è definito dalla luce e dalla recitazione, dai personaggi e dalla musica. Io sono la mia musica? Quel che vedete è il risultato del lavoro comune di una troupe.

Che rapporto ha con la multimedialità?
Ferrara: Credo sia qualcosa che appartiene ai ragazzi di oggi. Hanno il telefonino, internet, Google Earth, non sanno se stanno guardando la tv o fuori dalla finestra. È così che ormai funziona il mondo: ovunque si vada, si è ripresi.... abbiamo persino la webcam sul computer. I ragazzi sono nati in questo mondo, e la multimedialità gli appartiene completamente. Basta guardare come volano le loro mani sulle tastiere dei cellulari.

Lei si ritiene un poeta maledetto?
Ferrara: Maledetto da chi? Avrei potuto fare film per un altro tipo di pubblico, volendo. Ma i miei film parlano di persone, qualunque sia il genere che ho scelto, parlano dell'incubo o della gioia o della bellezza del vivere. Parlano di individui in situazioni in cui finiscono per ritrovare se stessi o gli altri.

Considera Dafoe il suo alter ego?
Ferrara: (ride)
Dafoe: Io so soltanto che nel copione Abel era ovunque, in ogni riga del testo: era un film molto personale. E lui, che è il regista, ha chiesto a me di raccontare questa storia in quanto attore. Sono solo un agente della sua creatività, io costruisco mondi per lui. Che ne dici Abel, va bene così?
Ferrara: Bravo, ti ho scelto proprio perché parli così bene. Non ho detto a Dafoe di interpretare me, gli ho detto di recitare il suo personaggio. E lui è stato in grado di farlo.

Se la Terra scomparirà sarà per colpa dell'umanità? Di Dio? Degli alieni?
Ferrara: Il film tratta proprio di questo, dell'uomo che distrugge la Terra e se stesso. Di un'umanità che non riesce a capire come ridurre il suo impatto sul mondo, e finisce per ucciderlo. La colpa è tutta nostra, non è un atto di Dio, non è un incidente. È una cruda realtà, che i miei personaggi devono accettare.

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